Film
In occasione della Pasqua, i film sulla vita di Cristo diventano occasione di riflessione e meditazione per la comunità tutta. Ecco la proposta della Commissione Cei valutazione film e del Sir
Uscito da due settimane nelle sale italiane, “Maria Maddalena” di Garth Davis si inserisce nel lungo e variegato filone cinematografico dedicato alla vita e alla Passione di Gesù. Il cinema biblico-cristologico è un genere ricorrente tra grande e piccolo schermo, soprattutto nelle industrie culturali europee e americane. In occasione della Pasqua, i film sulla vita di Cristo diventano occasione di riflessione e meditazione per la comunità tutta. Ecco la proposta della Commissione nazionale valutazione film della Cei e del Sir.
“Maria Maddalena” (2018)
È uno sguardo originale su Cristo il film “Maria Maddalena”, che approfondendo la figura della giovane donna salvata dall’incontro con il Signore diventa testimone della sua esistenza e del suo sacrificio. La messa in scena è sontuosa e spettacolare, non bilanciata a dire il vero da uno sguardo altrettanto accurato su situazioni e personaggi. È un racconto bello, pulito e persino smaltato nella composizione dell’immagine, ma che man mano che avanza rischia di perdere in intensità a favore di un’atmosfera fin troppo suggestiva. “Il copione sceglie la via più facile per accostarsi alla Croce, esaltando la componente visiva ma rischiando di perdere di vista la profondità della vicenda, la problematicità e la ricchezza della storia narrata. Il miracolo di Lazzaro, la crocifissione, la Resurrezione sono momenti che restituiscono certo i fatti di duemila anni fa, misteriosi e impenetrabili ma non trasmettono inquietudine, non sconvolgono e non lasciano in attesa della venuta del ‘Regno’. (…) per fare un buon film bisogna conoscere molto bene la materia che si intende trattare. Non piegarla alle esigenze dello spettacolo. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come complesso, problematico e adatto per dibattiti”. (Valutazione pastorale sul sito Cnvf.it).
“Il Vangelo secondo Matteo” (1964)
È tra i titoli più significativi del cinema italiano e internazionali dedicati alla figura di Cristo. Stiamo parlando del “Vangelo secondo Matteo” di Pier Paolo Pasolini, film che il regista, scrittore e poeta friulano realizza in pieno clima conciliare. Un’opera in bianco e nero, con un linguaggio poetico e asciutto, giocato tutto in sottrazione. Il testo di riferimento è il Vangelo di Matteo, cui si aggiungono le tematiche care a Pasolini, l’attenzione agli ultimi della società. Mons. Dario E. Viganò ha scritto in merito: spogliato “Cristo dai guanti di velluto con cui l’hanno dipinto precedenti registi [hollywoodiani], Pasolini recupera lo scandalo e la bellezza del messaggio evangelico contestualizzandolo nel Sud d’Italia tra gli sguardi trasparenti di attori non professionisti. Alternando diverse modalità espressive (…) il cineasta riesce a penetrare realisticamente nella materia trattata soffermandosi, da laico, sugli aspetti più disturbanti e crudi del sacro (….). Entrando da profano nel sacro, Pasolini, in realtà, profana consapevolmente la tradizione cinematografica della vita di Cristo ripulendola dagli abbellimenti edificanti e sfrondandola dall’iconografia devozionistica” (Cfr. D.E. Viganò, Gesù e la macchina da presa, Lateran University Press, 2005, p. 16).
“Gesù di Nazareth” (1977)
“Gesù di Nazareth” di Franco Zeffirelli è un progetto nato nel 1977 come sceneggiato in quattro puntate che ha avuto poi anche una versione cinematografia. Un’opera che raccoglie diverse suggestioni dai testi della Bibbia, affidata a una cura formale impeccabile, secondo il noto stile del regista Zeffirelli, che impreziosisce la scena e la caratterizzazione dei personaggi con richiami pittorici ricercati. Incisive le interpretazione di Robert Powell nel ruolo di Gesù e di Olivia Hussey in quello di Maria.
“Jesus Christ Superstar” (1973)
Si ispira all’opera rock di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice il film “Jesus Christ Superstar” portato sul grande schermo da Norman Jewison: gli ultimi sette giorni della vita di Gesù, sino alla morte in croce. Con una componente musicale senza precedenti, il film propone una narrazione ricca di colori, con richiami alla cultura hippy dell’epoca. La figura di Gesù (Ted Neeley) è tratteggiata in maniera fortemente umana; è un Messia che non compie miracoli, ma che è schiacciato dal peso della sua missione. Figura centrale della narrazione è Giuda (Carl Anderson), proposto non come traditore, bensì come “strumento provvidenziale”. Nel 1974 la Commissione film della Cei scrive: “Una tale fisionomia di spettacolo-fantasia-religiosa è esaltante e stimolante, anche per la ricchezza artistica del lavoro; merita perciò una raccomandazione, ma esige, tuttavia, un accostamento avveduto e cosciente. Raccomandabile/difficile” (“Segnalazioni cinematografiche”, vol. 76).
“The Passion of the Christ” (2004)
Ha suscitato interesse e dibattiti la rappresentazione delle ultime ore di vita di Gesù da parte di Mel Gibson nel film “The Passion of the Christ”. Ispirandosi ai Vangeli ma anche alle visioni della beata Anna Katharina Emmerick, Gibson racconta le ultime dodici ore della vita di Gesù. Prendendo le mosse anche dalle suggestioni della pittura nordeuropea e recuperando le ambientazioni del film di Pasolini, il regista propone una nuova rappresentazione della passione di Cristo con uno stile visivo molto duro, esplicito, caratterizzato da un linguaggio cinematografico contemporaneo, abituato a un’esibizione della violenza. Gibson ci mostra un Cristo sfigurato e tumefatto. La Commissione film della Cei ricorda come “dinanzi però a sì tanta violenza, enfatizzata non solo da immagini continuamente reiterate ma anche dall’utilizzo del rallenty, è il caso di rammentare che la morte di Gesù in croce ci salva non per la quantità del dolore subito – per quanto incalcolabile – ma per il fatto che Gesù ha vissuto l’infamante patibolo e l’immenso supplizio in assoluta fedeltà al Padre e in piena apertura d’amore all’umanità” (“Segnalazioni cinematografiche”, 2004).
“Su Re” (2013)
Ispirato ai Vangeli, “Su Re” di Giovanni Columbu è una rappresentazione della Passione ambientata in una Sardegna arcaica, dagli spazi brulli, tutto girato in dialetto; una povertà voluta, ricercata, nei luoghi così come nei volti degli interpreti. Un film profondamente francescano, lo ha definito lo stesso regista, colpito anche dall’elezione di papa Francesco. Forte è l’umanizzazione della figura di Cristo, lontano dai canoni classici cui il cinema ci ha abituato, in primis Zeffirelli. Gesù è l’immagine dell’uomo comune. Ci viene raccontata così la sua caduta e il suo calvario, con straordinaria intensità, in maniera poetica. “Parole e sguardo creano un humus profondamente spirituale, dicono che un cinema religioso oggi esiste, affidato a coraggio, lucidità, capacità di uscire dal convenzionale. Magari tra provocazioni sul piano espressivo e rischi su quello commerciale. Ma altrimenti che Vangelo sarebbe? Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come raccomandabile, problematico e adatto per dibattiti” (Valutazione pastorale sul sito Cnvf.it).
“Risen” (2017)
“Risen” (“Risorto”) di Kevin Reynolds propone la storia del tribuno militare Clavio, che viene scelto per sorvegliare il Sepolcro, per impedire ai discepoli di Gesù di sottrarne il corpo. Clavio cade nello smarrimento alla scoperta del sepolcro vuoto. Reynolds regala una prospettiva originale, concentrandosi sui giorni successivi alla morte di Cristo; scandaglia l’animo, il cuore, di un non credente in cui si accende la fiammella della fede. Il film “si snoda tra ragione e irrazionalità, come un ‘thriller’ da risolvere. (…) Le scene d’azione sono efficaci e non superano mai la soglia del facile ammaestramento. È evidente che il recupero di una dimensione semplice, mai enigmatica o ambigua è ciò che chiede la traduzione in immagini della storia della Resurrezione oggi. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti” (Valutazione pastorale sul sito Cnvf.it).
(*) Commissione nazionale valutazione film Cei