Autonomia differenziata
L’iter per l’autonomia differenziata di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna va avanti, anche se si cerca di farlo senza troppo rumore, dal momento che le reazioni negative finora registrate sono state di notevole spessore, ma, purtroppo, forse del tutto inefficaci. A schierarsi contro il rischio di disgregazione del sistema scolastico nazionale – in una lettera inviata ai presidenti delle Camere – sono mons. Filippo Santoro (Commissione Psl della Cei) e le sigle sindacali di settore
Una novità certamente di notevole rilievo è quella della recente aperta e decisa posizione della Conferenza episcopale italiana, nella persona di mons. Filippo Santoro, nei confronti della ipotesi di autonomia differenziata nel settore istruzione richiesta già da tempo da tre Regioni italiane, precisamente Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Questa volta una lettera indirizzata al presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, ed al presidente della Camera, Roberto Fico, reca ben cinque firme e la prima è di mons. Filippo Santoro, presidente della Commissione problemi sociali e lavoro della Conferenza episcopale italiana. Seguono le firme dei rappresentanti sindacali nazionali della Flc Cgil (Francesco Sinopoli), Cisl Fsur (Maddalena Gissi), Uil scuola (Giuseppe Turi), Snals (Elvira Serafini) e Gilda Unam (Rino Di Meglio). Non accade tutti i giorni di poter vedere allineate su uno stesso documento queste firme, anzi, non abbiamo memoria di un evento precedente simile a questo. Cosa è accaduto? Il 3 aprile questi cinque rappresentanti di istituzioni italiane “si sono incontrati per esaminare e approfondire le ipotesi di attribuzione di autonomia differenziata ad alcune regioni in particolare nel settore istruzione”. E, si legge ancora nel testo del documento: “Vista la complessità degli argomenti e le problematiche legate all’adozione dei provvedimenti in questione, auspicano che venga perseguita, con ostinazione e senza fretta, la strada dell’approfondimento e della mediazione. Per questo chiedono alle SS. LL. un incontro per avviare un dialogo ed un confronto al fine di evitare ogni rischio di disgregazione del sistema scolastico nazionale e di ampliamento delle disuguaglianze su tutto il territorio italiano”.
Tutti sapranno che l’iter per l’autonomia differenziata alle tre Regioni sopra menzionate va avanti, anche se si cerca di farlo senza troppo rumore, dal momento che le reazioni negative finora registrate sono state di notevole spessore, ma, purtroppo, forse del tutto inefficaci. L’intervento diretto e pubblico dei vescovi italiani dovrebbe dare a tutti la misura della pericolosità dell’azione che si sta intraprendendo.
Già il mondo della scuola ha subìto e continua a subire in parte le conseguenze dell’unilaterale e non condivisa legge n. 107 del 2015, inopportunamente chiamata “Buona scuola” ed ora si trova a dover assistere ad un nuovo assetto che, come ha recentemente affermato lo stesso mons. Santoro ad un noto quotidiano nazionale, “così come è, senza aggiustamenti, è solo un cammino per spaccare l’Italia”.
L’illustre presidente della Commissione Cei aveva, infatti, già preso una netta posizione su tale argomento: “L’autonomia differenziata, per come sta andando avanti, lascia molto perplessi. Non è di sicuro quel sano regionalismo di cui forse tutti avremmo bisogno e che noi vescovi vediamo in maniera favorevole. Qui il cammino intrapreso è fonte di preoccupazione. È necessario che i servizi fondamentali siano erogati in maniera uniforme e adeguata in tutte le regioni, altrimenti si potrebbe originare una evidente sperequazione tra Nord e Sud. E questo sarebbe l’inizio del frazionamento del Paese. Si metterebbe inevitabilmente a rischio l’unità nazionale dal punto di vista politico”.
La posizione è chiara. E quella dei vescovi non è certamente una posizione dettata da una discutibile logica elettorale.
Riteniamo che in questo caso, come in tanti altri, i vescovi italiani abbiano avuto l’unico obiettivo del “bene comune”. E i politici (compresi i locali) che si riempiono la bocca quotidianamente dello slogan “bene comune” cosa stanno facendo?
(*) direttore “L’Araldo Abruzzese” (Teramo-Atri)