Editoria

Papa Francesco: un volumetto di Gian Franco Svidercoschi sulla forza e le contraddizioni del suo pontificato rivoluzionario

Con una Messa solenne in piazza San Pietro, cinque anni fa iniziava il ministero di Papa Francesco. Un pontificato rivoluzionario, con inevitabili contraddizioni e che lascerà un’eredità pesante. E soprattutto che sembra dividere, o almeno scompaginare. A ripercorrere i primi cinque anni di Francesco è il vaticanista di lungo corso Gian Franco Svidercoschi in un agile volumetto intitolato “Un Papa che divide?” (Rubbettino), convinto che “in questi anni ci sia stato un sovraccarico sia di ideologizzazione che di semplicismo” nell’interpretarne gesti e parole finendo così per “deformarne o quanto meno offuscarne la figura, il magistero, gli obiettivi stessi del pontificato”. Il tentativo di delegittimarlo non ha precedenti, sottolinea Svidercoschi, osservando che ancora più preoccupante è “la divisione che si registra tra gli stessi fedeli”, prima “sotterranea”, oggi “uscita allo scoperto”. “Non siamo ancora a uno scisma, come teme (o vorrebbe) qualcuno”; tuttavia ogni gesto del Papa crea due reazioni opposte: una di consenso, l’altra di critica. Il dubbio è che la sua “novità” non sia stata compresa. Ripercorrendo i gesti più clamorosi del Pontefice, il suo linguaggio schietto, le sue radici latinoamericane, il vaticanista osserva che “sbaglierebbe molto chi volesse trovare un piano sistematico” nel suo ministero la cui rivoluzione è essenzialmente “ritornare costantemente alle radici del Vangelo” nel segno della misericordia. Misericordia come “nuovo modo di vivere la fede cristiana” e di “impostare il discorso morale”. Misericordia come “categoria sociopolitica” e quindi attenzione ai poveri, ai migranti, alle periferie. Svidercoschi definisce “non certo esaltanti” i risultati di quattro anni di lavoro per la riforma della Curia, ricorda tra l’altro le opposizioni incontrare da Bergoglio all’interno della stessa gerarchia ecclesiastica. “Contraddizioni” con cui bisogna fare i conti. “La sua Chiesa in uscita – conclude il vaticanista – è una prima risposta alla crisi di fede che attraversa il cattolicesimo”, ma dovrà “uscire da se stessa ed entrare nella storia dell’umanità”.