Dialogo

Islam in Europa. Baba Edmond Brahimaj (Comunità Bektashi): “Dobbiamo unire le nostre forze. Il bene vince sempre”

“Ci dobbiamo unire, fare strategia insieme per combattere i fenomeni dell’estremismo e violenza, per costruire la pace. Inizialmente saremo pochi. Non importa. La storia dell’umanità ci dice che è sempre una minoranza a scegliere e seguire il bene. Ma il bene vince, perché le opere che genera,  dimostrano che è più  forte del male. Anche se si viene uccisi, anche se si viene perseguitati”. Intervista a  Sua Grazia (Haxhi) Baba Edmond Brahimaj, leader della Comunità Bektashi, a margine dell’incontro a Scutari sull’Islam in Europa

(da Scutari) “Le nostre chiese e le nostre moschee sono costruite per unire non per dividere. Siamo diversi ma siamo tutti essere umani e, quindi, fratelli tra noi. Spesso è l’egoismo a metterci gli uni contro gli altri, non i nostri testi sacri né i nostri profeti”. Ha una voce profonda Sua Grazia (Haxhi) Baba Edmond Brahimaj, leader della Comunità Bektashi, come profonda è la sua mistica. Si rivolge con parole cariche di saggezza e lungimiranza ai delegati delle Conferenze episcopali europee per il dialogo con l’islam, riuniti in questi giorni a Scutari per parlare di “fede e spiritualità nelle relazioni tra cristiani e musulmani”. Baba Brahimaj è una voce dell’islam in Albania. Non esistono dati ufficiali. Si stima, però, che qui i musulmani (Sunniti e Bektashi) siano il 70% della popolazione. Non stupisce, però, se dopo 24 anni di una dittatura comunista terribile che imponeva l’ateismo assoluto, oggi molti albanesi conoscano a malapena i concetti basilari della propria fede. Ma proprio perché i credenti musulmani e cristiani erano perseguitati e i culti venivano praticati nella clandestinità, a costo della stessa vita, qui in Albania si respira un’atmosfera di amicizia e fraternità tra le due Comunità religiose, tanto che nel 2014, Papa Francesco durante il suo viaggio apostolico ha definito questo Paese come esempio di convivenza e dialogo. Baba Brahimaj, poi, leader della Comunità Bektashi ha una storia particolare. Lunga barba bianca e copricapo verde, guarda fisso negli occhi dell’interlocutore mentre parla. È uomo di dialogo: ha partecipato ad eventi promossi dalla Santa Sede, come alcune Giornate di preghiera per la pace ad Assisi e alla beatificazione di Madre Teresa nel 2003. Ha incontrato Papa Francesco nel suo viaggio a Tirana nel 2014 ed è andato a trovarlo a Roma nel maggio del 2016, in questa occasione hanno parlato di fraternità e dell’importanza che le comunità religiose hanno per le società odierne.

Baba Brahimaj, purtroppo in Europa ancora si uccide. Si uccide in nome di un Dio e, in altri casi, solo per il colore della pelle. Perché siamo arrivati a questo punto?
A dire la verità ciò non deve accadere. L’uomo non può uccidere l’uomo e coloro che uccidono non sono uomini. Gli uomini cattivi mal-intepretano le cose. Se accadono queste cose, le ragioni sono diverse e queste ragioni sono l’ignoranza, la povertà e l’egoismo. Solo combattendo contro questi tre mali, possiamo sradicare l’odio dal cuore dell’uomo.

Quale ruolo specifico possono svolgere i leader religiosi?
Prima di tutto i leader religiosi devono combattere contro se stessi, vincendo l’egoismo e vedendo tutti gli uomini come fratelli e sorelle senza distinzione di fede e di provenienza. Se non riusciamo a guardare il mondo da questa prospettiva, noi non siamo al nostro posto, non eseguiamo la volontà del Signore. È molto difficile conoscersi. Il profeta e il Corano dicono che solo chi ha conosciuto se stesso, ha conosciuto Dio. Spesso noi non ci conosciamo. Perché se nei nostri cuori ci fosse il Signore – e il cuore è il trono di Dio – l’umanità non arriverebbe a questo punto.

Di predicatori dell’odio ce ne sono tanti. Ce ne sono nell’islam ma anche nei partiti politici…
Ma quelli sono estremisti, non sono uomini. Sono parte di una corrente di pensiero estremo che cerca la divisione, cerca di possedere gli uomini.

Cosa vorrebbe dire a loro?
L’ho detto anche durante la conferenza. Ci dobbiamo unire, fare strategia insieme per combattere i fenomeni dell’estremismo e della violenza, per costruire la pace. L’ho detto anche al nunzio apostolico che rappresenta il Papa qui in Albania. Gli ho detto: venite, collaboriamo. Inizialmente saremo pochi. Non importa. La storia dell’umanità ci dice che è sempre una minoranza a scegliere e seguire il bene.

Ma il bene vince, perché le opere che genera, dimostrano che è più forte del male. Anche se si viene uccisi, anche se si viene perseguitati.

Lei ha incontrato più volte Papa Francesco. Che impressione le ha fatto?
È colui che porta la bandiera nella battaglia contro il male. Per me è una personalità che esegue in modo giusto il compito che gli è stato affidato.

Quando ci siamo incontrati a Roma, ci siamo seduti come fratelli.

Io lo rispetto e ovunque parli e faccia dichiarazioni, lo sostengo sempre, così come Madre Teresa. Sono entrambe vite che provocano in me un grande orgoglio. Posso dire, ecco ci sono persone così.

Il Papa ha indetto per venerdì 23 febbraio una giornata di preghiera e digiuno per la pace, proponendo questa iniziativa anche ai credenti di altre religioni. Voi lo farete?
Senz’altro! Noi cerchiamo di pregare per la pace ogni giorno e lo sosterremo, però sempre lavorando, collaborando l’uno con l’altro. Da soli non si può combattere questa battaglia per la pace.