Società
“Popolo e bene comune” sono parole che dovrebbero suggerirci qualcosa. Sul parallelo di queste similitudini che intersecano la storia del nostro Paese, sono intervenuti i vescovi italiani (pastori) della Cei. Pastori e politici insieme per il bene comune?
C’è qualcuno che ha avvicinato la pastorale alla politica. In realtà, a pensarci bene, sono distinte ma non separate; anche se specificatamente diverse, insistono sul medesimo soggetto e tendono al medesimo scopo. “Popolo e bene comune” sono parole che dovrebbero suggerirci qualcosa. Sul parallelo di queste similitudini che intersecano la storia del nostro Paese, sono intervenuti i vescovi italiani (pastori) della Cei. Pastori e politici insieme per il bene comune?
Non vorremmo che fosse un sogno proibito! Si è concluso agli albori della primavera il Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana (Cei) ed è il presidente cardinale Bassetti a leggere il testo conclusivo: “Davanti allo scenario che si è aperto nel Paese con le elezioni, vorrei tentare di dare voce unanime a quanto, come vescovi, ci siamo detti in questi giorni”. I segni dell’inverno vengono assunti come metafora della attualità politica: la paura del futuro è legata al tasso di disoccupazione, al livello di impoverimento delle famiglie, al senso di abbandono delle periferie. L’inverno si esprime anche nella paura del diverso, particolarmente dell’immigrato fino ad assumere forme involute del principio di nazionalità. Non solo, si acuisce in un disagio che può diventare risentimento, litigiosità e rabbia sociale, in un vento glaciale di violenze e presunzione di possesso sulle persone, in particolare donne e bambini. C’è inverno anche nella disaffezione ampiamente diffusa verso la politica tradizionale, nelle rivalse, nelle forme di protagonismo e di potere dal basso attivo. Non ci sono facili soluzioni con cui uscire dall’inverno politico. E comunque la via non può risolversi nella solita scorciatoia, guai se “il particulare” assurgesse a metro, a regola del vivere sociale, allora diverrebbe davvero impossibile per tutti amministrare la cosa pubblica. Per uscire da questo clima e ripartire – suggeriscono i vescovi- dobbiamo ritrovare una visione ampia e condivisa: un “progetto-Paese” che apra un “dialogo sociale” per dirsi le cose in maniera trasparente e costruttiva e consenta di elevarsi al piano di una cultura solidale.
“Su questo fronte come Chiesa ci siamo. Ci siamo con l’onestà di chi riconosce che l’inverno può presentare anche il volto di una fede che incide poco. Una fede, in definitiva, spesso dissociata dal giudizio sulla realtà sociale e dalle scelte conseguenti, che invece dovrebbe generare. Se questo può accadere, come Chiesa abbiamo una ragione in più per rinnovare la disponibilità a continuare a fare la nostra parte”.
(*) direttore emerito “Il Nuovo Amico” (Pesaro-Fano-Urbino)