Politica
Tornare al voto con questa legge elettorale vuol dire giocare all’azzardo con il futuro del Paese. Se si dovesse votare c’è il rischio reale che ci si ritrovi nella stessa attuale situazione di stallo, incapaci di dare al Paese un governo degno di tale nome. Ecco dunque profilarsi sempre più forte l’ipotesi di un governo istituzionale, o del Presidente, con pochissimi precisi compiti tra cui rifare (per l’ennesima volta) la legge elettorale, nella speranza che questa volta sia quella buona.
Matteo Salvini, una volta certo del trionfo in Friuli Venezia Giulia, ha lanciato simbolicamente a Luigi Di Maio un due di picche. I due leader dei movimenti populisti usciti vincitori dalle urne, in effetti, in queste settimane post elettorali (sono già nove!) hanno dato l’idea di essere impegnati in una delicata partita a carte, fatta di bluff, rilanci, mezze intese, mosse azzardate per far scoprire l’avversario. Il presidente della Repubblica ha dato le carte, osservando, rigorosamente e puntigliosamente, le regole “del gioco”. Ora però i giocatori sembrano essersi incartati. Ed è già emersa, in particolare nel leader Cinque Stelle, la tentazione di far saltare il banco e tornare al voto con la speranza di vedere se il prossimo mazzo di carte è più favorevole.
Ma il destino del nostro Paese vale un po’ più di una partita a briscola. Per questo l’invito di Di Maio di andare quanto prima alle urne appare irresponsabile e comprensibile solo (forse), se animato dall’obiettivo di far fare a Salvini una mossa falsa.
La probabilità che questa legislatura finisca anzitempo, già molto elevata all’indomani del voto, è via via cresciuta, con il passare delle settimane. Ma tornare al voto con questa legge elettorale vuol dire giocare all’azzardo con il futuro del Paese. Se si dovesse votare c’è il rischio reale che ci si ritrovi nella stessa attuale situazione di stallo, incapaci di dare al Paese un governo degno di tale nome. Ecco dunque profilarsi sempre più forte l’ipotesi di un governo istituzionale, o del Presidente, con pochissimi precisi compiti tra cui rifare (per l’ennesima volta) la legge elettorale, nella speranza che questa volta sia quella buona.
Nel frattempo forse si capirà cosa vogliono fare gli altri attori (comparse?!) politici oltre a Cinque Stelle e Lega. Forza Italia sembra impegnata a giocare di rimessa nel tentativo di non farsi annettere dal partito di destra di Salvini. Il Pd si attorciglia in grandi dibattimenti riuscendo a non fare l’unica cosa che servirebbe: una profonda e coraggiosa autocritica degli errori che l’ha condotto a questo stato di pre-coma politica. La classe politica artefice di un disastro con pochi precedenti, in sostanza non sa bene cosa fare, ma sta comunque al suo posto. L’inglese David Cameron, dopo l’esito drammatico del referendum sulla Brexit, si dimise e scomparve. Per Renzi e il suo giglio magico il leader inglese non rappresenta evidentemente un modello da imitare. Chi invece sembra inabissata è la Sinistra radicale. Leu, il partito di Piero Grasso, Laura Boldrini, Roberto Speranza senza dimenticare Massimo D’Alema sembra scomparso, incapace di mettere in campo una qualche minima strategia.
(*) direttore “La Voce dei Berici” (Vicenza)