Libertà religiosa
“Questa iniziativa va contro la libertà religiosa e i principi democratici propri di una società civile”. Lo afferma il cardinale Angelo Bagnasco, presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali (Ccee), nella Dichiarazione congiunta che Ccee e Kek (Conferenza delle Chiese cristiane d’Europa) hanno diffuso questa mattina in merito ad una proposta presentata nel Parlamento islandese (Althing) per vietare la circoncisione dei bambini di sesso maschile in assenza di prescrizione medica. “La Chiesa cattolica – sottolinea il cardinale Bagnasco – è particolarmente impegnata a difendere i diritti dei bambini, che includono anche il diritto-dovere della famiglia di educare i propri figli secondo le proprie convinzioni religiose”. Da parte sua il rev. Christopher Hill, presidente della Kek, afferma: “È importante che la circoncisione sia praticata legalmente, in un ambiente appropriato e sicuro dal punto di vista medico, in modo che la salute del bambino non sia messa in pericolo”. Il reverendo anglicano ricorda, a questo proposito, come la circoncisione sia “una procedura medica standard di ispirazione laica in diversi Paesi – con linee guida mediche consolidate – che può anche recare beneficio. Pertanto, non si può sostenere che l’intervento equivalga a una violazione inaccettabile dell’integrità fisica. Pertanto, una tale limitazione della libertà di religione o di credo non può essere giustificata da ragioni oggettive”. E aggiunge: “Non dobbiamo dimenticare che il diritto di appartenere e di essere educati nella tradizione religiosa della propria famiglia è riconosciuto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dei minori (art. 1, 14 e 29)”.
Nella dichiarazione, le Chiese cristiane riportano il parere anche di rav. Albert Guigui, rabbino capo di Bruxelles e rappresentante permanente della Conferenza dei rabbini europei presso le istituzioni europee. “Proibire la circoncisione in un dato Paese equivale al fatto che quello stesso Paese dichiari pubblicamente che nessuna comunità ebraica è più benvenuta sul suo territorio”. Il capo Imam Razawi, dell’associazione scozzese Ahlul Bayt, afferma anche che “vietare un rito religioso in questo modo equivarrebbe a vietare la pratica della fede per i musulmani”.