Società
I giovani possono comprendere i fondamenti etici di una democrazia e tentare una politica intessuta di valori oggettivi, invece che di slogan e pragmatismi tattici. I giovani possono aprire nuove strade, verso un’azione per il bene comune che riguarda tutti.
Lo spirito della Pasqua invita a vedere non la tomba vuota, ma la vita nuova che ne è uscita. La speranza pasquale induce a vedere e a cogliere le novità positive. Fra queste, va inserito un movimento di giovani che accende prospettive nuove. Pensiamo agli ottocentomila che hanno sfilato per le strade di Washington nella “march for our lives” (la marcia, o anche il marzo, per le nostre vite), per opporsi alla facile vendita delle armi e agli interessi delle relative holding. Pensiamo anche alla nostra città, in cui i giovani hanno dimostrato di voler partecipare alle scelte politiche a ragion veduta.
Sono corsi in più di duecento ad un incontro sul referendum costituzionale; erano almeno quattrocento a quello in prossimità delle ultime elezioni politiche. È un crescendo numerico già di per sé indicativo.
A Washington il movimento è nato in difesa della vita, la propria e degli altri, sfidando interessi finanziari.
Forse ci sono analogie con il movimento nato contro la guerra in Vietnam, che diede il La al movimento giovanile pacifista di quell’epoca anche in Europa. In parallelo, a Forlì come in altre città, l’andamento elettorale ha prodotto un rinnovamento nelle due Camere, al punto che il 65% dei deputati o senatori è composto da persone mai state prima in Parlamento, con una età media scesa notevolmente. I giovani non accettano più una politica gestita da chi pensa sia una cosa da elaborare nelle “camarille” da leader o da oligarchie, senza ascoltare la gente e, soprattutto, le giovani generazioni, consapevoli di dover affrontare una situazione più complessa di quella affrontata dai loro genitori. La globalizzazione finanziaria selvaggia, che ha premiato i già ricchissimi rendendoli ancora più ricchi, ha creato difficoltà per il lavoro, per la vita delle città e delle periferie dimenticate, per l’ambiente degradato, per la custodia dei beni collettivi. Se le giovani generazioni cominciano a prendere coscienza di tutto questo e noi adulti non li ascoltiamo, potrebbero crearsi situazioni sgradevoli. Si tratta dei
nostri figli e nipoti. Un conflitto generazionale non serve, anzi, dovremmo stare con loro, che non hanno sovrastrutture ideologiche e culturali indurite come le nostre. Loro possono comprendere i fondamenti etici di una democrazia e tentare una politica intessuta di valori oggettivi, invece che di slogan e pragmatismi tattici. I giovani possono aprire nuove strade, verso un’azione per il bene comune che riguarda tutti.
(*) direttore “Il Momento” (Forlì-Bertinoro)