Politica
Non resta che augurarci che, se – come pare – il governo durerà abbastanza, arrechi davvero a tutti i benefici di un sano cambiamento
Come sempre fatto per ogni altro governo, non possiamo che augurare buon lavoro anche per la nuova avventura del prof. Giuseppe Conte, che martedì al Senato e mercoledì alla Camera ha incassato un’ampia fiducia alla sua formazione pentaleghista, già entrata nel pieno delle funzioni con alcuni ministri prodighi di dichiarazioni e di progetti. Questo, del resto, è il governo del “cambiamento”: e chi non spera che le cose cambino davvero, ovviamente in meglio? Nel discorso pronunciato a palazzo Madama e fatto pervenire a Montecitorio il neo-presidente del Consiglio ha seguito la traccia del “contratto” predisposto dai diarchi Di Maio e Salvini riuscendo a mettere insieme le esigenze di entrambi cercando di smussare gli angoli, ma rivendicando come pregi il “populismo” (nel senso di ascoltare il popolo) e il “sovranismo” (nel senso di difendere il ruolo dell’Italia).
Non mancano, del resto, aspetti positivi e condivisibili in quanto annunciato dal premier: la conferma dell’alleanza occidentale (ma con un occhio di riguardo a Putin); la conferma della fedeltà all’Ue (pur con l’intenzione di trasformarla), la diminuzione delle tasse (pur con gradualità); il rafforzamento dei centri per l’impiego e la successiva introduzione di un reddito di cittadinanza, finalizzato certo all’inserimento lavorativo dei disoccupati; persino una “pensione di cittadinanza” con la riduzione invece di quelle troppo alte e ingiustificate; l’inasprimento delle misure anti-evasione e anti-corruzione; una maggiore attenzione alle famiglie, specie a quelle in difficoltà, e ai “cittadini diversamente abili”, la riorganizzazione del sistema di accoglienza degli immigrati, difendendo quelli regolari da ogni sfruttamento e accelerando le pratiche per la verifica dello “status” di rifugiato…; c’è anche un’attenzione particolare per il “terzo settore” riconoscendolo come veicolo di solidarietà a favore delle persone più fragili. Davvero, queste ed altre prospettive positive, sono – ci pare – desiderabili e condivisibili da tutti; anche se, ovviamente, l’opposizione – per quanto debole e spaesata – non ha risparmiato e non risparmierà le sue critiche. Il cambiamento, procedendo su queste linee, non potrà che portare buoni frutti. A meno che – come non pochi temono – non si tratti solo di un elenco di buone intenzioni destinate a naufragare di fronte agli inevitabili ostacoli.
Gli imprevisti non mancheranno, la necessità di confrontarsi con gli interlocutori internazionali e col mercato (odioso, ma reale) potrà porre altri limiti. Soprattutto, la disparità di visuale tra i due partiti “contraenti” non mancherà di emergere… Rimane la perplessità sul ruolo di Conte che – ennesimo premier “tecnico” o “non eletto”, tanto da essere ritenuto “collega” da Renzi – dovrà mediare tra i gestori “politici”. I quali, forti del consenso popolare e tenendo presenti i sondaggi, calibreranno la loro azione. In ogni caso, non resta che augurarci che, se – come pare – il governo durerà abbastanza, arrechi davvero a tutti i benefici di un sano cambiamento.
(*) direttore “Nuova Scintilla” (Chioggia)