Dopo le aggressioni di Acerra e Foggia
Un clima sociale ad alta conflittualità, violenza spettacolarizzata dai media, crisi economica che incattivisce, perdita di autorevolezza dell’istituzione scolastica. Questo, per Mario Rusconi, presidente dell’Associazione nazionale presidi (Anp) di Roma e Lazio, il mix esplosivo alla base delle recenti aggressioni di Acerra e Foggia, ma anche dell’atmosfera che in molti casi avvelena il rapporto scuola-famiglia
Un frutto del clima sociale ad alta conflittualità che caratterizza il Paese, al quale si aggiungono la spettacolarizzazione della violenza nei media e la perdita di autorevolezza della scuola. Mario Rusconi, presidente dell’Associazione nazionale presidi (Anp) di Roma e Lazio, sintetizza in questi termini al Sir le cause dei vergognosi episodi di aggressione subiti nei giorni scorsi da due docenti: Franca Di Blasio, insegnante di Acerra sfregiata sulla guancia da un alunno diciassettenne armato di coltello, e Pasquale Diana, vicepreside di una scuola media di Foggia, colpito alla testa e all’addome dal padre di un alunno che gli ha provocato gravi lesioni. L’insegnante di Acerra, nota per le sua campagne contro bullismo ed emarginazione, “assolve” l’aggressore chiedendo di non punirlo e considera il suo gesto un proprio fallimento: “Ho cercato di spingerlo a fare meglio, ma non ce l’ho fatta”. Diana spiega ai media di non avere reagito alla violenza perché aveva davanti a sé gli occhi del figlio del suo aggressore e degli altri ragazzi: “Abbiamo fatto tante lezioni sul rispetto delle regole e sul linguaggio non violento, reagendo avrei annullato tutto quello che avevo cercato di insegnare”.
Professor Rusconi, la scuola è malata di violenza?
Non solo la scuola, tutta la società lo è, e l’istituzione scolastica è lo specchio della società. Queste aggressioni – ma non sono le uniche, sono sempre più frequenti le minacce a insegnanti e presidi da parte di studenti e famiglie – sono il frutto del clima sociale ad alta conflittualità che caratterizza il Paese e conduce al degrado dei rapporti interpersonali, e basta vedere i toni accesi della campagna elettorale. Una conflittualità sociale acuita da istituzioni politiche che anziché gettare acqua sul fuoco gettano benzina – in Parlamento e attraverso i media -, e dalla crisi economica che tende a incattivire gli animi della gente. A questo si aggiungono la spettacolarizzazione della violenza in tv ed, elemento più importante,
la perdita di autorevolezza della scuola, la sua continua delegittimazione.
Perdita di autorevolezza dovuta allo scardinamento generale del principio di autorità e alla perdita di credibilità della funzione educativa, o legata anche allo scadimento del ruolo sociale dell’insegnante?
Certamente viviamo in un sistema che ha scardinato il principio di autorità e in cui si è perduto il senso dell’autorevolezza a partire dalle istituzioni, dalla politica e dalla famiglia all’interno della quale si è allentata la responsabilità. Oggi le uniche due realtà che riescono a resistere agli attacchi sono – benché acciaccate – la Chiesa e la scuola ma, in una società del tutto subito, senza fatica e senza sacrifici, è difficile che una famiglia sempre più fragile non spalleggi il pargolo aggressivo. Ad aggravare la situazione sono inoltre la frequente intromissione della magistratura su spinta del genitore che dà la colpa degli insuccessi dell’alunno all’insegnante cattivo, e la mancanza di valorizzazione dei docenti. Il trattamento economico sempre peggiore loro riservato finisce per minarne completamente il ruolo e l’autorevolezza culturale e sociale. Anche l’ultima bozza del contratto di lavoro stilata dai tre grandi sindacati con l’Aran (Agenzia rappresentanza negoziale pubbliche amministrazioni, ndr) lo scorso 9 febbraio è stata l’ennesima occasione perduta.
Che cosa intende dire?
Che buona parte dei 200 milioni annui messi a disposizione dalla legge per i docenti più meritevoli verrà invece utilizzata per gli aumenti contrattuali e spalmata a pioggia su tutti gli insegnanti. Già si trattava di somme esigue; ora sembra di essere di fronte ad una mancia dal sapore elettorale da dare a ciascuno e non è certo questo il modo di contribuire a ricostruire l’autorevolezza della a scuola.Non mi nascondo che sarebbero necessari una formazione più completa per gli insegnanti – anche psico-pedagogica, e penso alla tragedia di Cassino – e test psico-attitudinali per docenti e dirigenti. Nelle scorse settimane ho rilanciato l’idea di un codice deontologico per gli insegnanti, cioè un’indicazione etico-professionale di quelle che dovrebbero essere le direttrici di comportamenti che ogni professionista del mondo scolastico dovrebbe seguire, ma il merito lavorativo introdotto da decreti e leggi dello Stato non può essere scalfito da un accordo contrattuale.
Il comportamento dei due aggrediti è stato peraltro un forte segnale di generosità, responsabilità e consapevolezza del proprio ruolo educativo.
Un esempio importante, testimonianza dell’abnegazione e della qualità umana e professionale di queste figure di docenti e dirigenti scolastici – e come loro ce ne sono moltissimi in Italia -, ma non basta. La ricostruzione dell’autorevolezza della scuola deve partire dalle istituzioni – Parlamento, governo, sindacati – ma da tempo questi segnali non arrivano. In loro assenza, anche gesti “nobili” come questi sono purtroppo destinati a non lasciare il segno.
Che ruolo potrebbe svolgere il patto di corresponsabilità tra scuola e famiglia lanciato dal Miur?
Allo stato attuale si tratta di pura retorica priva di qualsiasi possibilità di produrre effetti concreti. E’ importante coinvolgere i genitori ma prima, ribadisco, occorre ricostruire l’autorevolezza dell’istituzione scolastica.