Visita pastorale

Papa a Tor de’ Schiavi: una casa famiglia per gli “scartagonisti”

Il 6 maggio Papa Francesco visiterà la parrocchia romana del SS. Sacramento a Tor de’ Schiavi. Inaugurerà la “Casa della gioia” per persone con disabilità e impartirà la Cresima a Maia – una bambina che soffre della stessa malattia di Charlie Gard e Alfie Evans – e a sua madre. Il parroco, don Maurizio Mirilli: “A una settimana dalla morte di Alfie, è la più bella risposta alla sua storia”. L’esperienza di “Quartieri solidali” e “Condomini solidali”. Le testimonianze dei volontari e delle famiglie.

foto SIR/Marco Calvarese

Si chiama Maia e ha quasi 12 anni. Domenica prossima riceverà la Cresima dal Papa, insieme a sua madre. Un evento nell’evento, per la terza visita pastorale che Francesco compirà quest’anno, il 6 maggio, ad una parrocchia romana, il Santissimo Sacramento a Tor de’ Schiavi, 25mila abitanti in un quartiere semiperiferico nella zona Sud della Capitale. Maia è affetta dalla stessa malattia di Charlie Gard e Alfie Evans. “Ad una settimana dalla morte di Alfie, è la risposta più bella alla sua storia e a quella degli altri bambini che si trovano nella stessa condizione”, dice il parroco, don Maurizio Mirilli, mentre ci racconta una storia di vita che ha il sapore dell’accoglienza coinvolgente e integrale di quelli che lui definisce “gli scartagonisti”: gli scartati dagli uomini e dalla società. Quelli che, da vittime della “cultura dello scarto”, come la chiama Papa Francesco, diventano protagonisti non solo della loro esistenza ma anche quella degli altri. Come i 7 disabili che andranno ad abitare nella “Casa della gioia”, che il Papa inaugurerà proprio domenica. Tutta la parrocchia, e per contagio tutto il quartiere, li ha adottati. Ed è solo l’inizio.

Un tetto agli “scartagonisti”. È cominciato tutto da un grido di dolore. Quello sordo, ma straziante di alcune mamme con figli disabili che hanno chiesto al parroco un aiuto per quando sarebbero rimasti senza famiglia. Tre anni fa, durante gli esercizi spirituali al clero romano, don Maurizio ha sentito il card. Tagle commentare l’episodio evangelico del paralitico che viene calato dal tetto per essere guarito da Gesù. Il commento del cardinale, racconta don Maurizio – è stato:

“Oltre a spalancare le porte delle nostre chiese, Gesù ci chiede addirittura di scoperchiare i tetti”.

Così, il tetto della chiesa del Santissimo Sacramento, oggi, è diventato la “Casa della gioia”: i locali prima utilizzati come aule di catechismo e poi adibiti a magazzino sono ora stanze colorate di giallo, arancio, blu per ospitare i disabili del quartiere. Di giorno, “Casa della gioia” è un centro che accoglie altri gruppi di disabili per laboratori di pittura o musicoterapia.

“Sotto c’è l’Eucaristia celebrata, sopra c’è l’Eucaristia vissuta”,

spiega don Maurizio ricordando gli ingredienti che hanno dato ossigeno al suo sogno ora diventato realtà, in soli due anni. Il 14 settembre scorso è stato sollecitato ad andare a messa dal Papa a Santa Marta, come fanno a turno tutte le parrocchie romane. “Invece di portare con me i rappresentanti del Consiglio pastorale, ho deciso di portare gli scartagonisti: 20 disabili, insieme al progetto di Casa della gioia. Il Papa mi ha risposto: ‘Mi hai portato la parte migliore. Parla col vicario, voglio venire io a inaugurarla’”.

Opera-segno. Don Maurizio, parroco al Santissimo Sacramento da quasi quattro anni, ci tiene a precisare che “Casa della gioia” è stata interamente finanziata dalla comunità parrocchiale, “ma il mandato è diocesano, rimarrà un’opera-segno del Vicariato anche quando io non ci sarò più”.

L’obiettivo spiega, è “formare e informare le famiglie sulla possibilità di adottare i disabili scartati dalle liste previste dal Tribunale per le adozioni”.

A “Casa della gioia” i 7 disabili ospiti saranno accuditi da due suore salesiane della Congregazione di San Filippo Smaldone, da una laica e dai “Figli della gioia”, un gruppo di 50 volontari della parrocchia a disposizione per tutte le attività della casa, dalla cucina al tempo libero. Silvia e Monica occupano una delle stanze: sono amiche dalla nascita, ora hanno 42 e 43 anni. La mamma di Monica è malata già da tempo, ma ha la gioia dipinta nel volto: ora sa che sua figlia ha un futuro. I genitori di Silvia possono guardare la figlia dalla finestra: la loro casa è proprio davanti alla sua stanza. Lella, Nuccia, Laura sono tre volontarie col sorriso: nella casa fanno un po’ di tutto, quello che serve, alcune di loro hanno già fatto esperienza di ascolto dei bisogni della gente nel progetto “Condomini solidali”, una sala condominiale attivata nelle case popolari, al n. 241 di Via Olevano Romano, per venire incontro alle esigenze più urgenti dei bambini e degli anziani.

In uscita nel quartiere. La parrocchia del SS. Sacramento è stata una delle pioniere, a Roma, del progetto “Quartieri solidali” promosso dalla Caritas. Mentre ce ne parla, Laura tradisce l’emozione per l’arrivo del Papa, condivisa da Valentina, la sua amica in carrozzella che sa a memoria la data dell’inizio di questa esperienza: tre anni fa, il 20 ottobre 2015. “Facciamo assistenza leggera agli anziani”, spiega: “Li aiutiamo a fare la spesa, a pagare le bollette, negli spostamenti per andare dal medico, nel disbrigo delle pratiche”. Nel quartiere i volontari che tengono in piedi questo servizio sono ormai diventati un punto di riferimento. Un volontario speciale è Claudio, buddista dal 1985. Quando è arrivato don Maurizio, Claudio è rimasto sorpreso dalla sua vitalità e gli ha chiesto se poteva essere utile in qualche modo: “Quartieri solidali” stava nascendo proprio allora e il parroco lo ha invitato a partecipare. “Qui un Papa non è mai arrivato”, dice a proposito dell’arrivo di Francesco: “Spero di incontrarlo per digli grazie per quello che fa”. Per cercare di descrivere come si sente oggi, Claudio si lascia andare ad un ricordo: “Abitavo a piazza della Cancelleria. Quando Giovanni XXIII pronunciò il suo famoso discorso alla luna, io c’ero. Ero piccolino, sulle spalle di mio padre, in mezzo a migliaia di persone incolonnate su Corso Vittorio. C’era anche mio nonno, un anarchico che voleva vedere il Papa buono. Oggi mi sento emozionato come allora: mi avvicino con cuore puro a un uomo che ha un cuore grande. Un gigante della storia”.