Vita
Vanno avanti i vescovi irlandesi in difesa della vita non ancora nata, in vista del Referendum che il governo irlandese ha deciso di indire il 25 maggio prossimo per legalizzare l’aborto in Irlanda. E dopo la nota pubblicata nei giorni scorsi in cui per la prima volta la Conferenza episcopale esprimeva in maniera ufficiale la sua posizione sulla questione referendaria, oggi i vescovi hanno diffuso una Lettera pastorale dal titolo “Two Lives, One Love” (“Due vite, un solo amore”).
“Crediamo – scrivono – che la vita umana sia sacra dal concepimento fino alla morte naturale e che l’Articolo 40.3.3 rifletta l’appropriato equilibrio dei diritti. Invochiamo la benedizione e la guida di Dio su ciascun membro della nostra società nel rispondere alla significativa responsabilità che abbiamo di difendere questo diritto per la generazione presente e per le generazioni a venire”.
L’articolo a cui fanno riferimento i vescovi è l’Ottavo emendamento dell’articolo 40 della Costituzione della Repubblica d’Irlanda che sostiene che la madre e il bambino non ancora nato hanno gli stessi diritti. Se gli irlandesi voteranno per abolire questo emendamento il Governo darà via libera affinché si possa regolare per legge le modalità di termine di una gravidanza. “Alcune persone sostengono che il diritto alla vita dei non nati dovrebbe essere una questione di scelta personale da parte della madre”, scrivono i vescovi nella Lettera pastorale. “Altri, pur essendo contrari all’aborto come principio generale, ritengono che ci siano alcuni bambini ai quali il diritto alla vita non si applica perché è stata diagnosticata loro una grave malattia o perché sono stati concepiti in seguito ad uno stupro. Desideriamo affermare la nostra ferma convinzione, basata sulla ragione e sulla fede, che non esiste una vita umana che non abbia valore. Accettiamo, ovviamente, che la morte fa parte della nostra condizione umana. Ciò che rifiutiamo è la proposta che una persona possa decidere quando è il momento di far morire un’altra persona”.
La Lettera analizza in tutti i suoi risvolti l’Articolo 40.3.3 della Costituzione irlandese ribadendo che “il diritto alla vita è unico” e che “in assenza di tale diritto, nessun altro diritto civile o naturale può essere esercitato, né ora né in futuro”. I vescovi invitano pertanto a considerare il bimbo non ancora nato come una “persona” e a “considerare attentamente la realtà di ciò che accade nella vita di ogni essere umano, tra il concepimento e la nascita” sottolineando come “l’identità distinta di un individuo umano è già presente una volta avvenuto il concepimento. Tutto il resto è semplicemente un processo di crescita e sviluppo di una persona che ha già intrapreso il cammino della vita”.
Interessante il passaggio in cui i vescovi mettono in guardia sul “potere del linguaggio” riferendosi all’uso delle parole utilizzate in riferimento ai bambini non ancora nati. “Ci chiediamo perché, nei discorsi pubblici, i bambini sani non ancora nati vengano sempre chiamati ‘baby’, mentre quelli che, secondo alcuni, non sono all’altezza delle aspettative, vengono definiti abitualmente ‘feti’ o ‘embrioni’”. Questo modo di parlare rischia di spersonalizzare alcune categorie di bambini non ancora nati in modo da normalizzare l’aborto.
Le Lettera pastorale affronta poi due questioni particolarmente “calde” e delicate che hanno caratterizzato il dibattito referendario: i casi dei bambini con aspettative di vita limitate e i bambini concepiti in seguito a una violenza. I vescovi esortano le famiglie a capire che “ogni caso è diverso e che ci saranno alcuni bambini che moriranno prima della nascita, alcuni che vivranno per poche ore, altri che vivranno per molto più tempo”. Circa la seconda questione, i vescovi scrivono: “Anche un bambino concepito dopo lo stupro è una persona. Lui o lei ha diritti, incluso quello più fondamentale di tutti i diritti, il diritto alla vita”.
La Lettera si conclude con una strenua difesa dell’Articolo che il Referendum vuole abrogare. “Riteniamo che la cancellazione o la modifica di questo articolo non possa avere altro effetto che esporre i bambini non nati a un rischio maggiore e che non provocherebbe alcun beneficio per la vita o la salute delle donne in Irlanda. Incoraggiamo, quindi, come membri della famiglia umana, a lavorare attivamente per mantenere il diritto alla vita nella Costituzione, in nome dell’uguaglianza, equità e compassione per tutti”.