Politica
Quel che emerge è una fondamentale incertezza che, come si rispecchia nell’altalenare dei provvedimenti, così si ripercuote nel Paese. Per governare bene non basta il consenso!..
La Lega di Salvini ha incassato mercoledì il sì del Senato sul decreto sicurezza che, sostanzialmente, dà un giro di vite sui richiedenti asilo e sulla protezione umanitaria dei rifugiati, oltre che introdurre come deterrente la pistola elettrica Taser a disposizione della polizia. 163 voti a favore e 59 contrari, ma con l’uscita di Forza Italia dall’aula, poiché favorevole al decreto ma non alla “fiducia” che il governo aveva chiesto in perfetto stile da prima Repubblica per evitare sorprese. Alla maggioranza sono mancati i 5 tenaci “ribelli” del M5S, essi pure usciti ma per il motivo contrario, più altri 3 grillini diversamente impegnati…, mentre i Fratelli d’Italia – astenuti – hanno criticato alcune modifiche introdotte. Duramente contrario il Pd, insieme a Liberi e Uguali e alle Autonomie. Il Partito democratico sostiene infatti che il provvedimento – per questo ribattezzato “decreto clandestinità” – non farà che aumentare la presenza di clandestini nel territorio, con le conseguenze immaginabili anche di ordine pubblico, data la stretta che renderà più difficile ogni regolarizzazione. Per il Pd – che si rifà anche agli impliciti richiami del presidente Mattarella – il decreto ha molti aspetti anticostituzionali, non rispetta gli obblighi internazionali, mette in atto una pericolosa restrizione delle libertà personali, non affronta la cruciale questione della cittadinanza. Ma il Pd è in netta minoranza, sia in parlamento che – ancor di più, a quanto pare – nel Paese. Mentre il consenso per il leader della Lega non fa che crescere. Tanto che Salvini sembra disposto ad arrivare anche ad una conciliazione in tema di prescrizione (da sospendere già dopo il primo grado di giudizio) che, nel contesto del decreto anticorruzione all’esame della Camera, costituirebbe il cavallo di battaglia del M5S e il punto di frizione tra alleati. In realtà, vi si coglie la grande disparità di atteggiamento in tema di giustizia: su quel punto, infatti, il noto “giustizialismo” dei grillini fa a pugni con il “garantismo” maturato dalla Lega nella sua collocazione “naturale” di centro-destra. Più che sulle questioni economico-finanziarie, è a questo livello “ideologico” che l’alleanza giallo-verde, alla lunga, rischia di saltare. Ma anche sul Def, l’ultima parola non è stata ancora detta e c’è margine per altre marce indietro (in qualche modo accennate da dichiarazioni prudenziali sugli eventuali rinvii del reddito di cittadinanza) che rischierebbero di far fare ulteriori brutte figure soprattutto a Di Maio, il quale appare esasperato, oltre che dagli scarsi risultati finora ottenuti, dalle tensioni interne al movimento e dalle “prevaricazioni” della Lega, che ormai l’ha abbondantemente scavalcato nei sondaggi rosicchiando vari punti percentuali anche allo stesso M5S. Conte si affanna a far superare le divergenze e Tria sembra esercitarsi in una sorta di balletto tra governo ed Ue. Quel che emerge, comunque, è una fondamentale incertezza che, come si rispecchia nell’altalenare dei provvedimenti, così si ripercuote nel Paese. Per governare bene non basta il consenso!…
(*) direttore “Nuova Scintilla” (Chioggia)