Attentati in Sri Lanka
Dopo la strage che ha colpito i cristiani riuniti per le celebrazioni pasquali nelle loro chiese in Sri Lanka, l’auspicio-proposito, proclamato da tanti, è che “morte e violenza non vinceranno”: è appunto il messaggio di Pasqua, che vogliamo ripetere e gridare a tutti e che ci dà la forza di “risorgere ogni giorno”, colpiti da grandi tragedie o sconvolti e angosciati dai tanti drammi e dalle fatiche di ogni vita.
Abbiamo celebrato quest’anno la Pasqua, Festa di gioia per antonomasia, col cuore in pianto per la strage che ha colpito proprio i cristiani riuniti per la Festa nelle loro chiese, oltre a turisti ospiti in alberghi, nel lontano – ma sempre così vicino, come avviene ormai per ogni evento che diventa globale – Sri Lanka. Così hanno pervicacemente voluto, meschinamente premeditato e perfidamente deciso menti perverse, tra cui i sette o più kamikaze che non hanno esitato a “immolare” la loro vita per seminare, il più possibile, morte. Stavamo celebrando la sacra memoria di chi non ha esitato ad “immolarsi” per donare a tutti vita e salvezza, perdonando persino ai suoi uccisori, aprendo una strada di misericordia e di speranza per ogni uomo e donna che viene in questo mondo. E quella memoria, quella Festa gioiosa, è stata funestata da una delle più gravi stragi del nostro tempo con oltre 300 vittime innocenti e centinaia di feriti, e familiari e popoli in lutto. Deliberatamente scelta, quella Festa, per dare più risonanza, con la beffarda coincidenza, al diabolico piano orchestrato nei minimi particolari, aggirando ogni eventuale controllo, anche grazie alla rete globale di Internet, ancora una volta trasformatasi da simbolo di libertà – come tutti la vorremmo – in veicolo di odio e agile strumento di bieca violenza – come tutti, purtroppo, siamo costretti a constatare in questa e in mille altre differenti circostanze, anche nel quotidiano. Il tragico evento ha suscitato – come si prefiggevano i satanici autori – la reazione immediata e la più severa condanna da ogni parte: cattolici, ortodossi, anglicani, ebrei – che sentono ancora nella loro carne le tante stragi subite e i rigurgiti di antisemitismo – e musulmani – in primis il grande Imam di al-Azhar, Ahmed El-Tayeb, che il 4 febbraio scorso aveva firmato con Papa Francesco il documento sulla “fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”. È inutile nasconderlo: anche se focolai di violenza sono presenti in ogni cultura, etnia o religione (persino nei così “pacifici” buddhisti…), la minaccia più grave in questi anni viene dall’estremismo islamico. Tanto che il ministro Salvini si è premurato di ordinare a questori e prefetti di “aumentare attenzione e controlli in luoghi di aggregazione di cittadini islamici, per prevenire ogni tipo di violenza”. Ma è proprio questo che vogliono quelle menti malate: metterci gli uni contro gli altri in un disegno perverso senz’altra soluzione che la reciproca diffidenza fino ad una sorta di conflitto globale permanente. L’auspicio-proposito, proclamato da tanti, è invece che “morte e violenza non vinceranno”: è appunto il messaggio di Pasqua, che vogliamo ripetere e gridare a tutti e che ci dà la forza di “risorgere ogni giorno”, colpiti da grandi tragedie o sconvolti e angosciati dai tanti drammi e dalle fatiche di ogni vita.
(*) direttore “Nuova Scintilla” (Chioggia)