Università Anahuac
I giovani desiderano “fare famiglia nonostante le difficoltà che il progetto familiare incontra nei diversi contesti” e la Chiesa ha il compito di rispondere ad una così forte “domanda di senso” aggiornando la sua attrezzatura teologica. Lo ha ribadito mons. Pierangelo Sequeri, preside del Pontificio Istituto teologico Giovanni Paolo II per le scienze del matrimonio e della famiglia, in occasione del suo intervento sulle “Sfide dell’Istituto Giovanni Paolo II alla luce delle sfide della famiglia”, tenuto a Città del Messico, nella sede distaccata dell’Istituto (Università Anahuac www.familia.edu.mx – www.anahuac.mx). Mons. Sequeri è in Messico fino a domenica 18 marzo con mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita e gran cancelliere del Pontificio Istituto teologico.
Rilevando che dai due Sinodi sulla famiglia è emerso un “desiderio di famiglia” da parte delle giovani generazioni, il preside ha osservato che la Chiesa deve “apparire come una rete evangelica e fraterna di comunità familiari”. In concreto, “la comunità cristiana deve frequentare evangelicamente – e non semplicemente istruire dottrinalmente – la condizione familiare degli uomini, delle donne e dei bambini del mondo”. La Chiesa ha un “compito storico”, “importantissimo”: riuscire a “ricomporre sapere e affetti”. In concreto, la teologia “ha il compito di restituire l’alleanza dell’uomo e della donna all’ampiezza del disegno creatore originario che affida alla loro intesa il mondo e la storia”. L’alleanza coniugale ne è sacramento ma “non si esaurisce nel matrimonio” e deve investire tutti i settori della società: uomini e donne devono “realizzare una reciproca intesa a tutti i livelli: la società e il lavoro, il sapere e l’educazione, l’economia e la politica”.
Certo – ha aggiunto mons. Sequeri – per la Chiesa il sacramento del matrimonio fornisce un valore speciale al legame coniugale ma allo stesso tempo impone di riuscire “a fare i conti con la fragilità dei legami stessi e della condizione umana”. Però, la Chiesa “può e deve dotarsi di nuovi strumenti concettuali per rispondere alla sfida epocale e al tempo stesso le comunità cristiane devono farsi vedere come rete accogliente nelle relazioni umane di base”. In questo senso, “Amoris Laetitia è inequivocabile nell’intenzione complessiva di ridefinire in questa chiave la realtà e lo stile dell’effettività ecclesiale”.