Conferenza internazionale in Vaticano
Per uscire dalla crisi del welfare, che colpisce anche i Paesi più avanzati, è urgente costruire in Italia “una rete operativa di ospedali cattolici”, che svolgono un’autentica funzione pubblica e vengono troppo sbrigativamente assimilati alla sanità privata con fini di lucro. Alessandro Signorini, direttore generale della Fondazione Poliambulanza di Brescia, traccia così un bilancio in chiave italiana del convegno che si è appena concluso in Vaticano sulle disparità globali in materia di salute
“Progettare la strutturazione di una vera e propria rete operativa di ospedali cattolici in Italia, non solo un coordinamento associativo che non si traduce nella gestione comune di progetti e di crescita dell’offerta sanitaria”. È l’auspicio di Alessandro Signorini, direttore generale della Fondazione Poliambulanza di Brescia, all’indomani della XXXII Conferenza Internazionale “Affrontare le Disparità Globali in materia di Salute”, che si è appena conclusa in Vaticano. Signorini, tra i relatori del convegno, parla di “fedeltà creativa” a partire da una certezza: “Gli ospedali cattolici italiani ed europei sono in grado di raccogliere la sfida della prossimità ai bisogni e di creare un alternativa per le persone che, altrimenti, sarebbero costrette a inseguire le offerte di un mercato sempre più globale ed esteso”.
Come affrontano gli ospedali cattolici le disparità globali in materia di salute?
Sono davanti agli occhi di tutti, e certamente della Santa Sede e dell’intera Chiesa cattolica, i grandi numeri della sofferenza di tante popolazioni: basti pensare alle oltre 300mila donne che muoiono a causa di complicazioni legate alla gravidanza e al parto, ai quasi 6 milioni di bambini che muoiono prima dei 6 anni di età, ai 2 milioni di nuovi casi di infezione da Hiv, 9.6 milioni di nuovi casi di tubercolosi e 214 milioni di casi di malaria, 1,7 miliardi di persone che necessitano di trattamenti per malattie tropicali trascurate e tanti altri imponenti indicatori di povertà, di malnutrizione, di malattia evitabile non curata per indisponibilità di risorse, di strutture, di personale sanitario. È forse più singolare e meno frequente considerare come il tema delle disparità in materia di salute conosca oggi una sua declinazione particolare all’interno di società avanzate, dotate di strumenti, di risorse e, soprattutto, dotate di sistemi di welfare potenzialmente in grado di garantire universalismo, equità e libertà di accesso alle cure.
Quali le ragioni della crisi del welfare anche nei Paesi più avanzati?
Le mutate condizioni economiche, sociali, demografiche, politiche, ambientali, stanno rendendo più deboli i sistemi di assistenza sanitaria e sociale che, soprattutto nel continente europeo, hanno segnato la seconda parte del secolo XX come una conquista caratterizzante il “patto sociale” della nostra cultura e delle nostre comunità e che si reputava ormai consolidata e irreversibile.
È così anche in Italia?
Anche il nostro Paese, che pur vanta la disponibilità di uno dei modelli più completi e solidi del mondo occidentale, registra segni di sofferenza, ben documentati da indicatori ormai solidamente conosciuti dagli addetti ai lavori e alla stessa opinione pubblica: le divergenti curve di decrescita della spesa pubblica sul valore del Pil, stimato al di sotto del 7% nel 2015, rispetto ad una media europea del 7.2% tendenzialmente in riduzione fino al 6.3% del Pil nel 2020 e di incremento della spesa privata delle famiglie – 39,4 miliardi di euro nel 2016 per spesa “out of pocket” in Italia – certificano la condizione e la prospettiva di accesso alle cure condizionato dalla capacità di spesa individuale.
In che modo le strutture sanitarie cattoliche italiane possono far fronte alla crisi?
La grande sfida che il mondo cattolico e le stesse Congregazioni religiose sono oggi chiamate a raccogliere ruota intorno a due riferimenti fondamentali: la necessità di mantenere un orientamento stabile ad una finalità evangelica delle diverse opere e, nello stesso tempo, di garantirne la sostenibilità operativa, da conquistare attraverso la ricerca e l’uso oculato ed etico delle risorse economiche.
Il complesso della sanità di ispirazione religiosa continua a rappresentare, nel nostro Paese, un “asset produttivo” di notevole rilievo a disposizione del Servizio Sanitario Nazionale, disponendo di 200 strutture dotate di oltre 25mila posti letto e 50mila operatori sanitari tra medici – circa 4.500 – ed altri 45mila professionisti. Si tratta di un complesso di strutture e servizi che svolgono un’autentica “funzione pubblica” e che vengono, invece, troppo spesso sbrigativamente assimilati ad una generica affiliazione alla “sanità privata” impegnata nella ricerca di una mera finalità di lucro.
Quali le prospettive per il futuro?
Gli ospedali cattolici, non indenni da limiti nella loro conduzione, avvertono la necessità di associarsi definitivamente in una rete coordinata di offerta di servizi e di prossimità ai bisogni, superando parcellizzazioni e appartenenze a tante storiche e gloriose diversità “carismatiche”.
Oggi urge la necessità di dare vita sostanziale alla prospettiva di una vera e propria “rete” degli ospedali cattolici, rendendo concreta l’esortazione del Papa e di numerose Conferenze episcopali.
La rete degli ospedali cattolici è in grado nel nostro Paese e nello scenario continentale europeo nonché nel mondo, di promuovere la testimonianza di valori comuni, di sostenere il modello di assistenza sanitaria e di ricerca scientifica orientate alla tutela della vita e alla dignità della persona umana. Lo può fare mettendo in campo la forza delle eccellenze culturali dei propri centri di ricerca universitari, della eccellenza di tante strutture ospedaliere e del valore di tante persone, laici e consacrati, professionisti e volontari, impegnati nelle diverse realtà. Il modello della organizzazione in rete di esperienze e carismi diversi è già concreto in alcuni esempi realizzati nel nostro Paese. La stessa esperienza della Fondazione Poliambulanza di Brescia costituisce esempio della integrazione operativa della tradizione e dei valori di due distinte Congregazioni religiose, insieme all’Università Cattolica del Sacro Cuore – non è proponibile oggi un modello di sanità avanzata separato dal mondo della ricerca scientifica e della formazione – e allo stesso vescovo di Brescia a confermare il radicamento dell’Istituzione nella Chiesa e nel territorio di appartenenza.