Texas
Mons. Michael Mulvey, vescovo di Corpus Christi, la prima diocesi texana investita dai venti di Harvey, ha trascorso questi tre giorni visitando la sua diocesi e alcune delle parrocchie più danneggiate dall’uragano. “Ho trovato una grandissima fede in tutti ed erano davvero felici di vedermi lì con loro in questo momento difficile – ci ha raccontato al telefono -. I soccorsi sono stati immediati, il centro ricreativo è diventato rifugio per gli sfollati, ma c’è tanto lavoro da fare e ci vorranno anni per ricostruire. Si sono perse le case, è crollata la scuola e riportare tutto come prima richiederà tempo e generosità”
(da New York) Le immagini dell’acqua che travolge abitazioni e auto e che sommerge strade, stazioni ferroviarie, campi continuano a scorrere ininterrottamente sugli schermi di tutte le reti statunitensi. L’uragano Harvey, anche se con potenza ridotta, persiste nella sua furia distruttiva, ma non frena l’onda di solidarietà che ha saputo suscitare in tutto il Paese. Houston e il sud del Texas sono stati invasi da centinaia di volontari che con canoe e barche personali stanno prestando soccorso a chi è rimasto intrappolato dalle piogge. Si moltiplicano, ora dopo ora, le persone che aprono case e negozi, risparmiati dal flagello, per ospitare chi ha dovuto lasciare tutto e ha di fatto perso tutto.
Alcune parrocchie sono diventate luoghi di smistamento di vestiario e cibo, ma anche riparo per chi magari ha visto la sua casa risucchiata dall’acqua ed ha camminato sotto la pioggia per centinaia di metri prima di ritrovarsi all’asciutto.
“Quando sono arrivata nella nostra chiesa – racconta Chiara, del Movimento dei Focolari – i telefoni squillavano senza sosta per offerte e richieste di aiuto e di informazioni. Ha chiamato anche una squadra di rugby e un club per offrire disponibilità. I giovani universitari sono la maggioranza dei volontari e si lavora senza sosta per raccogliere letti e alimenti”. Francis è arrivato in macchina e si è offerto di recuperare le persone intrappolate o in necessità e alla fine se lo ritrovano anche per il turno di notte nel centro di accoglienza. A Houston ne sono stati allestiti diversi tra cui uno per 9mila persone. È commovente vedere che nessuno passa da quelle parti a mani vuote.
Un grande magazzino ha fornito gratuitamente i kit per la pulizia e per le emergenze. Tra gli sfollati ci sono tanti bambini a cui altri coetanei offrono i giocattoli che hanno ammucchiato dentro i sacchetti e trascinato fino al centro di raccolta. Jason ha preso la sua canoa e ha soccorso una signora vedova che ha visto il suo appartamento riempirsi d’acqua ed è fuggita solo con un cambio di vestiti in un sacchetto di plastica: tutto quello che le è rimasto. Le ha salvato la vita, Jason, ma poi l’ha anche invitata a pranzare con la sua famiglia prima di accompagnarla ad uno dei centri. Marga è infermiera e oggi dopo 15 ore di lavoro ininterrotto ha potuto mangiare qualcosa.
“La solidarietà fra tutti – racconta – commuove. C’è chi ha atteso anche 8 ore prima di essere visitato, ma non c’erano segni di impazienza, anzi si cercava di mantenere serena l’atmosfera anche nella sala d’attesa dell’ospedale”.
Il vescovo di Corpus Christi, la prima diocesi texana investita dai venti di Harvey, ha trascorso questi tre giorni visitando la sua diocesi e alcune delle parrocchie più danneggiate dall’uragano. “Ho trovato una grandissima fede in tutti ed erano davvero felici di vedermi lì con loro in questo momento difficile – ci ha raccontato al telefono monsignor Michael Mulvey -. I soccorsi sono stati immediati, il centro ricreativo è diventato rifugio per gli sfollati, ma c’è tanto lavoro da fare e ci vorranno anni per ricostruire. Si sono perse le case, è crollata la scuola e riportare tutto come prima richiederà tempo e generosità. Le suore di Schoenstatt hanno il tetto del santuario distrutto e anche una parte del loro istituto”. Nella voce del vescovo si coglie un misto di preoccupazione e fiducia: la sua diocesi è povera e i danni sono seri, ma lui continua a ripetere che la diocesi di Galveston-Houston sta soffrendo molto di più. Uno dei suoi parrocchiani è morto: “Era in sedia a rotelle e aveva acceso le candele perché non c’era elettricità, ma poi non si sa come la casa ha preso fuoco e lui non è riuscito a scappare”. La voce si incrina. Nei giorni scorsi, aveva inviato un video ai suoi fedeli in cui dichiarava che sarebbe rimasto con loro fino alla fine.
“Questo per me significa essere pastore, stare nelle periferie e vivere con chi soffre. Non potevo andar via. Una signora non cattolica mi ha avvicinato raccontandomi che la piccola comunità prima dell’uragano era divisa da questioni sciocche, ma la furia di Harvey ha reso tutti solidali e ha costruito una nuova relazione fra tutti”.
Monsignor Mulvey venerdì 2 settembre riunirà i sacerdoti, i diaconi e lo staff pastorale per coordinare gli aiuti e le donazioni “perché vogliamo affrontare questa situazione insieme, come Chiesa unita”. Domenica riprenderanno le messe anche se in alcune parrocchie mancano le finestre, l’elettricità è instabile e molti dei parrocchiani sono sfollati. “Ma noi vogliamo ricominciare con nuova fede”, ripete il vescovo.
Per donazioni e offerte i vescovi statunitensi hanno attivato un sito web: https://catholiccharitiesusa.org/