Politica
Siamo in una “campagna elettorale permanente”! A confermarlo ci pensano puntigliosamente gli attuali soci di governo che non perdono occasione per rilanciare il proprio specifico ruolo di “parte politica” anziché quello di responsabili della gestione dello Stato
Dopo le elezioni regionali in Abruzzo (domenica scorsa) e prima di quelle in Sardegna (domenica prossima) non si può dire che il panorama politico italiano si chiarisca, tanto più che è tutto in fibrillazione verso le elezioni europee del 26 maggio. Di fatto – come in tanti hanno osservato e come è semplice per tutti constatare – siamo in una “campagna elettorale permanente”! A confermarlo ci pensano puntigliosamente gli attuali soci di governo che non perdono occasione per rilanciare il proprio specifico ruolo di “parte politica” anziché quello di responsabili della gestione dello Stato. È questa l’impressione che si coglie quotidianamente nell’apprendere le varie prese di posizione (o i vari meditati rinvii) sia a livello di economia che a livello sociale, sui temi della sicurezza e su quelli dell’immigrazione o sulla questione delle autonomie regionali, come pure – e in modo particolare – a livello di politica internazionale con la puntuale (si direbbe) ricerca di motivi di contrapposizione sia a proposito di ingerenza negli affari altrui, sia, ancor di più, sulle grandi questioni di schieramento e di scelte di campo. Il primo “governo populista” (o “sovranista”) della nostra Repubblica ci tiene a distinguersi dai governi democratici “tradizionali” (in Italia e in Europa, anzi nel mondo) che avrebbero fallito su tutto e che vanno rovesciati o almeno smascherati e puniti. Cosicché il comune cittadino si trova sempre più incerto e spaesato, poiché anche chi aveva riposto fiducia in un movimento innovatore quale il M5S si trova ora a dubitare (Abruzzo insegna) e chi continua a riporre fiducia nella Lega (in crescita) è costretto a vivere in una lacerante schizofrenia tra le contrastanti alleanze a livello nazionale e a livello locale. Peculiarità del governo Conte è la sua natura eterodiretta con la rendicontazione continua ai due leader politici di maggioranza (e alla Casaleggio che lo controlla e/o lo ispira); e peculiarità di questa anomala alleanza legastellata è la sua duplice identità di “maggioranza” e di “opposizione”, tanto che l’oscuramento del ruolo delle minoranze parlamentari è in buona parte dovuto alla cannibalizzazione di ambedue i ruoli da parte dei due partiti impegnati a contratto. Ruolo di governo e di opposizione che i due leader principali giocano anche reciprocamente con un tira e molla di compromessi continui e di palesi – per quanto smentiti – ricatti. Materia del contendere attualmente è soprattutto la Tav e l’autonomia regionale (bandiere della Lega) insieme all’autorizzazione a procedere contro Salvini e alle modalità del reddito di cittadinanza (armi in pugno del M5S). Se, dopo i risultati abruzzesi, i “grillini” (ex?) devono leccarsi le ferite, se il centro-destra (ma soprattutto l’esigua schiera di FdI che ha però espresso il candidato vincente) ambiguamente esulta, se il Pd si consola del 2° posto (ma grazie ad altre varie formazioni locali e pur avendo perso la regione), a preoccuparsi è l’intero Paese, che – ne è prova il sensibile aumento dell’astensione – non sa che pesci pigliare.
(*) direttore “Nuova Scintilla” (Chioggia)