Camorra
Nel pomeriggio di venerdì 4 maggio Noemi, quattro anni, è stata colpita da un proiettile vagante, durante una sparatoria a piazza Nazionale, nel capoluogo partenopeo. La piccola, ricoverata all’ospedale Santobono, lotta contro la morte. In risposta al tragico episodio, domenica 5 maggio è stata organizzata da varie organizzazioni, tra cui Libera, la manifestazione “DisarmiAmo Napoli”. Per la bambina ha pregato il card. Crescenzio Sepe, in occasione della processione per San Gennaro. Una preghiera anche nella parrocchia di Santa Maria del Buon Cammino, promossa insieme alla Comunità di Sant’Egidio
Ancora una vittima innocente della camorra: Noemi, quattro anni, lotta, in gravi condizioni, per la vita, all’ospedale Santobono di Napoli, dopo essere stata colpita da un proiettile vagante, venerdì 3 aprile, in piazza Nazionale a Napoli, in una sparatoria, mentre stava giocando con la nonna. Domenica 5 maggio una manifestazione, “DisarmiAmo Napoli”, ha riunito diverse sigle di organizzazioni impegnate a favore della legalità.
“Speriamo che la piccola Noemi ce la faccia. Al Santobono è in ottime mani: faranno il possibile e l’impossibile per salvarla”. È l’auspicio che esprime al Sir Fabio Giuliani, referente di Libera Campania, tra i promotori di “DisarmiAmo Napoli”. “Ci siamo organizzati in poche ore per la manifestazione di domenica, anche attraverso un appello sui social network, perché
non potevamo restare inermi dopo l’ennesimo agguato in città,
particolarmente odioso essendo stata colpita una bambina – prosegue Giuliani -. Hanno partecipato circa cinquecento persone, un bel risultato se si considera il poco tempo per l’organizzazione. L’aspetto positivo è stata la grande partecipazione degli abitanti del quartiere, veramente indignati”. Per contrastare la camorra “non bastano i sistemi repressivi, c’è bisogno di più educazione, lavoro e politiche di welfare. Poi non è concepibile che ci siano persone armate per strada: questo è un grande dramma”. Giuliani precisa: “A noi non interessa vedere cadere teste e saltare poltrone, ma, davanti a una bambina che viene colpita,
diciamo basta a proclami, promesse e scaricabarili.
Vogliamo atti concreti a partire da un incremento delle forze dell’ordine e dei vari sistemi di sicurezza, come le telecamere, politiche concrete del lavoro, per lo sviluppo e per l’arredo urbano perché anche la bellezza fa la differenza. Anche noi cittadini proveremo a fare la nostra parte, a essere elemento educante, a promuovere con responsabilità più scuola, più famiglia”. La manifestazione è stata intitolata “DisarmiAmo Napoli” con la seconda A maiuscola: “Noi siamo profondamente innamorati di questa città e riteniamo di essere i veri cittadini di Napoli e non la minoranza che va in giro armata a seminare morte. Noi amiamo Napoli e la vogliamo libera da questi personaggi”. Giuliani lancia un appello a chi ha sparato: “Non sarai condannato dalla giustizia, ma dalla storia. Costituisciti. Fallo per te stesso, per i tuoi figli, se li hai”.
“Mi meraviglio quando dicono che Napoli è cambiata. Io continuo a dire che nelle periferie lo Stato non c’è”.
È il commento di padre Alex Zanotelli, missionario comboniano, da anni a Napoli nel quartiere Sanità, un quartiere che risulta essere periferia pur essendo al centro della città. “Qui – denuncia – non c’è nessun asilo comunale, c’è una sola scuola elementare, non c’è un plesso di scuole medie ed è altissima la dispersione scolastica. Qui non c’è lo Stato, non ci sono investimenti”. Eppure, per ripartire, “c’è bisogno di scuole aperte fino alle 20, con una serie di attività e professori preparati”. E poi, secondo Zanotelli,
“lo Stato manca anche rispetto alla sicurezza:
da anni cerco di avere due vigili urbani in piazza Sanità, mentre in altre parti della città ci sono polizia di Stato e municipale, carabinieri”. Altra piaga la mancanza di lavoro: “I ragazzini non hanno futuro – dice -, crescono con i miti della televisione che sta distruggendo tutto: l’unico ideale è fare soldi al più presto per fare la vita bella che si vede in tv. Quello che avviene per le strade di Napoli rivela lo stato più profondo del problema che c’è e che non viene affrontato dai governi”. Importante il ruolo della Chiesa nella trasformazione della società, “come chiede Papa Francesco di legare fede e vita: e qui a Napoli è proprio questione di vita, con una bimba che combatte contro la morte: è grave quello che è successo, siamo veramente alla follia”.
La Comunità di Sant’Egidio insieme alla parrocchia di Santa Maria del Cammino, vicina a piazza Nazionale, ha organizzato sabato sera, 4 maggio, una preghiera per la piccola Noemi. “L’ennesimo fatto tragico che colpisce i bambini. A Napoli l’infanzia è violata”, denuncia Antonio Mattone, portavoce della Comunità di Sant’Egidio di Napoli. “Concordo con quello che dice il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho:
la camorra non è un’emergenza, bisognerebbe rivoltare la città per stanare i malavitosi”,
sostiene Mattone, per il quale il ferimento di Noemi “è la punta di un iceberg che emerge da un sottobosco in cui la camorra ha contatto con tanti ambienti della città. Quando avvengono episodi come quello di cui è stata vittima la bimba tutti si indignano, ma accettano tante situazioni che possono sembrare normali ma che denunciano illegalità, come affidare l’auto a un parcheggiatore abusivo. In questo modo la camorra cresce sul territorio”. “Preoccupa questa commistione tra legale e illegale, che nessuno vuole vedere, persino le istituzioni – continua il portavoce di Sant’Egidio -. Pensiamo al fenomeno delle case occupate abusivamente dai camorristi. Un mese fa il procuratore di Napoli, Giovanni Melillo, ha denunciato che la camorra fa affari anche con imprenditori: c’è una serie di intrecci che la città non vuole vedere, solo quando ci sono questi episodi tragici, allora si scende in piazza, ma bisognerebbe ribellarsi giorno per giorno”.
Il cardinale arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe, ha pregato per Noemi durante l’omelia della Messa per la processione di San Gennaro, la sera del 4 maggio. “Quanta crudeltà e malvagità! Sono criminali, sono barbari. Non sono uomini degni di tale nome e di vivere in una società civile, tra la gente onesta, seria e perbene, per questo si nascondono nelle tane e si mimetizzano con il casco e la calzamaglia – ha affermato il porporato -. È una realtà che rattrista, addolora, indigna e non può lasciare impassibili.
Non possiamo, non dobbiamo assuefarci agli atti criminali, ai delitti, all’imperversare di questa gentaglia”.
Il card. Sepe ha invitato a “liberare il corpo sociale da questo cancro assassino” e a “cacciare il pericoloso nemico di oggi che è la criminalità e che è in mezzo a noi, nei condomini, nelle case vicina alla nostra” perché “sono in gioco la dignità e il futuro di Napoli e preoccupa non poco la presenza, tra le bande criminali, di giovani boss, che non solo possono diventare un modello da imitare, ma riescono ad avere facile presa su giovani da arruolare nella malavita”. “Non basta indignarsi, non basta condannare – ha ammonito l’arcivescovo -. C’è bisogno di ben altro; c’è bisogno che Chiesa, scuola, famiglie e istituzioni facciano rete sul piano educativo e formativo, al di là della repressione che spetta allo Stato”. Per il cardinale, “occorre riservare particolare attenzione e cura ai giovani, alcuni dei quali finiscono nelle maglie della malavita, per disperazione, per mancanza di reddito e di lavoro, che comunque non giustificano scelte sbagliate, ma debbono certamente costituire un campanello d’allarme, un richiamo alle varie espressioni della società perché, nell’ambito delle rispettive competenze e responsabilità, si attivino meccanismi virtuosi, che offrano opportunità di impegno lavorativo”. Infine, l’“appello alla responsabilità e all’impegno di tutti, perché
soltanto la collaborazione e la sinergia possono portare a soluzioni concrete e utili per realizzare il bene comune”.