Anniversari

Papa a Sant’Egidio: Riccardi (fondatore), “ci sentiamo comunità di popolo piccola ma senza confini”

“Vivere insieme per un mondo fraterno, tra popoli, nelle periferie e in città, è una rivoluzione possibile, se partiamo dal cuore e dal Vangelo”. Lo ha detto il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, nel suo saluto al Papa, che si è recato ieri a Trastevere nel 50° anniversario dalla fondazione. “Il tempo è cambiato dal ’68 e dalle nostre origini. Interi mondi sono scomparsi; i nuovi mondi del Sud hanno perso la speranza di essere nuovi e hanno conosciuto la guerra. Tutto si è globalizzato divenendo un grande mercato – ha aggiunto –. Sembra però che poco sia cambiato nei poteri che reggono la storia, come il denaro, che lei ha varie volte ricordato”. Quindi, una considerazione sul “tempo globale” in cui è diffusa la considerazione che “bisogna prima di tutto sopravvivere: difendersi, dagli altri, dai poveri”. “È la logica del pensare a sé: va dall’egocentrismo personale all’egoismo nazionale. Ogni Paese deve chiudersi e salvarsi dalla marea del mondo. Ci si sente vittime e si ha paura”. Ma “noi conserviamo dal ’68 e dintorni la convinzione che tutto può cambiare e che dipende anche da noi”. La missione “grande” è “accettare la sfida di fare il mondo migliore. A mani nude e con la parola: gli strumenti del Vangelo e sono i migliori. È la forza degli umili e dei poveri”. Infine, Riccardi ha sottolineato l’importanza dell’Evangelii Gaudium in questo percorso. “Da quando lei ha proposto di uscire per strada, fuori dall’istituzione, dalle sacrestie, dai piani pastorali, dall’autoreferenzialità, dall’egocentrismo, dalla nostra purezza – ha aggiunto –, un popolo grande s’è messo in cammino. Si vede tanta gente che ha voglia di fare il bene, ci sono risorse e energie, non solo rabbia ma molto amore. E questo dà speranza e gioia”. In questa prospettiva, “Sant’Egidio non si sente una comunità di perfetti, ma una comunità di popolo, magari piccola ma senza confini, perché coinvolta dai dolori vicini e dai lontani”. “La rabbia e l’egocentrismo si guariscono – ha concluso –, se andiamo incontro con simpatia, rendiamo ragione della speranza e aiutiamo a incontrare i poveri. L’età della rabbia può diventare età della fraternità e dello spirito”.