Politica e società

Abruzzo, ha vinto il fastidio per i migranti

Negli ultimi anni quasi tutti i confronti elettorali si sono decisi sul tema delle migrazioni. E ha vinto chi ha puntato su politiche di chiusura. Stati Uniti, Ungheria, Austria sono alcuni dei casi più rilevanti, all’estero. Ha vinto chi proponeva muri e frontiere sorvegliate. L’Italia non è diversa, è la logica delle cose

Ha vinto ancora una volta il fastidio nei confronti dei migranti. Ci pare che la vittoria della Lega nelle regionali in Abruzzo e il dimezzamento dei consensi per i 5 Stelle abbiano questa come chiave di lettura prevalente.
È l’aria che spira nel mondo, non solo in Italia: negli ultimi anni quasi tutti i confronti elettorali si sono decisi sul tema delle migrazioni. E ha vinto chi ha puntato su politiche di chiusura. Stati Uniti, Ungheria, Austria sono alcuni dei casi più rilevanti, all’estero. Ha vinto chi proponeva muri e frontiere sorvegliate. L’Italia non è diversa, è la logica delle cose. Una logica che passa dappertutto, come la polvere. Se la Lega ha vinto, insieme ai 5 Stelle, il voto politico di un anno fa, la Lega ha poi proseguito con un crescendo di consensi, di cui il risultato abruzzese è conferma.
Il partito di Di Maio, invece, ha via via perso consenso, fino alla debacle di qualche giorno fa.
Eppure al governo sono in due, Lega e 5 Stelle, appunto. Insieme, almeno nelle votazioni che contano. E non è che i 5 Stelle abbiano preso le distanze rispetto alle posizioni più decise del ministro dell’Interno, quando si è trattato di dire no agli sbarchi o di chiudere i porti alle navi che trasportano profughi. Non si sono smarcati, eppure si è percepito che quella non è la loro battaglia.
Infatti, se le scelte sui migranti, insieme a quota cento, sono il marchio distintivo della Lega di Salvini, i 5 Stelle sono connotati dal reddito di cittadinanza. E si direbbe che quest’ultima scelta non stia dando gran frutto.
Si rafforza così la convinzione che, a parte un’evidente abilità comunicativa di Salvini, ciò che conta è correre nella direzione presa dall’aria. E l’aria – un vento ormai globale come l’economia – dice che il diverso è percepito come pericoloso.
E quel diverso che è il migrante viene colto come colui che arriva a casa nostra per portarci via qualcosa: il lavoro, i soldi, le tradizioni, il costume, la tranquillità… È il trionfo dell’io, che avverte l’altro come una minaccia, una diminuzione del proprio benessere.
Per questa ragione la Chiesa resta la voce maggiormente dissonante, fuori dal coro. E perciò preziosa. Bisogna però che riesca a far mutare la direzione dell’aria: «Anche Gesù fu profugo», ha detto di recente Papa Francesco: «Le migrazioni arricchiscono le nostre comunità».
Ecco, quando queste parole saranno colte non solo come teoricamente vere, ma come intimamente buone, il vento cambierà. Quando ci si renderà conto che è un vantaggio mettersi in relazione con il diverso, anche delle elezioni regionali in Abruzzo prenderanno una piega diversa.

(*) Gente Veneta (Venezia)