Conflitto

Yemen: si inasprisce l’offensiva militare a Hudaydah. In pericolo centinaia di migliaia di persone, la metà sono bambini

La città portuale di Hudaydah è sotto assedio da giorni, con almeno 150 vittime, ospedali con bambini e pazienti che rischiano di morire sotto le bombe e centinaia di migliaia di civili in pericolo. Una offensiva portata avanti dalla coalizione araba a guida saudita contro le truppe ribelli Huthi, uno dei momenti peggiori della più grave crisi umanitaria in corso. Da più parti si invoca il cessate il fuoco e una soluzione politica ad un conflitto che dura da 4 anni.

(Foto: Unicef)

Dopo la morte di Amal, la bambina yemenita di 7 anni divenuta il simbolo della guerra che da 4 anni affligge lo Yemen, la più grave crisi umanitaria in corso e la più dimenticata, non cessano le notizie tragiche dal fronte. Almeno 59 bambini ricoverati nell’ospedale di Al Thawra, di cui 25 in terapia intensiva, rischiano di morire sotto le bombe nella città di Hudaydah (o Hodeida), nello Yemen, dove sono in corso feroci combattimenti tra la coalizione araba a guida saudita che ha intensificato l’offensiva militare con attacchi aerei sulle truppe ribelli sciite Huthi, appoggiate dall’Iran. Secondo Save the children ci sono già state almeno 150 vittime e la vita di centinaia di migliaia di civili sotto assedio, la metà dei quali bambini, è in pericolo. Hudaydah, nella parte orientale del Paese, è una località strategica perché nel suo porto passano l’80% dei viveri e degli aiuti umanitari destinati allo Yemen. Oltre alla guerra c’è una grave carestia e una epidemia di colera. Nello Yemen oggi oltre 22,2 milioni di persone (il 75% della popolazione, tra cui 11,3 milioni di bambini di cui 400.000 malnutriti) sopravvivono solo grazie agli aiuti umanitari. Da marzo 2015 ad oggi i bambini uccisi sono stati 2.400, almeno 3.500 feriti  e altri 10.000 sotto i 5 anni sono morti a causa della mancanza di cure mediche. Almeno 10.000 i morti, in gran parte civili. Tante le connivenze di Paesi occidentali che appoggiano la coalizione a guida saudita e vendono le armi, tra cui Italia e Spagna. Molte parole e poche azioni ma si intravede uno spiraglio di speranza.

Foto: Unicef

L’offensiva militare a Hudaydah . È l’Unicef a lanciare l’allarme sulla situazione dei piccoli malati nell’ospedale di Al Thawra a Hudaydah: “Lo staff medico e i pazienti nell’ospedale hanno confermato di aver sentito forti bombardamenti e colpi di arma da fuoco. L’accesso dall’ospedale e per l’ospedale, l’unico in zona funzionante, è attualmente a rischio”. I team Unicef stanno portando assistenza, medicine, acqua pulita, e cibo terapeutico ma “una ulteriore escalation del conflitto – denunciano – renderebbe vani questi sforzi”. Anche Save the Children informa sull’attacco ad una struttura sanitaria che sta supportando, con gravi danni a una delle farmacie che fornisce medicinali salvavita:

“Il bombardamento dell’artiglieria sta avvenendo pesantemente da tutti i lati e al momento più di 150 persone sono state uccise”.

I blocchi stradali temporanei hanno impedito alle persone di uscire o di entrare in città durante la notte, di fatto intrappolandole in una zona dove il conflitto era in corso”.  Save the Children esprime “profonda preoccupazione per la condizione dei civili, intrappolati all’interno di Hodeidah, e sollecita le parti in conflitto a fermare immediatamente i combattimenti e a cercare una soluzione politica che fermi questo brutale conflitto”.

“Una tragedia umana senza precedenti”. Un’altra organizzazione umanitaria delle Nazioni Unite, l’Unhcr (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), tramite la sua inviata speciale, l’attrice Angelina Jolie, ha chiesto una azione urgente per un cessate il fuoco duraturo, invitando il Consiglio di sicurezza Onu a concordare una soluzione al conflitto e a far rispettare le leggi internazionali sulla protezione dei civili. La Jolie si trova ora a Seoul, in Corea del Sud, per sollecitare aiuti e riconoscimento giuridico per centinaia di yemeniti fuggiti a causa della guerra e sbarcati a maggio nell’isola coreana di Jeju. Lo stesso Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati Filippo Grandi ha visitato il 23 e 24 ottobre scorso Seoul per chiedere sostegno per i rifugiati. “È una tragedia umana senza precedenti”, ha denunciato ieri il direttore generale della Fao, Jose Graziano da Silva, durante un briefing alle Nazioni Unite, a New York, ricordando che 14 milioni di persone sono a rischio di grave insicurezza alimentare.

I bambini sono le prime vittime, quelli che affrontano le conseguenze più gravi.

“Lo Yemen è la prova vivente di una equazione apocalittica: i conflitti e la sicurezza alimentare vanno di pari passo, e quando c’è una sovrapposizione di cambiamenti climatici e conflitti, la carestia è già all’orizzonte”.

Foto: Unicef

Gli appelli per il cessate il fuoco. Tante sono state le dichiarazioni dei leader mondiali a favore della pace ma poche finora le azioni concrete. L’inviato speciale dell’Onu Martin Griffith sta tentando di negoziare una pace dopo il fallimento dei colloqui di pace lo scorso mese settembre.  Il segretario di Stato americano Mike Pompeo la scorsa settimana ha invocato il cessate il fuoco. Lunedì scorso il segretario di Stato per gli Affari esteri e del Commonwealth Jeremy Hunt ha detto che chiederà al Consiglio di sicurezza dell’Onu di porre fine alle ostilità cercando una soluzione politica. Alcune fonti lasciano trapelare che la Gran Bretagna stia lavorando con gli Stati Uniti ad una bozza di risoluzione per fermare i combattimenti in Yemen. Alcune parole di speranza arrivano dal segretario generale dell’Onu Antonio Guterres: “Per la prima volta – ha detto venerdì scorso –

sembra apparire uno spiraglio da entrambe le parti

che può incoraggiare a sedersi intorno ad un tavolo e trovare una soluzione politica, unica possibilità a lungo termine per uscire dal disastro”.