Viaggi apostolici
“Il prototipo di ogni casa cristiana”, grazie alla sua capacità di essere “casa aperta”, con tre pareti, “dove ognuno è chiamato quasi ad entrare per poter gustare gli inizi del mistero e poi uscire per portare a tutti l’annuncio del mistero visto, assaporato e toccato con le proprie mani”. Padre Franco Carollo, rettore della basilica, descrive così la Santa Casa, cuore della “città-santuario” dove il Papa si recherà il 25 marzo. Nella basilica Francesco incontrerà anche la comunità dei Frati Cappuccini, che ne sono i custodi stabili dal 1934
(da Loreto) – A dare il benvenuto a Papa Francesco, il 25 marzo, ci sarà anche una tela di Lorenzo Lotto che arricchisce ulteriormente, qualora ce ne fosse bisogno, quello scrigno di tesori artistici, oltre che spirituali, che è il Santuario di Loreto. San Cristoforo, San Rocco e San Sebastiano – questo il titolo dell’opera dell’artista, che ha scelto di farsi oblato e di trascorrere l’ultima parte della sua vita proprio a Loreto – è ora visibile in tutta la sua magnificenza di forme e colori al termine della navata sinistra, accanto alla Cappella del Coro dove i frati cappuccini si ritrovano abitualmente per pregare. A mostrarci con un certo orgoglio l’opera, prima ospitata nel Museo diocesano che contiene in un’apposita sala altre sette tele del pittore cinquecentesco e ora nella nuova collocazione “per permettere a tutti i fedeli e pellegrini di fruirne appieno, tramite un accesso più diretto”, è il rettore della Pontificia Basilica della Santa Casa di Loreto, padre Franco Carollo. Il frate cappuccino il 25 marzo incontrerà il Papa insieme alla sua comunità, in occasione della visita durante la quale Francesco firmerà l’esortazione a conclusione del Sinodo dei giovani e celebrerà da solo la Messa nella Santa Casa. Tra i banchi della basilica, intanto, è già disponibile la “preghiera per il Papa” appositamente scelta per l’occasione: “Il Signore Dio nostro, che lo ha scelto dell’ordine episcopale, gli conceda vita e salute e lo conservi alla sua santa Chiesa, come guida e pastore del popolo santo di Dio”, recita una delle invocazioni. Il conto alla rovescia è ormai in dirittura finale.
Custodi della memoria. “Noi Cappuccini siamo qui in forma stabile dal 1934”, ci racconta padre Franco: “Abbiamo la custodia di queste mura che ci riportano all’inizio del mistero dell’Incarnazione, quando l’Angelo portò l’annuncio alla Vergine Madre, annunciando che sarebbe diventata la madre del Figlio di Dio”. “Essere agli inizi del mistero dell’Incarnazione, custodirne la memoria e presentarla nella sua attualità a tutte le persone che qui arrivano mi sembra davvero per noi una grazia particolare”, dice il frate a proposito del carisma che è stato affidato alla sua famiglia: “Il Signore ci ha donato questo impegno, questo servizio alla Chiesa, e da parte nostra cerchiamo di svolgerlo nel migliore dei modi”.
Città-santuario. “Quello che meraviglia è il fatto che quando è arrivata qui la Santa Casa, a Loreto non c’era nulla”. Padre Franco sintetizza così, con apparente semplicità, la storia del rapporto tra la città di Loreto e il suo santuario.
“Il santuario si identifica con Loreto”, spiega: “Loreto è la cosiddetta città-santuario, perché è nata con la Santa Casa”. “A me piace dirlo ai pellegrini”, confessa il religioso: “Di fatto, in questo modo la Santa Casa è diventata il prototipo di tutte le altre case che si sono costruite attorno e dovrebbe diventare il prototipo di ogni casa cristiana”.
Il mondo, tramite i suoi pellegrini, converge a Loreto, e Loreto diventa un messaggio preciso per il mondo: “Qui ognuno quando viene dovrebbe ritrovare il modello della sua casa, che vuol dire il suo ambiente, la sua intimità, la sua vita”. La Santa Casa, spiega il religioso, “è una casa aperta: ci sono tre pareti perché la grotta è rimasta a Nazaret. Tre pareti vogliono dire una casa aperta in entrata e in uscita: l’Angelo è entrato e poi Maria è partita in fretta per raggiungere sua cugina Elisabetta e portarle l’aiuto necessario. La Santa Casa è una Casa che dice accoglienza, riparo, sicurezza, ma dice anche missione”. Non è un caso, spiega ancora, che il Santuario sia posizionato lungo una strada: “Nel Vangelo tante volte troviamo Gesù che svolge il suo ministero lungo la strada: è una strada simbolica, il cammino della vita, di ognuno di noi. La Santa Casa è una casa dove ognuno è chiamato quasi ad entrare per poter gustare gli inizi del mistero e poi uscire per portare a tutti l’annuncio del mistero visto, assaporato e toccato con le proprie mani”.
La “polifonia” dei giovani. Come fanno i giovani pellegrini che vengono da tutto il mondo, e dei quali padre Franco scatta una fotografia polivalente: “Arrivano giovani in ricerca seria a livello vocazionale con già spalle un cammino di fede; giovani che si stanno aprendo in quel momento alla vita e anche al discorso di fede; giovani critici, per vari motivi, nei confronti della Chiesa; giovani a volte smarriti in cerca di una parola; giovani che vorrebbero avere ideali ma non li trovano nella loro esistenza e, allora, chiedono aiuto per ritrovare e rinvigorire la speranza nel futuro”. Arrivano giovani, insomma, “che portano in sé tutte le contraddizioni di questo nostro mondo e le manifestano in tutta la loro significatività e anche drammaticità”. Qui a Loreto, però, c’è un dato di fatto: “Con qualsiasi animo entrino, sembra che trovino una risposta”.
Maria è all’uscio. “La Santa Casa non è una reliquia qualunque, è un’icona, e sappiamo che l’icona ha valore sacramentale”, conclude padre Franco: “Qui Maria c’è, Maria è all’uscio e aspetta tutti, e quando li fa entrare, li fa entrare nella sua intimità. Quando si apre la porta di casa per far entrare un ospite, lo si fa entrare nella nostra vita, perché aprire la propria casa è aprire la propria vita. Maria apre la porta per far entrare ciascuno di noi dentro il mistero della propria vita, della vita di Gesù e di Giuseppe che qui sono cresciuti nell’amore e nell’obbedienza al Signore”.