Scienza in lutto
Stephen Hawking è morto. La frase appare in quasi ogni angolo del mondo oggi, scritta in tutte le lingue e con tutti i tipi di caratteri: con il cirillico dell’agenzia Tass, sull’edizione giapponese di Japan Times (che la riporta anche in versione europea); si vede la foto dell’astrofisico anche circondata dagli ideogrammi cinesi di people.com.cn (comunque anche le testate cinesi “edizione occidentale” ospitano la notizia). L’edizione inglese di Al-Jazeer ripercorre la vita di questa “mente affilatissima” e ripropone una intervista di archivio all’astrofisico sul tema della Palestina. La notizia c’è anche sul sito di Chinadaily.com e sul The Times of India, che offre una galleria fotografica di trenta scatti che ricordano gli incontri di Hawking con diverse personalità politiche e con la sua famiglia. Il New York Times lo definisce la “mente che ha girovagato nel cosmo”. Il Sidney Morning Herald, accanto all’articolo di rito che parla dell’astrofisico ne pubblica uno del 2015 del Washington Post, in realtà sul perché Hawking abbia potuto vivere così a lungo e fare le cose che ha fatto nonostante la sua Sla.
In Europa tutte le testate principali di tutti i Paesi ne parlano. Per lo spagnolo El Pais è venuta meno “una delle menti più brillanti della scienza contemporanea”, mentre per la tedesca Frankfurter Allgemeine Zeitung Hawking è stato “uno degli scienziati più grandi di tutti i tempi”. Per l’inglese The Guardian è stato il simbolo “delle possibilità illimitate della mente umana”, la “stella più luminosa nel firmamento della scienza”. Le Monde racconta di questa “mente brillante in un corpo malato” che ha rappresentato “l’incarnazione popolare della scienza”. La polacca Rzeczpospolita riporta oltre alla biografia, una serie di “frasi celebri” dell’arguto scienziato. Solo sulle testate africane e sull’organo di informazione ufficiale del partito comunista a Cuba non si trova, al momento, nessun titolo e nessuna foto.