Unione europea

Brexit, il grido dei vescovi inglesi e irlandesi: “Uscire dall’Ue non significa uscire dall’Europa. A rischio accordi di Venerdì Santo”

Mancano circa 5 mesi al 29 marzo 2019, giorno in cui il Regno Unito uscirà dall’Ue. Oltre a mettere in discussione rapporti commerciali, finanziari, lavorativi, culturali e sociali tra Ue e Regno Unito, il Brexit potrebbe avere conseguenze anche sull’Accordo di Venerdì Santo del 1998 che pose fine alla guerra civile in Irlanda del Nord, riaprendo la questione dei confini. Le testimonianze di mons. Nicholas Hudson, vescovo ausiliare di Westminster (Londra), e di mons. Noel Treanor, vescovo di Down e Connor (Irlanda), la cui diocesi si estende in Irlanda del Nord

L’Accordo sul Brexit è fatto “al 95%”. Le rassicurazioni del Primo ministro inglese Theresa May alla Camera dei Comuni, nei giorni scorsi, sono giunte come una doccia gelata sulla testa delle circa 700mila persone che il 20 ottobre hanno marciato a Londra,  verso il Parlamento, per chiedere un referendum sull’accordo finale, dopo quello del 2016, sul Brexit, in discussione tra Londra e Bruxelles. Le difficoltà e i timori sui negoziati, infatti, avevano riacceso le speranze di chi, nel Regno Unito, fino all’ultimo aveva sognato la vittoria dei “Remain” o meglio dei “Bremain” al referendum del 23 giugno 2016. Salvo poi infrangersi sul muro del 48% di suffragi. Un sogno accarezzato ma adesso da riporre nel cassetto così come le bandiere blu a 12 stelle dorate, rappresentanti gli ideali di unità, solidarietà e armonia tra i popoli d’Europa. In attesa di tempi migliori, se mai verranno.

Michel Barnier

Intanto si continua a trattare e tra i punti più spinosi quello della creazione di uno spazio doganale comune fra Ue e l’intero Regno, senza distinzioni fra l’Irlanda del Nord e la Gran Bretagna. Come è noto, infatti, l’Irlanda, è divisa politicamente in Irlanda del Nord, che fa parte del Regno Unito, e Repubblica di Irlanda, ma fino ad oggi i due Paesi sono uniti poiché non esiste frontiera. In caso di mancato accordo sul Brexit tornerebbe un confine fisico, lungo 360 chilometri – che nessuno vuole – e che potrebbe diventare la tomba dell’Accordo del Venerdì Santo (10 aprile 1998) che pose fine a tre decenni di guerra civile in Irlanda del Nord con oltre 3.600 morti, tra i quali circa 2000 civili.

Mons. Nicholas Hudson

 

Relazioni da mantenere. “Uscire dall’Ue non vuol dire uscire dall’Europa”. È la convinzione espressa al Sir da mons. Nicholas Hudson, vescovo ausiliare di Westminster (Londra), parlando a margine dell’assemblea plenaria della Commissione degli episcopati dell’Ue (Comece) che si è svolta nei giorni scorsi a Bruxelles. Tra i temi all’ordine del giorno anche il Brexit illustrato da Michel Barnier, capo negoziatore dell’Ue con il Regno Unito. “Nel 2016 – afferma il vescovo – molti cittadini del Regno Unito pensavano che l’uscita dall’Ue sarebbe stata facile; dopo 18 mesi capiscono che non è cosi.  Il negoziato per il Brexit si mostra sempre più complesso man mano che si avvicina la fatidica data del 29 marzo 2019, ore 23, quando tutto – si dice – dovrà essere stato definito. Le conseguenze che questo avrà sulla società inglese sono ancora lungi dall’essere ben chiare”.

“La Chiesa non entra nel merito delle scelte politiche – si affretta a dire mons. Hudson – il Premier inglese, Theresa May, ha già detto che non ci sarà un secondo referendum. Da parte nostra non possiamo non temere il fatto che tutto quel patrimonio di relazioni, rapporti sociali, commerciali, umani e culturali, cresciuto in questi decenni,  possa venire meno o messo a repentaglio dall’uscita dall’Ue. Siamo vigili perché ciò non accada. La Chiesa vuole cercare di mantenere i ponti e i legami”. Da qui la certezza di mons. Hudson e di tutto l’episcopato cattolico del Regno Unito:

“Uscire dall’Ue non vuol dire uscire dall’Europa”.

“Il ruolo della Chiesa – ribadisce – è anche quello di annunciare con vigore il dialogo e la condivisione e avvertire delle conseguenze che la Brexit avrà per la società”. In ballo ci sono, afferma l’ausiliare di Westminster, citando il Premier inglese, “una mobilità dei lavoratori stranieri, soprattutto quelli generici (no skilled workers) che potrebbe avere delle restrizioni, le necessità di chiedere un visto per quelle famiglie in cui un membro non è suddito della Regina, il pagamento di un visto matrimoniale per quelle coppie in cui uno dei due è straniero”. Ma preoccupa anche “l’aumento dei crimini di odio, registrato subito dopo il referendum del 2016 e mai calati al di sotto della media pre-Brexit”. Un fronte, quello dei crimini di odio che vede “la Chiesa in prima linea”. Nonostante ciò, mons. Hudson si dice convinto che:

“Tra Regno Unito e Ue i rapporti resteranno saldi ed entrambi cammineranno su una strada comune. Abbiamo, infatti, bisogno l’uno dell’altro. Quello dell’Unione è un progetto di pace e il Regno Unito avrà sempre una parte significativa nel Vecchio Continente e per questo deve essere messo in condizione di contribuire allo sviluppo dell’Europa”.

“Anche se non saremo più seduti al tavolo dei 27 Paesi membri – conclude il vescovo – continueremo a tessere molti legami nel campo della scienza, della ricerca, della cultura. Le nostre relazioni dovranno continuare ad essere sempre più profonde”.

Mons. Noel Treanor

 

Riconciliazione a rischio. Preoccupato per le conseguenze del Brexit è anche mons. Noel Treanor, vescovo di Down e Connor (Irlanda), diocesi della Chiesa cattolica in Irlanda, il cui territorio si estende nell’Irlanda del Nord. Il vescovo sa bene che un ritorno del confine tra Dublino e Belfast potrebbe riaprire vecchie ferite. E come mons. Hudson, rimarca “l’incertezza” sul futuro. L’incontro avuto a Bruxelles, all’assemblea Comece, con il capo negoziatore dell’Ue Michel Barnier, non ha fatto altro che aumentare questa convinzione. “Il Brexit – dice al Sir – avrà un impatto profondo sulla vita economica, politica e sociale dei cittadini nordirlandesi. Le economie dell’Irlanda del Nord e della Repubblica di Irlanda si sono totalmente integrate, in particolare in questi ultimi 20 anni, dopo l’accordo del Venerdì Santo del 1998 tra Regno Unito e Repubblica di Irlanda e fra quest’ultima e l’Irlanda del Nord. Il Brexit peserà sullo sviluppo economico dei due Paesi, sui guadagni della popolazione, sulle prospettive di sviluppo e quindi sulle famiglie. Fino ad oggi i due Paesi – in quanto membri Ue – avevano potuto godere delle libertà assicurate dai Trattati europei, vale a dire di circolazione di beni, servizi, persone e capitali”. Conseguenze potenzialmente negative anche in campo politico poiché, avverte mons. Treanor:

“Il Brexit potrebbe minare le relazioni stabilitesi con l’Accordo di Venerdì Santo. Il ripristino della frontiera determinerà controlli alle persone, ai servizi, ai commerci e così via”. Ma fatto ancor più grave, per il vescovo, è “una possibile reazione paramilitare da parte di alcuni gruppi dissidenti con conseguenze altamente negative sul processo della riconciliazione, della pacificazione e della stabilizzazione della società nord-irlandese che in questi ultimi 20 anni è progredita moltissimo grazie anche all’Europa. Forse si dovrà ricominciare tutto da capo”.

Per mons. Treanor resta ancora qualche speranza che risponde al nome di Michel Barnier. “Penso che

il progetto ormai è avviato ed è una tragedia

e non credo, come tanti, che il Brexit non avrà luogo. Spero solo che il capo negoziatore dell’Ue con il Regno Unito, riesca a trovare una soluzione sostenibile. Confido anche nella volontà della società civile e dei cittadini dei due Stati di continuare a camminare insieme”.