Ambiente

Boschi in fiamme, laghi a secco

Due “piaghe” devastanti per le terre cuneesi, con problemi gravi, disagi e paura nelle vallate colpite. In quattro mesi sulle Marittime sono caduti solo circa 20 centimetri di pioggia, 334 da inizio anno. 400 ettari di boschi andati in fumo, stop alla caccia per un mese e l’aria sempre più irrespirabile

La siccità prosciuga laghi e sorgenti, le fiamme devastano le valli, un patrimonio di biodiversità vegetale e animale. Caldo, vento, incuria, abbandono, atti dolosi, ne sono causa. Forestali, Vigili del fuoco, Protezione civile, volontari, hanno ingaggiato battaglia contro il fuoco che ha divorato centinaia di ettari di boschi, lambito borgate e abitati.

Da secoli i cristiani pregano per chiedere protezione dalle calamità. A fulgure et tempestate; a peste, fame et bello; a flagello terrae motus, libera nos Domine! si implorava nelle “rogazioni” primaverili in processione fra i coltivi fino a piloni o cappelle campestri. Ut fructus terrae dare, et conservare digneris, Te rogamus audi nos! si supplicava. Preghiera non episodica, perché stava dentro un patto di reciprocità: rispettare l’albero e l’acqua, la terra e l’animale, il creato affidato all’uomo per il suo sostentamento e godimento. Eredità inalienabile per le generazioni future.

Oggi, poco si frequenta la preghiera, che è anche presa di coscienza, riconoscere il limite, energia per agire. Ci si affida piuttosto a tecnologie, leggi e sanzioni. Unilateralmente, gli uomini hanno sciolto il patto con la terra, impoverendola a puro bene economico. La natura ci appare più fragile, ma resta pur sempre matrigna.

Dovremmo “essere molto umili di fronte alla natura. Di fronte al fuoco ci si rende conto che siamo ben piccola cosa e il nostro orgoglio si può facilmente ridimensionare”, ha scritto il vescovo di Susa.

“Credenti e non credenti insieme – invitano a pregare i francescani di Susa – per ascoltare la religiosità della terra che ci chiede di prendere la responsabilità della casa comune”.

Senza scomodare il riscaldamento globale e i suoi attori, ciò che accade oggi è abbastanza per prendere consapevolezza del grido di dolore della natura, della terra che piange le troppe ferite. E assumerci, comunità, istituzioni e ognuno di noi, la nostra non delegabile quota di responsabilità.

(*) direttore “La Guida” (Cuneo)