Cultura
Di fronte alla complessità dei nostri tempi, questo percorso vuole dare ragione della fede, che sa comunicarsi, in un confronto con i saperi, con la storia, con le culture e le religioni, dentro il cammino dell’umanità, per aprirsi alle provocazioni che vengono dal presente e proiettarsi verso un futuro da costruire insieme. Le voci del decano, padre Pino Luccio, e della coordinatrice del biennio, Giuseppina De Simone
“Offrire una formazione teologica che abiliti alla comprensione e all’annuncio della fede cristiana in dialogo con le culture, i popoli le religioni. In questo modo vogliamo rendere un servizio alle Chiese locali per preparare preti e laici competenti nel campo del dialogo interreligioso e nella mediazione culturale della tradizione cristiana”. Così padre Pino Luccio, decano della sezione San Luigi della Pontificia Facoltà teologica dell’Italia meridionale, spiega l’obiettivo del biennio di Teologia fondamentale, indirizzo “Teologia dell’esperienza religiosa nel contesto del Mediterraneo”, che partirà dall’anno accademico 2017-2018. Una scelta innovativa elaborata “alla luce del pontificato di Papa Francesco”:
“Sono le parole del Papa che ci spingono in questa direzione nel contesto del Mediterraneo multireligioso e multiculturale ma anche secolarizzato.
E Napoli, città dell’incontro – evidenzia padre Luccio -, è un luogo che favorisce il dialogo: più di altre città del Mediterraneo, ha la capacità di accogliere quasi naturalmente persone che vengono da altre culture. Qui ognuno trova il suo spazio di espressione”. A Giuseppina De Simone, coordinatrice del biennio di Teologia fondamentale, abbiamo chiesto di illustrarci il progetto.
Come nasce l’idea di una Teologia del Mediterraneo?
I flussi migratori e la riflessione sulla capacità dell’Europa di accoglienza ci ha invogliati a promuovere un itinerario strutturato di teologia che assumerà come orizzonte specifico il contesto del Mediterraneo. La licenza di Teologia fondamentale che ospiterà questo percorso di Teologia del Mediterraneo vuole dare ragione della fede, che sa comunicarsi, in dialogo con i saperi, con la storia, con le culture e le religioni, dentro il cammino dell’umanità. Per noi fare Teologia fondamentale in questo tempo particolare, nella Chiesa di Papa Francesco, significa aprirsi alle provocazioni che vengono dal presente che è così contraddittorio e che ha nel Mediterraneo una sua cifra particolare. La drammatica situazione di un Mediterraneo, che diventa, da culla di civiltà e di religioni, la tomba di una moltitudine di disperati, si traduce in un appello forte a ritrovare il senso profondo dell’umano. La Chiesa spesso è l’unica voce che si spende per una cultura che sappia aprirsi all’incontro di chi viene da lontano e cerca possibilità di vita e di speranza. Oggi, perciò, siamo sollecitati a dare ragione della fede non arroccandoci, non difendendoci, ma mettendoci in cammino, imparando a stare dentro alla complessità del presente, ma in cui la fede può offrire una chiave di lettura. Non vuol dire trovare soluzioni facili, ma cogliere anche una direzione di senso rispetto alla quale assumerci le nostre responsabilità: possiamo andare verso la guerra di civiltà e di religione oppure verso la costruzione di una fraternità umana, nuova, possibile. Si tratta di capire da che parte vogliamo stare.
Avviare una Teologia del Mediterraneo a Napoli non è una scelta casuale…
Napoli è particolarmente adatta ad accogliere questa proposta per la sua collocazione geografica e per la sua storia: è stata e continua a essere una grande capitale del Mediterraneo e lo è proprio per quella umanità che la caratterizza e per la fede che ne ha segnato la storia. Noi riserveremo anche una sezione particolare allo studio della religiosità popolare, non soltanto da un punto di vista antropologico-culturale, ma anche teologico e pastorale perché crediamo che il vissuto della nostra gente sia intriso di questa particolarità del Mediterraneo che è luogo di incontri, scontri, contaminazioni tra culture diverse e mare di mezzo. Tutto questo è nella fede della nostra gente e nella tradizione di vita ecclesiale, oltre che sociale e culturale, che bisogna imparare a leggere e recuperare. Anche il linguaggio dell’arte sarà fondamentale nel nostro percorso. La storia della nostra terra è scritta su pietra;
nei nostri paesi la fede ha avuto un ruolo importante e può continuare ad averlo, imparando a leggere il presente per proiettarsi verso un futuro da costruire.
Come sarà strutturato l’indirizzo in Teologia del Mediterraneo?
Nel biennio avremo alcuni corsi che ci aiuteranno a capire il contesto nel quale siamo: uno sarà, ad esempio, sui flussi migratori di ieri e di oggi: problema o risorsa? Ci saranno corsi che faranno entrare nella variegata realtà delle religioni del Mediterraneo, che riguarderanno l’islam, elementi di lingua araba, Sacra Scrittura al tempo di Gesù, la religiosità popolare, la pedagogia del dialogo, la pastorale dell’ecumenismo, le religioni come forza di pace o principio di violenza, la Chiesa e le altre religioni: quale dialogo? Si tratta di un percorso che, da un lato, mira a leggere il contesto, offrendo piste di interpretazione a livello teologico, filosofico, pastorale, e, dall’altro, propone prospettive di impegno per tracciare vie percorribili a partire dalla fede, ma con un coinvolgimento più ampio perché vogliamo costruire una teologia in dialogo, che tesse sinergie.
Quale sarà l’impostazione della licenza?
Seguiremo un metodo laboratoriale. I programmi dei corsi sono stati pensati insieme da più docenti, che poi condurranno insieme gli stessi corsi. Anche gli studenti non saranno fruitori passivi. Abbiamo cercato di coinvolgere pure i vescovi, perché
vorremmo che quest’esperienza contribuisca a generare un senso di responsabilità e progettualità condivisa.
Nel biennio, che ha un approccio multidisciplinare, avremo, infine, docenti che vengono da facoltà statali ed esperti a livello internazionale, ad esempio professori che vengono dall’Università ebraica di Gerusalemme: il corso sull’islam sarà tenuto da Meir Bar-Asher, tra i massimi esperti del Corano a livello internazionale.