Dicastero per i laici, la famiglia e la vita
Alla vigilia dei mondiali di calcio, il Dicastero per i laici, la famiglia e la vita ha diffuso un documento per “dare il meglio di sé” nello sport, e pronunciare un “no” deciso a piaghe come il doping, gli abusi, la riduzione del corpo a merce e la corruzione, anche quella delle scommesse sportive. Stelitano: “Un documento che possono leggere tutti”
Mentre cresce l’attesa – un po’ meno in Italia, vista la mancata presenza dei nostri atleti in campo – per l’inizio dei mondiali di calcio in Russia, il Dicastero per i laici, la famiglia e la vita diffonde “Dare il meglio di sé”, il primo documento programmatico della Santa Sede sul mondo dello sport, con il quale la Chiesa intende “dialogare con tutte le persone e le organizzazioni che si impegnano a difendere i valori presenti nell’esperienza sportiva”. Destinatari del testo, che ha un taglio divulgativo e non scientifico: “Atleti, insegnanti, allenatori, genitori, persone per cui lo sport è una professione o una vocazione”. “Lo sport appartiene alla cultura di ogni Paese: tutti sanno cos’è e lo praticano, anche se in modo diverso”, fa notare Antonella Stelitano, membro della Società italiana di storia dello sport (Siss), che da consulente esterna ha collaborato alla redazione del testo e lo ha presentato in sala stampa vaticana insieme al card. Kevin Farrell, prefetto del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita. Lo sport, diceva Pierre De Coubertin, l’inventore dei moderni Giochi Olimpici e del Comitato Olimpico Internazionale, a proposito dell’universalità del suo messaggio, serve a “rendere il mondo più pacifico e migliorarlo”. Nella sua fitta corrispondenza con quest’ultimo, Pio X – sottolinea l’esperta – “ha ben chiaro il concetto per cui lo sport supera i confini degli Stati. E proprio per abbattere questi confini apre anche il palazzo apostolico alle esibizioni degli sport allora più in voga”.
Nel messaggio che ne ha accompagnato la pubblicazione, Papa Francesco esorta a “dare il meglio di sé” – come recita il titolo del nuovo testo, preso da alcune sue recenti espressioni dedicate a questo tema – per dare vita attraverso la pratica sportiva a una “cultura dell’incontro” senza distinzioni di razza, sesso, religione o ideologia, unico serio antidoto all’individualismo dilagante e alla “cultura dello scarto”.
Generosità, umiltà, sacrificio, costanza e allegria, ma anche spirito di gruppo, rispetto, sano agonismo e solidarietà con gli altri: sono queste, per Francesco, le virtù e i valori dello sport da trasmettere ai giovani, tramite una proposta di formazione che punti allo sviluppo integrale della persona. A partire dagli oratori, diffusi nelle nostre parrocchie, dal mondo della scuola e dall’associazionismo.
“Oggi c’è bisogno di un fondamento etico forte, e questo non lo richiede solo un mondo cattolico”:
nell’assicurarlo Stelitano cita la “Carta degli atleti” varata in questi giorni dal Comitato olimpico internazionale, in cui si registrano importanti consonanze tra le istanze della Santa Sede e quelle degli addetti ai lavori. Lo sport è sì, come attestavano gli antichi, palestra di vita, ma le strumentalizzazioni sono dietro l’angolo, come si legge nel testo nella parte dedicata alle “quattro sfide per lo sport del nostro tempo”: lo svilimento del corpo, il doping, la corruzione, le possibili ambiguità di tifosi e spettatori, che possono degenerare nella violenza fisica e verbale, nel razzismo o in “ideologie estremiste”.
“Una cosa è rispettare le regole del gioco per evitare di essere sanzionati dall’arbitro o squalificati per una violazione del regolamento. Altra cosa è essere attenti e rispettosi dell’avversario e della sua libertà indipendentemente da qualsivoglia ricaduta regolamentare”.
È la parte del documento in cui si afferma che oggi c’è sempre più bisogno di “fair play” nello sport, per far sì che il gioco sia pulito. Il fair play è messo in crisi da frodi e doping, e per combatterlo non basta “appellarsi alla morale individuale degli atleti”, servono sforzi internazionali concreti e coordinati che coinvolgano anche i media, la finanza, la politica.
“Non è accettabile che gli atleti siano considerati come merce”,
l’altro monito del testo, in cui si denunciano con forza tutte le “situazioni di abusi di bambini, fisici, sessuali o emotivi, da parte di allenatori, preparatori o altri adulti”, e si denunciano i possibili rischi per la salute, dovute al processo di “automatizzazione degli atleti“, da parte di genitori, allenatori e società sportive “interessati ad assicurarsi il successo e a soddisfare le speranze di medaglie, record, borse di studio scolastiche, contratti di sponsorizzazione e ricchezza”. Tutte aberrazioni, queste, che impongono ai ragazzi allenamenti non sostenibili per la loro età, con “danni al corpo umano che non possono essere avallati“, come nel caso delle giovani ginnaste, costrette a rimanere magre e vittime di un’angoscia che porta a sviluppare disturbi dell’alimentazione in percentuali molto più alte rispetto alla media della popolazione femminile in generale.
“Le scelte riguardanti il mondo sportivo sono ormai decise da attori esterni ad esso per interessi di carattere finanziario o politico”,
la denuncia a proposito della corruzione dilagante nel mondo dello sport, e che non riguarda solo il singolo evento sportivo. Senza contare le scommesse sportive e le stesse responsabilità di tifosi e spettatori, quando degenerano in forme di violenza o di odio razziale. Anche alcuni presunti progressi potrebbero in realtà rivelarsi controproducenti, sostiene Stelitano a proposito dell’eventuale introduzione, nei Giochi Olimpici, anche degli sport elettronici, quelli che si giovano davanti alle “playstation”: “Spero che non vengano inseriti”, dice a titolo personale: “Si giocano da soli, manca l’aspetto relazionale e quello educativo”.