Terrorismo

Spirale perversa

Il futuro non può che essere quello del dialogo, dell’accoglienza, della conoscenza reciproca e della collaborazione, se non vogliamo condannarci ad una guerra permanente che dilanierà le nostre terre

Quando abbiamo sentito dell’attentato vicino alla moschea di Londra da parte di un 48enne inglese, penso che tutti abbiamo capito la tragica “novità”. La spirale della vendetta, ormai ufficializzata con un gesto parimenti insano, oltre che teorizzata, rischia di peggiorare la situazione innescando un meccanismo che non può che portare al peggio. Lo sanno tutti, a cominciare dalle autorità inglesi, politiche e religiose di ogni fede, che hanno condannato subito, senza esitazione, l’aggressione ai fedeli musulmani riuniti per il Ramadan. Purtroppo non sono mancati – specie nei social, anche in Italia – quanti hanno invece esaltato il gesto di Darren Osborne come l’inizio della rivalsa sostenendo che, dopo gli attentati jihadisti in successione degli ultimi giorni, “i musulmani se la sona andata a cercare”.

Una logica triste e assurda che non può portare a nulla di buono, poiché è fin troppo evidente – come insegnano le esperienze quotidiane nelle piccole o nelle grandi vicende – che la vendetta provoca altra vendetta. Quel gesto – anche se da tempo emergono in occidente gli estremismi antimusulmani – rischia di diventare il tragico incipit di una nuova era di violenza e di odio nella quale tutti sono contro tutti. Occorre dunque lavorare con maggiore determinazione per arginare questa deriva. Esemplare, in tal senso, è l’atteggiamento del sindaco di Londra Sadiq Khan, che non smette di promuovere i valori del pluralismo e della pacifica convivenza: lui che riesce perfettamente a conciliare la sua fede musulmana con l’orientamento politico laburista e con una cultura di chiaro stampo europeo. Il futuro non può che essere quello del dialogo, dell’accoglienza, della conoscenza reciproca e della collaborazione, se non vogliamo condannarci ad una guerra permanente che dilanierà le nostre terre.

In Italia possiamo dirci fortunati – grazie al cielo e all’ottimo sistema di prevenzione e di sicurezza -, anche se non mancano i pericoli (peraltro emersi a inizio giugno dalla superficialità e dall’imprudenza mescolate, in piazza San Carlo a Torino, alla persistente psicosi di attentati). Ma bisogna comunque correre ai ripari, innanzitutto con una vigilanza diffusa, di cui tutti dobbiamo ritenerci responsabili, contro ogni estremismo e ogni radicalismo. E poi educandoci al rispetto di tutti promuovendo una società “inclusiva” e non certo esclusiva. Diversamente, faremmo proprio il gioco dei terroristi il cui scopo è accentuare le divisioni e scatenare reazioni che giustifichino altre reazioni. È quanto viene dicendoci e insegnandoci da tempo papa Francesco, il più deciso paladino della fratellanza e convivenza fra popoli, culture e religioni. Anche la questione della cittadinanza (con la contesa in corso sullo “ius soli”) va guardata in quest’ottica positiva e costruttiva.

Il rispetto delle regole, certo, va esigito; così come ai diritti devono corrispondere sempre i doveri. Ma dobbiamo renderci conto che non saranno l’esclusione e la discriminazione a salvarci. Quello che sta sperimentando l’Inghilterra (alla quale non gioverà più di tanto la Brexit…) è un monito per tutta l’Europa, Italia compresa.

(*) direttore “Nuova Scintilla” (Chioggia)