Migranti e accoglienza
Per comprendere occorre mettersi dall’altra parte. Non si può giudicare rimanendo a ballare in acqua mentre sullo sfondo una nave è carica di migranti che nessuno vuole. L’immagine che gira sul web da lunedì scorso ci inchioda alle nostre responsabilità
Per comprendere occorre mettersi dall’altra parte. Non si può giudicare rimanendo a ballare in acqua mentre sullo sfondo una nave è carica di migranti che nessuno vuole. L’immagine che gira sul web da lunedì scorso ci inchioda alle nostre responsabilità.
“Una foto, due Mediterranei” è il titolo di un pezzo a commento firmato da Marina Corradi su Avvenire di martedì scorso. “Quell’immagine della spiaggia – scrive la notista del quotidiano cattolico – è una metafora di questa Europa che chiude i porti e alza i muri, e pensa a sé, e ad altro. E questo fa male”.
Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, su questo tema così delicato, controverso e divisivo si sta giocando tutta la sua partita politica. E il vento in poppa di queste prime settimane di governo gli sta dando ragione, come i successi elettorali alle amministrative di domenica scorsa hanno confermato con ampiezza.
Un conto, comunque, sono i proclami e i ragionamenti costruiti sugli slogan buoni sì e no per il bar dello sport. Un altro sono le decisioni da prendere sulla pelle della povera gente, quella appunto che vede e vive le situazioni stando dall’altra parte, sull’altra sponda.
Rende benissimo l’idea di quanto sto qui scrivendo la poesia “La valigia” di Dino Pieri (cfr pag. 23) redatta nel 1979, quando di migranti non se ne scorgeva neppure l’ombra. Per comprendere, per tentare anche solo di capire, occorre ribaltare la prospettiva, come invita a fare la lirica del compianto letterato cesenate. Tutto, però, ora sembra inutile.
Allo stesso tempo, non ci si può non porre una domanda che rimane pesante: si possono tenere in balìa delle onde centinaia di persone? È umano questo atteggiamento? Non esiste più il dovere di soccorrere chi è in pericolo? Il diritto internazionale che fine ha fatto? Il dovere di aiutare dipende dal colore della pelle di chi sta per affogare?
Non ha usato mezzi termini domenica scorsa il vescovo Douglas Regattieri all’inizio della messa per il patrono di Cesena, san Giovanni Battista. Ha parlato di “un’odissea che ci copre di vergogna”, riferendosi agli oltre 200 migranti a bordo della nave della ong tedesca Lifeline in mezzo al mare da giorni. E poi ha aggiunto: “Stiamo smentendo e tradendo la tradizionale nostra ospitalità”.
Per affrontare con serietà il complesso problema, ci vuole “una risposta comune”, ha detto il cardinale segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, in un’intervista rilasciata all’agenzia Sir. Di certo, ha aggiunto, “i porti chiusi non sono una risposta”.
Noi, invece, siamo ancora qui a discutere, a disquisire e a ballare in spiaggia mentre a breve distanza altri uomini e donne e bambini chiedono aiuto e nessuno li ascolta. Noi compresi.
(*) direttore “Corriere Cesenate” (Cesena-Sarsina)