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L’impegno della Chiesa italiana in Libano. Da oggi la visita di un gruppo di giornalisti della Fisc

Parte oggi (fino al 24) dalla capitale Beirut, la visita in Libano di un gruppo di giornalisti di testate diocesane appartenenti alla Federazione italiana dei settimanali cattolici (Fisc). Cinque giorni durante i quali i partecipanti, vincitori del concorso “8xmille senza frontiere”, promosso dalla Fisc e dal Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica della Cei, conosceranno progetti e interventi realizzati nel Paese dei Cedri grazie ai fondi dell’8xmille. Dal 2013 ad oggi, dichiara don Leonardo Di Mauro, responsabile del Servizio Cei per gli interventi caritativi a favore dei Paesi del Terzo Mondo, la Chiesa italiana ha finanziato 17 progetti per oltre 5,6 milioni di euro

Bandiera libanese e di Hezbollah

(da Beirut) Diciassette progetti per 5.644.000 euro: è quanto la Chiesa italiana, attraverso il Servizio per gli interventi caritativi a favore dei Paesi del Terzo Mondo, ha realizzato in Libano dal 2013 ad oggi. Un rapporto di grande collaborazione rafforzato anche dalla visita del segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, nel Paese lo scorso giugno, quando il vescovo si recò nel piccolo insediamento armeno di Anjar, dove la Chiesa italiana, insieme ad altri donatori, è impegnata nella ricostruzione e nell’ampliamento del “Foyer Agagianian” che ospita oltre 20 piccoli orfani iracheni e siriani. In questi giorni, di particolare tensione per vicende politiche interne, un’altra visita, quella di un gruppo di giornalisti di testate diocesane appartenenti alla Federazione italiana dei settimanali cattolici (Fisc).

La Cei per il Libano. Ad accompagnarli don Leonardo Di Mauro, responsabile del Servizio per gli interventi caritativi a favore dei Paesi del Terzo Mondo, vale a dire l’Ufficio Cei che opera per realizzare “la solidarietà e la cooperazione tra le Chiese a favore delle popolazioni dei Paesi del Terzo Mondo e promuovere lo sviluppo integrale delle persone e delle comunità locali, secondo la dottrina sociale della Chiesa”. “Dal 2013 ad oggi la Chiesa italiana ha finanziato 17 progetti per un totale di spesa di 5.644.000 euro – spiega il sacerdote -.

I campi di intervento spaziano dall’educazione alla sanità, dal campo della promozione umana e sociale a quello dell’accoglienza dei rifugiati, siriani e non, fino all’agricoltura”.

Tra i progetti finanziati in questi anni si annoverano quelli per la prevenzione e reintegrazione sociale di tossicodipendenti ed ex tossicodipendenti a Sehaile, la formazione professionale e l’inclusione delle donne dell’area di Nada’a e Bourj Hammoud, il restauro del centro sociale di Sed El Bauchrieh, la costruzione di scuole a Zalka, Zghorta, Jounieh e le ristrutturazioni di centri medici come a Bourj-Hammoud. In questi ultimi anni si è fatta sentire in tutta la sua drammaticità l’emergenza accoglienza profughi e rifugiati da Siria e Iraq. Secondo stime attendibili, confermate anche dalla nunziatura apostolica nel Paese,

il Libano ha il più alto numero pro capite in assoluto di rifugiati nel mondo, arrivando secondo statistiche attuali, a circa 1,2 milioni di persone ufficialmente registrate su un totale di 4 milioni di abitanti, senza contare la presenza di numerosi campi palestinesi.

A tale riguardo la Cei è impegnata anche nel sostenere programmi di “incoraggiamento al dialogo interreligioso, di accesso ai servizi  sociali di base per famiglie indigenti libanesi, siriane, irachene, di assistenza umanitaria per rifugiati dai Paesi in guerra”. Altri progetti sono in attesa di essere vagliati dall’apposito Comitato Cei convocato a dicembre. Un’intensa attività che, aggiunge don Di Mauro, “portiamo avanti in collaborazione con Onlus e Ong (Avsi, Vides, Un ponte per), Chiese, associazioni (Arcs, Osad, Sesobel) presenti sul territorio sia con personale straniero sia locale. Abbiamo progetti istruiti con l’eparchia caldea di Beirut, con il patriarcato cattolico armeno, con diverse Caritas diocesane e con alcune congregazioni religiose”. In Libano il gruppo di giornalisti visionerà alcuni di questi progetti, in particolare quello nella città di Aintoura-Keserouan (diocesi di Sarba) dove il Sesobel (Service social pour le bien-etre de l’enfant Liban) ha attivato un programma di sviluppo per bambini autistici da 0 a 6 anni. Il progetto prevede la costruzione del primo piano di un centro dotato, tra le altre cose, di refettorio, bagni, stanze per terapia del linguaggio, fisioterapia, psicomotricità, uffici, lavanderia, giardino e infermeria. A Baalbeck (nella omonima diocesi) la visita riguarderà, invece, un progetto partito già da qualche anno che prevede la costruzione di 16 laghetti artificiali. In questa fase l’Osad, Organisation for social & agricultural development, che porta avanti i lavori ha richiesto un aiuto per l’acquisto di macchinari necessari a completare l’opera, che una volta finita, porterà benefici ai 45mila abitanti dei 23 villaggi che avranno in tal modo acqua per produzione agricola (uva, vino, frutta…) come alternativa alla cultura della droga molto diffusa nella zona. Non mancherà un incontro con esponenti di Caritas Libano, a Beirut, impegnati a dare assistenza umanitaria a famiglie cristiane rifugiate. Anche in questo caso viene richiesto un aiuto alla Cei per un programma di intervento di 6 mesi.

Raccontare il bene. “Queste visite sono molto importanti e la presenza dei giornalisti dei settimanali cattolici serve a far conoscere alle nostre Chiese locali le realtà che sosteniamo con i fondi dell’8×1000. Quindi

raccontare il bene e raccontarlo bene,

con la speranza che  le nostre diocesi siano ulteriormente stimolate a promuovere solidarietà e vicinanza a chi è nel bisogno”. Perché, sottolinea don Di Mauro, “finanziamo progetti non per aiutarli a casa loro. 

Nessuno deve essere costretto a stare in un posto dove non può vivere una vita dignitosa o dove c’è violenza.

Ognuno ha il diritto di muoversi perché la terra è di tutti”. È lo spirito della campagna Cei, “Liberi di partire, liberi di restare”, il cui tema centrale, conclude don Di Mauro, è “il diritto alla libertà, presupposto fondamentale per la pace e la giustizia. I nostri progetti vanno in questa direzione: aiutare le persone a migliorare la loro vita e a realizzare le condizioni necessarie per sentirsi liberi di restare o di partire”.