Società
I tempi in cui viviamo sono difficili. Possono progressivamente e inavvertitamente incattivirci (se non lo hanno già fatto). Possiamo – nel nome di un pur legittimo desiderio di sicurezza e di legalità – rischiare di passare sopra al nostro senso di umanità: quello stesso senso che ci fa indignare, quando vediamo dei bambini maltrattati, e gioire, quando sentiamo la bellezza di essere una comunità in festa. Facciamo attenzione, perché non è scontato né ovvio conservare la capacità di restare umani.
Pochi giorni fa tramite la sua portavoce, Melania Trump, moglie di Donald, ha fatto sapere che “odia vedere bambini separati dalle loro famiglie” e ha espresso la speranza che entrambi gli schieramenti – i repubblicani e i democratici – possano lavorare insieme per un’efficace riforma delle leggi sull’immigrazione. Questa è la prima volta che la first lady interviene esplicitamente su una questione politica, commentando la situazione di alta tensione che si è creata al confine col Messico: qui le forze dell’ordine statunitensi – applicando in termini ferrei la legge vigente – hanno separato i figli dai genitori messicani (e anche di altri Paesi sudamericani), che avevano attraversato clandestinamente il confine con gli Stati Uniti. Sempre Melania – nel marzo scorso – ha consegnato il premio internazionale “donne di coraggio”, attribuito dal Dipartimento di Stato Usa, a suor Maria Elena Berini, religiosa di 74 anni originaria di Sondrio, attualmente a Bangui, nella Repubblica Centrafricana, dove gestisce un istituto di 1.300 bambini: “Togliamo dalle mani dei bambini i fucili e sostituiamoli con i libri” è il motto della “suora coraggio”. Nel 2017 lo stesso premio era stato conferito – sempre da Melania Trump – ad un’altra consacrata: suor Carolin Tahhan Fachakh, salesiana, direttrice della comunità di Damasco, che ha lavorato e continua a lavorare instancabilmente per sostenere le esigenze delle popolazioni più vulnerabili della Siria, in particolare in favore dei bambini.
Qualcuno potrà ritenere queste apparizioni – piuttosto misurate per la verità – della first lady come delle abili mosse politiche per mostrare il “volto buono” dell’amministrazione Trump. In ogni caso, augurandoci che non sia solo questo, resta il fatto che dinanzi ad alcune esperienze tutti – ma proprio tutti – si fermano un istante a riflettere. Mi riferisco alla sofferenza dei bambini – a qualsiasi latitudine – e alle scene girate ai confini del Messico di quei figli, che separati dai loro genitori sono stati posti in gabbie di metallo. “Questo non va bene” sembra abbia detto Trump in persona, che pur promuove una linea dura contro l’immigrazione clandestina. Pertanto ci si attende che a breve ci saranno dei cambiamenti nel trattamento dei minori.
Si è fermata anche Vittorio Veneto, sabato e domenica scorsi, in occasione dell’adunata triveneta degli Alpini. Certo, si è trattato di un contesto del tutto diverso, fatto di bandiere tricolori, di canti, di raduni: un momento di festa comunitaria che ha messo d’accordo – per una volta – destra e sinistra, laici e cattolici… Come a dire che abbiamo bisogno di occasioni di questo genere, in cui riconoscerci comunità o – per usare un termine caro a Papa Francesco – per sentirci un unico “popolo”.
I tempi in cui viviamo sono difficili. A livello mondiale, nel 2017, si calcola siano state circa 70 milioni le persone costrette a lasciare il proprio Paese. Questi tempi possono progressivamente e inavvertitamente incattivirci (se non lo hanno già fatto). Possiamo – nel nome di un pur legittimo desiderio di sicurezza e di legalità – rischiare di passare sopra al nostro senso di umanità: quello stesso senso che ci fa indignare, quando vediamo dei bambini maltrattati, e gioire, quando sentiamo la bellezza di essere una comunità in festa. Facciamo attenzione, perché non è scontato né ovvio conservare la capacità di restare umani. Sotto questo profilo, le donne hanno una sensibilità speciale, che noi tutti dovremmo ascoltare di più.
(*) direttore “L’Azione” (Vittorio Veneto)