Ambiente e sostenibilità
Fise Assoambiente: entro due anni discariche sature in tutto il Paese. Per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Ue al 2035 è urgente una strategia nazionale per la gestione dei rifiuti e occorrono 10 miliardi di investimenti
“I rifiuti non sono un problema ambientale o giudiziario ma un’opportunità industriale. Il nostro Paese ha bisogno di una strategia nazionale per la loro gestione che, al pari di quella energetica, fornisca una visione nel medio-lungo periodo (almeno ventennale) migliorando le attuali performance”. Non ha dubbi Chicco Testa, presidente di Fise Assoambiente, (Associazione delle imprese di igiene urbana, riciclo, recupero e smaltimento di rifiuti urbani e speciali ed attività di bonifica), che oggi ha presentato a Roma il report “Per una strategia nazionale dei rifiuti”. Secondo lo studio, per cogliere la sfida europea della Circular economy (65% di riciclo effettivo e 10% in discarica al 2035 per i rifiuti urbani) occorre “aumentare sensibilmente la raccolta differenziata (fino all’80%, considerato il tasso di resa rispetto ai rifiuti urbani intercettati) e la capacità di riciclo (+4 mln di tonnellate) del nostro Paese, limitando il tasso di conferimento in discarica e innalzando al 25% la percentuale di valorizzazione energetica dei rifiuti al fine di chiudere il ciclo”.
In Italia,spiega Testa, servono impianti di recupero (di materia e di energia) capaci non solo di sostenere il flusso crescente delle raccolte differenziate di rifiuti, ma anche di sopportare fasi di crisi dei mercati esteri; servono anche impianti di smaltimento finale (discariche), capaci di gestire i rifiuti residuali quali gli scarti generati dal processo di riciclo e quelli che non possono essere avviati a recupero o a trattamenti.
“Un investimento complessivo che richiederà 10 miliardi di euro”.
Il presidente di Fise Assoambiente auspica “una cabina di regia nazionale” che “sotto il coordinamento della Presidenza del Consiglio, con responsabilità condivise del ministero dell’Ambiente e del ministero dello Sviluppo economico, coinvolga tutti gli attori istituzionali ed industriali”.
Intanto il report rende noti gli ultimi dati Ispra – in Italia si producono 135 milioni di ton di rifiuti speciali (2016) e circa 30 milioni di rifiuti urbani (2017), di cui avviamo a riciclo, rispettivamente, il 65% (92 milioni di ton) ed il 47% (15 milioni di ton) – e lancia l’allarme discariche: “Oggi la capacità residua ha un’autonomia limitata: tra circa 2 anni sarà esaurita la capienza delle discariche del Nord del Paese, tra meno di un anno stesso destino toccherà al Centro, mentre diverse aree del Sud sono già oggi in emergenza”. Donato Berardi, direttore Laboratorio Ref, spiega che “se non realizzeremo impianti di riciclo e di recupero energia, che è la scelta dei Paesi del nord Europa”, l’alternativa sarà “costruire 91 nuove discariche” e avverte che si preannuncia un’emergenza rifiuti anche in regioni “virtuose” come Veneto, Emilia Romagna e Toscana. Per “l’autosufficienza” regionale e nazionale occorre investire sui termovalorizzatori ma per Alessandro Bratti, direttore generale Ispra, bisogna “superare l’opposizione dei cittadini”. Sulla stessa linea Monica Tommasi, presidente di Amici della terra, che denuncia: “Dopo l’emergenza, Milano ha reagito e ha messo in sicurezza il sistema rifiuti mentre al centro e al sud gli amministratori hanno fatto finta che il problema non esistesse”. Sull’importanza di “affrontare la sfida della transizione dal riciclo di rifiuti tipico di un’economia lineare ad un compiuto sistema di economia circolare” si è soffermato Andrea Fluttero, presidente di Fise Unicircular.
Quattro, in estrema sintesi, le direttrici lungo le quali, secondo Fise Assoambiente, deve muoversi il nostro Paese per conseguire gli obiettivi fissati dalla normativa europea al 2035. Anzitutto “limitare l’import/export dei rifiuti da e per l’Italia, che movimenta ogni anno 9,5 mln di tonnellate (circa 6 in entrata e 3,5 in uscita): una diseconomia che, per carenza di impianti, produce una perdita di potenziale di materia ed energia”. Quindi occorre “dotarsi di un sistema impiantistico adeguato al proprio fabbisogno, pianificando la realizzazione nei prossimi 16 anni di: oltre 20 impianti per le principali filiere del riciclo, 22 impianti di digestione anaerobica per il riciclo della frazione umida, 24 impianti di termovalorizzazione, 53 impianti di discarica per gestire i flussi dei rifiuti urbani e speciali”. Terzo punto: bloccare il “turismo dei rifiuti” all’interno dei confini nazionali, con particolare riferimento agli urbani, movimentati da una Regione all’altra per carenza della necessaria impiantistica di smaltimento (soprattutto al Sud). Fise Assoambiente raccomanda infine di riconsiderare la gestione delle discariche, facendo riferimento solo a “impianti moderni e sostenibili cui destinare esclusivamente le frazioni residuali opportunamente trattate”.