Politica

È partita la XVIII legislatura

Ora Mattarella vorrà verificare non solo che vi siano i numeri per una maggioranza autonoma, ma che vi sia compatibilità fra i programmi, la situazione del Paese e i trattati europei. Qui “si parrà la nobilitate” di quelle forze politiche che hanno raccolto una larga messe di voti, ma che non hanno ottenuto i numeri sufficienti per onorare le tante promesse fatte. Anche perché governare, fare scelte, assumersi responsabilità, è tutt’altra cosa che criticare dai banchi dell’opposizione

Con l’elezione dei presidenti delle due Camere si è avviata la diciottesima legislatura. Tutto è avvenuto con sorprendente rapidità. Iniziate venerdì 23 marzo scorso, le procedure elettorali si sono concluse il giorno dopo, sabato 24, con l’elezione a presidente della Camera dell’onorevole Roberto Fico, del Movimento 5S e della senatrice Maria Elisabetta Alberti Casellati, di Forza Italia, a presidente del Senato. I due sono stati eletti con i voti combinati del centro destra e del M5S, le due formazioni vincitrici delle elezioni del 4 marzo, nel silenzio più assoluto del Partito democratico. Il superamento di questo primo scoglio è stato possibile grazie a un’intesa limitata, almeno per ora, in questa prima fase istituzionale, fra forze che si erano presentate alle elezioni da antagoniste, specialmente su taluni punti qualificanti dei programmi elettorali. Artefice indiscusso di questa machiavellica operazione il leader della Lega, Matteo Salvini, che è riuscito a fare convergere sullo stesso obiettivo due acerrimi avversari, il capo dei pentastellati, Luigi Di Maio e il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi.

Un risultato brillante, anche perché raggiunto a conclusione di una serie di episodi, taluni di dubbia linearità, che si sono svolti fra accordi alla luce del sole e intese sottobanco, veti su persone sgradite e tradimenti inaspettati, vertici notturni e ricuciture di accordi già rotti, che hanno messo a dura prova i rapporti fra Salvini e Berlusconi. Un’operazione che, a parere di molti esperti, consegna al Paese un M5s dalla “pelle rinnovata”, capace di mettere da parte molte delle sue idee anti-sistema, per indossare i panni più pragmatici di una forza politica funzionale al sistema. La mancata conquista del tanto bramato potere assoluto, ha consigliato a Di Maio e compagni di mettere da parte, fin dal giorno dopo le elezione, molti degli slogan – “apriremo il parlamento come una scatoletta”, oppure “noi non trattiamo con nessuno, chi vuole venga a parlarci” – rientranti nel repertorio fin qui utilizzato. Anche fra i Cinque stelle vale l’idea che “il fine giustifica i mezzi”?

Il tempo dirà se si tratta di un improvviso adattamento alle prassi politiche fin qui criticate o di una mutazione nell’esclusivo interesse del Paese.  Ora è il momento di guardare avanti, alla formazione del governo. Con l’elezione dei presidenti delle Camere, il presidente della Repubblica può iniziare –  molto probabilmente lo farà dopo Pasqua – le consultazioni per la formazione del governo.

E ora come andrà a finire,  visto che nessuno ha i numeri per governare da solo? Questo e altri interrogativi ci accompagneranno da qui in avanti. L’alleanza fra centro destra e 5S per l’elezione dei presidenti delle Camere, è riproducibile per il governo? E, in tal caso, chi sarà il premier, Salvini o Di Maio, o un terzo ? E ancora, se la sentiranno Salvini, Di Maio e Berlusconi di accettare i punti qualificanti, ma spesso incompatibili fra loro, di quei programmi tanto criticati durante la campagna elettorale: reddito di cittadinanza, flat tax, cancellazione della legge “Fornero” sulle pensioni, revisione dei trattati europei, lotta all’immigrazione e tanti altri ancora? Ovvero, saranno disposti a rinunciare a taluni di essi anche a costo di tradire gli impegni presi con gli elettori? Perché Mattarella vorrà verificare non solo che vi siano i numeri per una maggioranza autonoma, ma che vi sia compatibilità fra i programmi, la situazione del Paese e i trattati europei. Qui “si parrà la nobilitate” di quelle forze politiche che hanno raccolto una larga messe di voti, ma che non hanno ottenuto i numeri sufficienti per onorare le tante promesse fatte. Anche perché governare, fare scelte, assumersi responsabilità, è tutt’altra cosa che criticare dai banchi dell’opposizione.

“I partiti – ha detto il presidente dei vescovi, Card. Gualtiero Bassetti – oggi hanno non solo il diritto, ma anche il dovere di governare e orientare la società. Per questo il Parlamento deve esprimere una maggioranza che interpreti non soltanto le ambizioni delle forze politiche, ma i bisogni fondamentali della gente, a partire da quanti sono più in difficoltà”.

(*) direttore “La Vita Diocesana” (Noto)