Cyberbullismo e violenza online
Dalla ricerca “Eu kids online per Miur e Parole O_Stili” presentata oggi a Roma emerge che è in aumento il numero di ragazzi e ragazze tra i 9 e i 17 anni che hanno fatto qualche esperienza su Internet che li ha turbati o fatti sentire a disagio. Per la ministra Fedeli quella a bullismo, cyberbullismo e “hate speech” è una lotta “che riguarda tutti e che deve vederci tutti coinvolti”
La facilità di accesso ad Internet, ampliata dal diffondersi anche tra bambini e ragazzi di smartphone e tablet, ha portato in questi anni ad un contestuale aumento di opportunità e di rischi. Lo conferma anche la ricerca “Eu kids online per Miur e Parole O_Stili” presentata oggi a Roma, nel corso dell’evento “Crea, connetti e condividi il rispetto: un Internet migliore comincia con te”, svoltosi al Ministero dell’Istruzione, della ricerca e dell’università.
Dallo studio condotto dall’OssCom (Centro di ricerca sui media e la comunicazione) dell’Università Cattolica, in collaborazione con Miur e Ats Parole Ostili (formata da Associazione Parole O_Stili, Università Cattolica e Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo), emerge che
lo smartphone è oggi il principale strumento con cui i ragazzi accedono al web. Lo impiega quotidianamente il 97% dei ragazzi tra i 15 e i 17 anni e il 51% dei bambini di 9 e 10 anni. “Questo – ha spiegato Giovanna Mascheroni, docente dell’Università Cattolica – si accompagna con un aumento dei luoghi in cui ci si connette, un aumento del tempo della connessione – in media 2,5 ore al giorno – e un aumento dell’attività online”.
Potrebbe anche sembrare un fatto positivo, se non fosse che – stando ai dati della ricerca –
“cresce il numero di ragazzi e ragazze di 9-17 anni che hanno fatto qualche esperienza su Internet che li ha turbati o fatti sentire a disagio (13%). Cresce soprattutto fra i bambini di 9-10 anni, passando dal 3% registrato nel 2013 al 13% del 2017”.
Fra i rischi e i pericoli che i minorenni corrono navigando online e connettendosi alla rete ci sono contenuti inappropriati, l’hate speech (offese), l’esposizione a contenuti pornografici e il sexting (messaggi sessuali). In aumento il numero di siti che incitano a forme di autolesionismo, anoressia, bulimia.
Il 31% degli 11-17enni dichiara di aver visto online messaggi d’odio o commenti offensivi rivolti a singoli individui o gruppi di persone, attaccati per il colore della pelle, la nazionalità o la religione. Di fronte all’hate speech il sentimento più diffuso è la tristezza (52%), seguita da rabbia (36%), disprezzo (35%), vergogna (20%). Ma nel 58% dei casi gli intervistati ammettono di non aver fatto nulla per difendere le vittime.Il 7% dei ragazzi di 11-17 anni ha invece ricevuto messaggi sessuali. Circa un terzo degli intervistati (ma il 67% delle ragazze) si è detto molto o abbastanza turbato dai messaggi ricevuti.
Cresce anche l’esposizione ai contenuti pornografici, con il 31% di ragazzi di 9-17 anni (ma il 51% degli adolescenti di 15-17 anni) che nell’ultimo anno ha visualizzato contenuti sessuali. La reazione più comune di fronte alla pornografia è l’indifferenza. Da rilevare, tuttavia, il numero elevato di ragazzi di 11-12 anni che si dice molto (18%) o abbastanza (50%) turbato da ciò che ha visto).
Inoltre, il 27% dei ragazzi di 9-17 anni è in contatto su Internet con persone che non ha mai incontrato nella vita di tutti i giorni.
E se gli amici (47%) e i genitori (38%) sono le persone a cui principalmente ci si rivolge a seguito di esperienze negative, secondo Mascheroni,
a preoccupare è il dato secondo cui “il 25% dei ragazzi interessati da questi rischi (il 50% degli intervistati) non ne hanno parlato con nessuno”. “Un terzo non fa nulla e aspetta che il problema si risolva da solo” mentre “solo il 2% usa il ‘Segnala un abuso’ messo a disposizione dalle piattaforme online”.
I temi del bullismo e del cyberbullismo, anche a seguito di tragici eventi di cronaca, hanno generato reazioni a livello istituzionale e di società civile, di insegnanti, educatori e genitori. Poiché “si fa fatica a stare in rete, è diventato pesante”, come ha rilevato durante l’evento l’ideatrice del progetto Parole O_Stili, Rosy Russo, si è dato vita ad una community che ha elaborato e condiviso il “Manifesto della comunicazione non ostile”. “Abbiamo deciso di provare a fare qualcosa per arginare un modo dilagante di stare in rete”. E dopo altre iniziative, in collaborazione con l’Università Cattolica il prossimo 9 febbraio a Milano si terrà “Parole a scuola”, una giornata di formazione gratuita per docenti sul tema delle competenze digitali e dell’ostilità nei linguaggi. Antonella Sciarrone Alibrandi, prorettrice dell’Università Cattolica, ha spiegato che vuole essere un contributo rivolto soprattutto ai docenti “per aiutarli a prevenire, quindi ad educare ad un uso consapevole e rispettoso del web, ed insegnare ad avere una consapevolezza e dimestichezza emotiva e razionale ai ragazzi, più bravi di noi nell’utilizzo pratico dei device”. A Milano ci saranno 2mila insegnanti da tutta Italia; previste più di 30 lezioni frontali e laboratori per un totale di 3.600 ore di formazione gratuita.
L’evento si terrà tre giorni dopo il Safer internet day che, ha annunciato la ministra Valeria Fedeli, “si svolgerà in concomitanza con la giornata ‘Un Nodo Blu – le scuole unite contro il bullismo’”, giunta alla seconda edizione. Ricordando quanto è stato fatto in questi anni anche sul fronte legislativo sul tema del bullismo e del cyberbullismo, con l’approvazione di “una legge che ha determinato non solo una sensibilizzazione politica orizzontale, di tutti, su questo fenomeno ma anche la costituzione di un Osservatorio interministeriale”, Fedeli ha sottolineato come
“purtroppo di bullismo e cyberbullismo si muore”. Ma su questi temi “c’è spesso indifferenza, non conoscenza da parte degli adulti”. Si ignora “il significato di un’azione, che a volte appare ancora minimale. Quasi come se fosse un gioco tra ragazzi”.
“Non lo è”, “c’è una responsabilità precisa che dobbiamo assumerci”. E per questo è “fondamentale il ruolo della scuola”. Non solo;
si tratta di una realtà “che riguarda tutti e che deve vederci tutti coinvolti”, ha osservato la ministra. “Tutti insieme, ciascuno con le proprie responsabilità, dentro la scuola e fuori ci dovete aiutare a parlare coi genitori, non ci dev’essere uno iato tra ciò che succede a scuola sul modo di utilizzare Internet e ciò che succede a casa”.Anche su questo fronte è più che mai indispensabile un’alleanza tra famiglie, scuola, istituzioni. Perché sui rischi e i pericoli prevalgano le opportunità positive offerte dalle nuove tecnologie, che sempre più hanno invaso e invaderanno la vita non solo dei ragazzi.