Neonato abbandonato

Ottomila mamme per Giorgio

Per lui si è scatenata una gara di solidarietà che scalda il cuore in questi nostri tempi aspri: cascate di telefonate di aspiranti genitori e scatoloni di vestiti e giocattoli. In più, e ben oltre le fantasie, tutta Rosolina si è ricoperta di fiocchi azzurri: su case e negozi tantissimi hanno esposto il loro “Ben arrivato Giorgio”. Una storia che commuove e che, alla vigilia della festa della mamma, fa pensare a tante cose: la felicità per una vita salvata, l’incanto di un paese che lo ha simbolicamente adottato, la consolazione per la lunga liste di coppie che hanno chiesto di averlo (8.600)

Ha rischiato di essere la tragica storia di un bambino abbandonato. Non è un guaio di oggi, capitava anche nel passato, di più e in maniera più organizzata, grazie a qualche convento che si attrezzava con la ruota per accogliere gli esposti. Venuta meno quella, pur avendo fatto il mondo passi da gigante, noi non siamo migliorati. Ieri i bambini si lasciavano, affidati a qualche realtà caritativa (cosa che oggi si potrebbe fare in ospedale e nell’anonimato), invece si finisce per abbandonarli per strada.
Anche a Giorgio è andata così. Scaricato appena nato, neppure lavato e con tanto di placenta e cordone ombelicale, tra i cassonetti davanti al cimitero di Rosolina. Una giovane vita in un luogo di morte. Invece…
Invece un’anziana mamma, Vanda, cominciava la sua giornata andando a trovare il figlio Luca al cimitero, accompagnata dalla sua amica col cagnolino. Sono loro che si sono accorte di qualcosa: una borsa rossa tra i rifiuti. È là, tra una coperta bianca, una testina. Hanno chiamato l’ospedale: “C’è un bambino abbandonato davanti al cimitero, non si muove, sembra morto”.
L’ambulanza è partita a razzo dalla casa di cura Madonna della Salute di Porto Viro, guidata da Marco Marangon. “Marco pareva un pilota di Formula 1” ha scritto in una lettera struggente rivolta al bambino l’infermiera che gli ha tagliato il cordone e gli ha regalato il primo abbraccio, dopo gli accertamenti del medico Anna Tarabini.
Il piccolo era in ipotermia: lo hanno avvolto nel telo sterile, hanno alzato al massimo il riscaldamento dell’ambulanza e sono ripartiti a sirene spiegate. A quel suono il bimbo ha cercato di piangere (“Come il miagolio di un gattino”). E, meraviglia, ha aperto gli occhi.
L’infermiera racconta che quello sguardo le è entrato dentro. Ha desiderato immediatamente di esserne la mamma. Lo ha accarezzato lieve sul viso. E lui le ha preso il dito cercando di succhiarlo: infreddolito e affamato.
Lo hanno chiamato Giorgio. Non perché è stato ritrovato il 24 aprile, giorno dopo la festa del santo di cui porta nome e grinta, ma in onore all’infermiera: Giorgia Cavallaro.
Per lui si è scatenata una gara di solidarietà che scalda il cuore in questi nostri tempi aspri: cascate di telefonate di aspiranti genitori e scatoloni di vestiti e giocattoli. In più, e ben oltre le fantasie, tutta Rosolina si è ricoperta di fiocchi azzurri: su case e negozi tantissimi hanno esposto il loro “Ben arrivato Giorgio”.
Una storia che commuove e che, alla vigilia della festa della mamma, fa pensare a tante cose: la felicità per una vita salvata, l’incanto di un paese che lo ha simbolicamente adottato, la consolazione per la lunga liste di coppie che hanno chiesto di averlo (8.600). E la circostanza del ritrovamento: un’anziana mamma che, andando in cimitero per la quotidiana visita al figlio perduto, ha salvato quella vita abbandonata. E la lettera che Giorgia ha scritto al piccolo, perché sappia come è stato trovato e che si chiude con: “Ti auguro di diventare un uomo… disposto a qualunque sacrificio per proteggere il proprio bambino”.
Ma non è possibile lasciar fuori da questa storia la vera mamma di Giorgio: la sua disperazione, la sua solitudine, forse la sua non libertà di fronte a questa piccola vita che, non va scordato, grazie a lei è nata. Anche al suo dolore, di oggi e dei giorni che verranno, va il nostro pensiero.

(*) direttore “Il Popolo” (Concordia-Pordenone)