Ottobre missionario
Padre Umberto Mauro Marsich è missionario in Messico da 42 anni. Da dieci vive nella capitale, Città del Messico. Padre Umberto riceve via Internet ogni mercoledì il “Corriere Cesenate”, settimanale della diocesi di Cesena-Sarsina, in formato elettronico. Un modo concreto per rimanere legato alla sua terra nonostante la distanza. In questa lettera, indirizzata al direttore del “Corriere Cesenate”, Francesco Zanotti, fa un quadro della situazione del Paese, soprattutto dopo il recente terremoto.
Il mese di ottobre è tradizionalmente dedicato ai missionari. Uomini e donne che, seguendo vari carismi, hanno “lasciato tutto” per andare nelle periferie del mondo ad aiutare i più poveri, i più soli, i più fragili. In queste settimane il Sir racconterà la loro vita quotidiana fatta di difficoltà, gioie, esperienze, spiritualità, attraverso le voci dei protagonisti raccolte dai settimanali diocesani di tutta Italia. Uno sguardo che dai territori si alza oltreconfine e ritorna qui, a incontrare tutti i nostri lettori.
Carissimo Francesco,
provo a rispondere alle tue domande. Il Messico è una nazione che, nella sua storia, ha vissuto molte tragedie: guerre, rivoluzioni, persecuzioni, malattie, inondazioni e terremoti, per cui ha risorse di resistenza, pazienza e rassegnazione straordinarie. Nelle calamità, poi, i messicani si stringono gli uni agli altri in catene di solidarietà profonde. Queste realtà aiutano, naturalmente, a non essere catastrofisti e a riprendere la vita senza tanti rimpianti. Quello messicano è un popolo tenace, che non perde l’ottimismo e la forza di rimettersi in piedi. È questa la risorsa a cui anche le autorità politiche ricorrono per invitare i messicani ad andare avanti e alzarsi. È senz’altro incoraggiante il clima che, dopo il terremoto, si è creato fra gli abitanti della Città del Messico e degli stati devastati per il terremoto. Il numero dei morti, per fortuna, non è stato quello del terremoto di 32 anni fa, anche se ci sono stati edifici interi che sono crollati, case danneggiate, campanili e chiese distrutte.
A differenza degli aiuti dei cittadini, i finanziamenti dei governi, statale e regionale, sono assai lenti. I governi, anche qua, promettono molto, ma realizzano poco.
Siamo a pochi mesi dalle elezioni politiche, del prossimo mese di luglio, e i partiti interverranno con aiuti politicizzati, cioè finalizzati a propagandare i loro rappresentanti e candidati. Il ritardo è dovuto anche a questa strategia di partito: stanno a vedere cosa promettono gli altri… e nessuno si muove. Mentre la gente fatica a superare il dramma di aver perduto quasi tutto: casa, chiesa, lavoro, familiari e amici. Se il numero dei morti non ha raggiunto quello del terremoto disastroso del 1985, lo dobbiamo ai criteri antisismici obbligatori che sono stati adottati con saggezza, e alla solidarietà immediata delle comunità cristiane.
La Chiesa messicana, a dire il vero, è intervenuta immediatamente, dopo il sisma, a livello nazionale. La Caritas nazionale ha diretto le operazioni e la solidarietà dei cristiani messicani è stata straordinaria e, a dire il vero, non si è ancora interrotta. Anche la distribuzione di viveri di prima necessità è stata ben organizzata e immediata e molte chiese non danneggiate si sono convertite in spazi di accoglienza per i senza tetto. In queste occasioni, dobbiamo riconoscere che le chiese non si risparmiano per aiutare tutti e il loro ruolo è di aiuto concreto e di assistenza spirituale non indifferente. Le chiese, poi, sono sempre affollate perché i fedeli cercano una parola di incoraggiamento e di conforto. E noi sacerdoti siamo in prima linea e vicini al dolore di tutti, con parole di speranza e aiuto materiale.
La grande economia del Messico viene defintita dagli economisti e dai politici di turno come molto solida, grazie agli ingressi esorbitanti del petrolio, del turismo e della industria. Infatti, a parole, sembra che ci saranno finanziamenti agevolati per la ricostruzione e sussidi per le famiglie povere. Di fatto: non perdiamo la speranza che finalmente si inizi la ricostruzione promessa e arrivino gli aiuti. Come sempre, purtroppo, non mancano gli sciacalli opportunisti che ne approffittano del momento per alzare, senza ragione, i prezzi del materiale da costruzione.
Il Messico è una nazione che sicuramente riuscirà a sanare tutte le ferite. Così è stato in occasione del terremoto del 1985 e lo sarà anche in questo. La speranza, anche per i messicani, è sempre l’ultima a desistere. Pensando al futuro, credo che anche questa tragedia avrà i suoi risvolti positivi. Principalmente, nell’esigere con più severità l’applicazione dei criteri di costruzione e nel promuovere maggiore organizzazione della prevenzione cittadina.
Infine, la Chiesa e le diverse comunità cristiane, che mai si sono assentate nella tragedia, si faranno sentire ancora, con la preghiera, la parola e l’azione: per ringraziare i fedeli di quanto hanno fatto in favore delle persone in difficoltà; per riconoscere pubblicamente gli interventi della società civile e dei soccorritori che si sono prodigati meravigliosamente; per denunciare un certo colpevole assenteismo della classe politica; per motivare una sempre maggiore partecipazione spirituale e per sostenere la speranza che, nella disgrazia, mai mancherà la solidarietà fra tutti, cittadini e cristiani.
(*) “Corriere Cesenate” (Cesena-Sarsina)