Francesco a Panama

Gmg: ai giovani per il mondo

Il Papa ha parlato ai giovani perché anche i grandi intendessero. Li ha invitati a farsi “costruttori di ponti e non di muri” e dirlo a Panama, appena sotto il Messico e gli Usa, ha avuto un significato universale e localissimo

(Foto Vatican Media/SIR)

Francesco è un mister eccezionale. Già nel suo messaggio di invito alla Gmg, citando le precedenti, aveva invitato i giovani a “fare chiasso”, a farsi sentire in un mondo sordo alle loro richieste, ad abbandonare il “virus della tristezza”, a “non guardare al balcone della vita” ma, anzi, “a giocare in attacco” e a rispondere come Maria senza timore, perché “Dio è fedele ad amarci, perfino ostinato”, perché “Dio fa il tifo per noi”.
Una volta arrivato a Panama, mentre le cronache si incendiavano di tensioni (dalla Sea Watch ferma nel Mediterraneo di fronte ai porti chiusi alla doppia presidenza in Venezuela, fino all’attentato ai cristiani nelle Filippine), Francesco si è rivolto al mondo intero con un appello di unità e pace.
Ha parlato ai giovani perché anche i grandi intendessero: “Voi ci insegnate che incontrarsi non significa mimetizzarsi, né pensare tutti la stessa cosa o vivere tutti uguali, facendo e ripetendo le stesse cose, ascoltando la stessa musica o portando la maglia della stessa squadra di calcio”. Eppure, ha continuato: “Siete qui. Tutti diversi e tutti qui” e, citando Papa Benedetto XVI: “Perché il vero amore non annulla le differenze ma le armonizza in una superiore unità”.
Li ha invitati a farsi “costruttori di ponti e non di muri” e dirlo a Panama, appena sotto il Messico e gli Usa, ha avuto un significato universale e localissimo.
Li ha invitati “a non diffondere la paura, generando divisioni”, parole sempre valide ma calate su misura di un’Europa in piena crisi di identità e di unità. Ha ricordato a tutti che: “Il padre della menzogna preferisce un popolo diviso e litigioso ad un popolo che impara a lavorare insieme”.
Gli agganci con l’attualità sono tornati nelle parole della Via Crucis, il 26 gennaio. Chiarissimi i destinatari: “In Maria impariamo ad accogliere e ospitare tutti quelli che hanno sofferto l’abbandono, che hanno dovuto lasciare o perdere la loro terra, le radici, la famiglia e il lavoro”. E ancora: “Vogliamo essere Chiesa che favorisce una cultura capace di accogliere, proteggere, promuovere e integrare; che non stigmatizzi e meno ancora generalizzi con la più assurda e irresponsabile condanna di identificare ogni migrante come portatore di male sociale”. Assurda e irresponsabile: parole chiare.
Poi è si è rivolto ai giovani come lui sa fare: senza mai andare lontano dal messaggio del vangelo, senza mai andare lontano dal loro linguaggio. Così Maria “non era una influencer, ma – col suo sì a Dio – è diventata la donna che ha influenzata più di ogni altra la storia”. Ha ricordato che “stare tutto il giorno connessi non basta per sentirsi conosciuti e amati”. Ha mostrato di comprenderli ne “i quattro senza che uccidono: senza lavoro, senza istruzione, senza comunità e senza famiglia”.
E domenica 27, nella spianata del Campo intitolato a San Giovanni Paolo II, ha fatto risuonare più volte quel suo “Hoy”: perché i giovani sentano che il loro tempo è “Hoy”, è oggi, è subito. Perché non sono il domani, ma l’“Hoy”: “Voi non siete il futuro, ma l’oggi di Dio”. E, invitandoli a non far raffreddare quanto di bello hanno vissuto a Panama, li ha già invitati in Portogallo nel 2022.

(*) direttrice “Il Popolo” (Concordia-Pordenone)