Editoriale

Migranti: c’è bisogno di politica, con la maiuscola

Siamo ad un passaggio delicato del nostro sistema democratico, italiano ed europeo, e per questo dobbiamo tutti esigere la maiuscola e operare perché si costruisca consenso a questo fine. In fin dei conti l’ispirazione cristiana della democrazia ha sempre avuto proprio questo obiettivo, partire ed arrivare alla persona, promuovendo il popolo ed elevandone le condizioni economiche, culturali e morali

Al di là della cortina di propagande, di slogan, di retoriche e di quotidiani conflitti, che lo caratterizza, il dossier migranti ha bisogno prima di tutto di una cosa, di politica. Quella con la maiuscola, come ama dire Papa Francesco. Cui però bisogna dare gambe, braccia, concrete prospettive.

L’iniziale maiuscola significa centralità della persona, dunque umanità, e nello stesso tempo operatività, ovvero chiarezza di principi, coniugata con realismo e concretezza. Una sintesi difficile da trovare, certo. Ma sui grandi temi, come appunto le migrazioni, proprio di questo c’è bisogno: arrivare ad una sintesi attraverso la responsabile partecipazione di tutti gli attori.

Le migrazioni non sono una calamità naturale, come gli uragani o i terremoti. La tratta degli esseri umani, che le accompagna, è un grande business planetario. Non può essere affrontato solo con il criterio dell’emergenza. La riprova l’abbiamo quotidianamente: se l’opinione pubblica averte che non c’è disegno, che semplicemente il problema viene scaricato sui livelli inferiori, scattano la paura e il rifiuto, come se quel minimo di welfare pro rifugiati e migranti sottraesse risorse a cittadini impoveriti: una classica guerra tra poveri. Aggravata dal fatto che, anche sotto la spinta delle emergenze, si rischia di smarrire il punto iniziale e finale, cioè il rispetto della legalità, base della cittadinanza democratica, fatta di diritti, ma anche e prima di tutto di doveri. Per tutti.

La politica con la maiuscola impone di non scindere mai i principi dall’azione.

Se si perde questo nesso i primi diventano vuota retorica e la seconda perde la bussola e, dunque, l’efficacia, si frammenta in una miriade di processi. Si moltiplicano i conflitti e le speculazioni di chi sul conflitto intravvede la possibilità di accrescere consensi.

Il rischio molto concreto è un quadro di violenza endemico, dunque tollerabile dal punto di vista sistemico, ma tale da avvelenare la vita quotidiana in particolare dei più deboli. Lo ha detto con chiarezza il cardinale Parolin, a commento dei fatti di piazza Indipendenza a Roma: la violenza e l’illegalità, che ne è corollario e brodo di cultura, è inaccettabile da qualunque parte provenga. E non è stata minore la violenza ideologica a Pistoia, nei confronti di un parroco con la schiena dritta.

Come sempre, infatti, in un gioco di conflitti in fin dei conti a somma zero, che non cambia il quadro di fondo, chi paga, chi soffre, chi ci rimette, sono i più poveri e i più deboli, qualunque sia il colore della loro pelle, la loro religione, il loro stato sociale.

Per questo siamo ad un passaggio delicato del nostro sistema democratico, italiano ed europeo, e per questo dobbiamo tutti esigere la maiuscola e operare perché si costruisca consenso a questo fine. In fin dei conti l’ispirazione cristiana della democrazia ha sempre avuto proprio questo obiettivo,

partire ed arrivare alla persona, promuovendo il popolo ed elevandone le condizioni economiche, culturali e morali.

Un obiettivo che è ora di rilanciare e di traguardare in avanti.