Cristiani perseguitati

Iraq: a Karamles anche lo scheletro del campanile di san Taddeo, distrutto dall’Isis, annuncia il Natale

La chiesa di san Taddeo nel villaggio cristiano di Karamles, nella Piana di Ninive (Iraq), tornerà a riempirsi di fedeli per questo Natale. Distrutta e profanata dallo Stato Islamico è stata ricostruita dai parrocchiani che hanno lasciato intatto solo ciò che resta del campanile come segno di vittoria. “La presenza cristiana è ancora forte e chi voleva cancellarla a colpi di mitra e di coltelli è stato sconfitto” dice il parroco caldeo, padre Paolo Mekko.

È rimasto solo lo scheletro della torre del vecchio campanile a raccontare la distruzione e la profanazione subite dalla chiesa parrocchiale di San Taddeo (Addaï), ad opera dello Stato islamico (Isis), nel villaggio di Karamles, uno dei tanti della Piana di Ninive abitati dai cristiani costretti alla fuga dai miliziani del califfo Al Baghdadi, nel 2014. “Ma il suono delle campane è sempre lo stesso. Sono il nostro richiamo. Dopo 4 anni la chiesa, totalmente riedificata, tornerà per la prima volta a riempirsi di fedeli per celebrare il Natale. Tenuto volutamente fuori dall’opera di ricostruzione, il campanile oggi ricorda che la presenza cristiana è ancora forte e chi voleva cancellarla a colpi di mitra e di coltelli è stato sconfitto”. Ma non è l’unico ricordo di quelle distruzioni. All’interno della navata è stata realizzata una grande teca che raccoglie i resti dei libri liturgici, statue, oggetti di culto e arredi sacri della chiesa profanata dall’Isis.

“Non vogliamo restare fermi al passato ma nemmeno dimenticare ciò che è accaduto. Il nostro sguardo è rivolto al futuro”.

Padre Paolo Thabet Mekko

Continua il ritorno. Anche perché le famiglie cristiane continuano lentamente a rientrare nelle loro terre e case, man mano che vengono risistemate, a Karamles come a Qaraqosh, Bartella, Tellskuf, Batnaya e Bashiqa. C’è un moto di orgoglio in padre Paolo Mekko, parroco caldeo di san Taddeo, mentre racconta al Sir “la gioia di tornare a celebrare in Natale nella nostra chiesa parrocchiale. L’anno scorso, di questi tempi, qui c’era solo un cantiere aperto così abbiamo festeggiato il Natale in un grande salone dove erano stati allestiti l’altare e il presepe”.

Ma questa volta non sarà così. La chiesa riedificata è stata ufficialmente inaugurata lo scorso 7 dicembre, festa di santa Barbara, patrona di Karamles,  dichiara il parroco, ed “è tornata a splendere in tutta la sua bellezza. La nostra comunità, formata ad oggi da 330 famiglie caldee, adesso ha una nuova casa dove pregare e ritrovarsi”. In questi giorni i giovani della parrocchia stanno lavorando alacremente per realizzare l’albero, il presepe e le luminarie.

“Il presepe è all’esterno della chiesa parrocchiale così che tutti possano ammirarlo, ospitato dentro una casetta di legno. In questo modo – spiega padre Paolo che domenica 23 dicembre sarà ordinato corepiscopo (vicario episcopale) – vogliamo richiamare il tema della chiesa come casa di tutti. Vicino al presepe abbiamo allestito anche un grande albero, una stella luminosa e tante luci come non se ne vedevano da anni. Tutto per creare un clima di fraternità e di gioia di cui abbiamo davvero molto bisogno. Celebrare in assoluta sicurezza è per noi davvero un passo importante”.

Tutta la comunità parrocchiale di Karamles si radunerà il 24 dicembre alle ore 21 in chiesa per la celebrazione della messa. Durante la liturgia – rivela il parroco – faremo una processione con il Bambino e lo deporremo nella mangiatoia. Poi, al termine della celebrazione, nel piazzale esterno, avrà luogo il rito del “fuoco dei pastori”.

“Accenderemo un grande falò che vuole essere segno della nascita di Cristo e del calore che sprigiona la sua venuta. Con tutti i fedeli pregheremo per chiedere a Dio il dono della pace e della riconciliazione per l’Iraq. Chiederemo il ritorno di tutte le altre famiglie cristiane che sono ancora lontane”.

“A Karamles – afferma il parroco – mancano all’appello ancora 240 famiglie. Molte sono in Libano, in Giordania e in Turchia. Se c’è lavoro, sicurezza e stabilità torneranno altrimenti emigreranno definitivamente”. La speranza di un ritorno è legata alle vicende politiche irachene. “Solo con un Governo stabile e forte si può pensare di far rinascere definitivamente il Paese e creare le condizioni per il ritorno di chi è fuggito dalla violenza settaria e dalla guerra”, come più volte sostenuto dal Patriarca caldeo, il card. Louis Raphael Sako. “La Chiesa non ha lesinato sforzi per favorire la rinascita dell’Iraq. Perché solo nella pace c’è progresso e prosperità”.

La visita del card. Parolin. Ed è proprio in questa prospettiva che padre Mekko vede la visita in Iraq, dal 24 al 28 dicembre, del segretario di Stato vaticano, card. Pietro Parolin. A Baghdad il cardinale incontrerà rappresentanti del governo e rappresentanti delle chiese d’Oriente. Con il cardinale patriarca della chiesa caldea, Mar Louis Raphael Sako, concelebrerà infatti la Santa Messa della vigilia di Natale che si terrà alle 20.30 presso la cattedrale caldea di San Giuseppe nel quartiere di Karrada. Il cardinale visiterà la chiesa siro cattolica di Nostra Signora della Salvezza dove nel 2010 decine di fedeli e due sacerdoti vennero massacrati da un commando terroristico e si recherà ad Erbil dove incontrerà esponenti del governo della provincia autonoma del Kurdistan iracheno e da dove partirà per visitare la Piana di Ninive e celebrare, insieme al patriarca della chiesa siro-cattolica, Mar Igniatus Yousef III Yonan, la messa nella cittadina cristiana di Qaraqosh.

“La presenza del card. Parolin ci spinge a sperare che la visita di Papa Francesco possa essere una reale possibilità”.

“Sarebbe un sogno per i cristiani iracheni e per tutto il nostro Paese” dice il parroco.

La nuova chiesa e la visita del card. Parolin non sono le uniche “note belle” di questo primo Natale nella parrocchia di san Taddeo. “C’è anche la pioggia – afferma sorridendo padre Paolo – che ci accompagna. Stiamo vivendo un inverno come non ne vedevamo da anni, con un clima piovoso e a tratti nevoso.

Abbiamo bisogno di acqua per lavare le sozzure della guerra e per rendere fertile la nostra terra che deve tornare a germogliare e dare raccolto abbondante. Per l’Iraq il tempo della siccità sta per finire.

Anche questo è un segno del Natale”. “Suonate campane, suonate. Chiamate i fedeli, Gesù sta arrivando per asciugare le lacrime, Alleluia”, si legge nel biglietto di auguri distribuito dalla parrocchia. A Karamles anche lo scheletro del campanile di san Taddeo annuncia il Natale…