Spiritualità
Nobili e popolo a celebrazione per Maria Cristina di Savoia
Una “Reginella santa” che mette d’accordo notabili e persone semplici. Sabato 25 gennaio alla beatificazione di Maria Cristina di Savoia, sposa di Ferdinando II di Borbone, morta a 23 anni il 31 gennaio 1836 dopo aver dato alla luce il figlio Francesco tanto desiderato dopo 3 anni di matrimonio, a gremire la basilica di Santa Chiara a Napoli c’erano duemila persone, tra nobili, come i discendenti dei Borbone e dei Savoia, uniti, per una volta, dall’amore e dalla devozione per la nuova beata, ma anche tanta gente del popolo. Il rito di beatificazione è stato presieduto dal cardinal Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi e rappresentante del Papa; la celebrazione eucaristica è stata presieduta, invece, dal cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli; hanno concelebrato, oltre al cardinale Amato, il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente emerito del Pontificio Consiglio per la giustizia e la pace; monsignor Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari dove la nuova beata nacque nel 1812; monsignor Fabio Bernardo D’Onorio, arcivescovo di Gaeta; monsignor Mario Milano, emerito di Aversa; monsignor Armando Dini, emerito di Campobasso-Bojano; padre dom Beda (Umberto) Paluzzi, abate ordinario di Montevergine; fr. Giovangiuseppe Califano, postulatore della causa di beatificazione, che ha letto una biografia di Maria Cristina; padre Agostino Esposito, ministro provinciale dei Frati minori di Napoli, e più di sessanta sacerdoti. La festa liturgica per la nuova beata, le cui spoglie mortali sono custodite proprio nella basilica di Santa Chiara, è stata fissata il 31 gennaio.Dono prezioso. Maria Cristina di Savoia “è dono prezioso per la Chiesa di Napoli e per la Chiesa universale. La sua vita e le sue opere di carità rimangono per tutti un tesoro da custodire e da imitare anche oggi”, ha osservato nell’omelia il cardinale Crescenzio Sepe, che indossava una casula confezionata, per l’occasione, dalle seterie di San Leucio. Opera rilanciata proprio dal “coraggioso impegno” della nuova beata. “Ella – ha aggiunto – fu una straordinaria donna di carità con una predilezione speciale per i poveri, i malati, le donne in difficoltà; carità autentica e incarnata nella realtà del suo tempo, carità vissuta come promozione umana e cristiana del suo popolo”. Maria Cristina è stata “la regina dei poveri perché ha posto l’amore evangelico alla base del suo stile di vita semplice e sobrio, del suo impegno per il perdono e la pace in famiglia e nella società; per il sostegno alla gioventù esposta, anche allora, a pericoli di ogni genere; per la difesa dei diritti inalienabili della persona umana, consapevole che nulla è estraneo a Cristo e al suo Vangelo di quanto è veramente umano”. Il cardinale Sepe ha ricordato anche che la regina “fu consigliera del suo sposo, adoperandosi per la difesa e la promozione del popolo a lui affidato” e che “Ferdinando II, nella sua azione di governo, fece suoi i desideri di bene della sua sposa che lo consigliava alla moderazione e alla clemenza, come nel caso della commutazione delle condanne a morte alla pena del carcere anche per cospiratori e nemici”.Quadruplice messaggio. “La beata Maria Cristina è stata talmente conquistata dall’amore di Gesù da trasformare la nobiltà del censo in nobiltà di grazia, diventando un’autentica regina della carità”, ha affermato il cardinale Angelo Amato, alla fine della messa. Per il porporato, la beata ci consegna oggi un quadruplice messaggio. Innanzitutto, “ricorda a tutti i battezzati che tutti siamo chiamati alla santità”. Il secondo messaggio consiste “nel riconoscere che la vera ricchezza e nobiltà è il nostro essere cristiani, figli del Padre celeste, salvati da Gesù Cristo”. In terzo luogo, “i santi come Maria Cristina risvegliano il mondo facendolo uscire dal torpore della mediocrità e del male per aprirlo al dinamismo del bene”. Infatti, “i santi bonificano la nostra vita sociale dall’inquinamento dei vizi, restituendo valore alla virtù e dignità alla vita”. Infine, ha concluso il cardinale Amato, “la nostra beata, giovane mamma, morta nel dare alla luce il suo bambino tanto atteso, ci ricorda che la nostra esistenza, breve o lunga che sia, avrà il suo approdo nella vita eterna”. a cura di Gigliola Alfaro