Chiesa in uscita
I diaconi ordinati in Italia sono più di 4.400. Ne traccia un ritratto il presidente della Comunità del diaconato, alla vigilia del convegno nazionale, in programma a Cefalù, dal 2 al 5 agosto, sul tema: “Diaconi educati all’accoglienza e al servizio dei malati”
Primi in Europa, secondi al mondo dopo gli Usa. Enzo Petrolino, presidente della Comunità del diaconato in Italia, traccia un identikit dei diaconi: “Uomini della soglia tra la strada e il tempio”, i diaconi ordinati, in crescita non solo nel nostro Paese ma nel mondo – dove fanno registrare la cifra record di 45mila – sono chiamati a raccogliere la sfida della formazione. L’età media attuale è di 60 anni, il tetto di ingresso per accedere a tale grado del sacramento dell’ordine è di 35 anni. La proposta di Petrolino è avviare scuole di formazione “ad hoc”, da affiancare agli Istituti superiori di scienze religiose e alle Facoltà di teologia. Intanto, l’appuntamento è a Cefalù, dove dal 2 al 5 agosto si svolgerà il convegno sul tema “Diaconi educati all’accoglienza e al servizio dei malati”, promosso dalla Comunità del diaconato, dall’Ufficio Cei per la pastorale della salute e dalla diocesi di Cefalù.
Qual è lo stato attuale del diaconato in Italia?
I diaconi ordinati in Italia sono più di 4.400: siamo i secondi al mondo dopo gli Usa. La presenza dei diaconi è in aumento non solo in Italia, ma anche nel mondo, dove in totale sono 45mila. Sta crescendo, in particolare, la forma uxorata, infatti il 90% dei diaconi italiani sono sposati. Senza il consenso della moglie non si può diventare diaconi: è determinante il consenso della sposa. Per questo nei nostri convegni e sul nostro sito abbiamo appositi spazi dedicati a loro, per valorizzarne la presenza.
Oggi la quasi totalità delle diocesi italiane ha introdotto il diaconato permanente.
Solo a Napoli, ci sono 300 diaconi e la loro presenza è diffusa soprattutto al Sud e al Centro, un po’ meno al Nord.
“Accoglienza” è la parola chiave del convegno di Cefalù. Perché questa scelta?
Il punto di partenza è la constatazione che il ministero diaconale in Italia si sta realizzando secondo le linee tracciate negli ultimi anni dalla riflessione teologica e dall’esperienza pastorale. Al primo posto ci sono i bisogni delle comunità ecclesiali, che portano i diaconi a svolgere il loro servizio attraverso iniziative di promozione umana – anche, dove è necessario, con sostegni economici – e a realizzare obiettivi di solidarietà sociale rivolti a persone svantaggiate per condizioni fisiche e familiari, proprio nelle periferie non solo geografiche, ma soprattutto esistenziali del nostro Paese che, come il Papa più volte ha ripetuto, sono particolarmente oggi ambito prioritario di attenzione umana e di premura ecclesiale.
Papa Francesco vuole una Chiesa povera per i poveri, cioè diaconale, e molti diaconi oggi sono impegnati principalmente nel servizio ai poveri e agli emarginati.
Del resto, già in un testo del terzo secolo il compito dei diaconi veniva identificato nell’“accogliere gli stranieri sulle rive e seppellire i morti”. I diaconi entravano e uscivano dalle case della gente, e anche oggi la gente ha bisogno di vedere che i diaconi stanno sulle frontiere.
I diaconi sono uomini della soglia tra la strada e il tempio. Indossare gli abiti liturgici nelle celebrazioni è importante, ma il compito del diacono non si esaurisce lì: il ruolo del diacono nell’Eucaristia è portare i poveri all’altare.
La sfida da raccogliere è allora quella della formazione…
Il modo in cui è impostata attualmente la formazione impedisce ad alcune categorie di persone di accedere al diaconato: l’età media dei diaconi in Italia è a di 60 anni. In molti casi, il diaconato è un pensionato mentre per svolgere al meglio il proprio servizio sarebbe più opportuno mantenere un contatto diretto con la società, nello svolgimento del proprio lavoro. Ora i due canali formativi per i candidati al diaconato permanente sono gli Istituti superiori di scienze religiose o le Facoltà teologiche. Ci vorrebbe più elasticità, magari con l’istituzione di scuole di formazione “ad hoc”, che c’erano in passato – a Napoli e a Torino – e sono state chiuse.
Quali iniziative partiranno dal vostro convegno?
A Cefalù parleremo di accoglienza a partire degli immigrati. Oltre al cardinale Montenegro, la cui relazione aprirà l’ultimo giorno dei lavori, sarà presente fin dal primo giorno il parroco di Lampedusa.
Le offerte che verranno raccolte durante il convegno verranno devolute alla Società Biblica Italiana, per acquistare bibbie in inglese e francese in edizione interconfessionale da distribuire ai migranti cristiani che quotidianamente transitano dal porto di Lampedusa.
A novembre, inoltre, è in programma la prima Giornata mondiale dei poveri istituita dal Papa a conclusione del Giubileo. Coinvolgeremo i diaconi nelle diocesi, affinché invitino i poveri a partecipare all’Eucaristia rendendosi protagonisti della celebrazione, in momenti liturgici come la proclamazione delle letture o la processione offertoriale.