Camorra

Scampia: avviato cantiere per abbattere Vela verde. Don Gargiulo (parroco): “Non è Gomorra. I giovani restano per costruire una realtà diversa”

L’obiettivo della demolizione è una riqualificazione del quartiere di Napoli, noto per il degrado grazie all’immagine diffusa dai media, ma, oltre all'”epica del male” come la definisce il sacerdote alla guida della chiesa di Maria SS. del Buon Rimedio dal 2006, e ai tanti problemi che affliggono l’area, c’è anche una parte sana, la più consistente, che lavora e s’impegna. Il ruolo della Chiesa, spiega, è fondamentale per la missione evangelizzatrice, il sostegno di chi sta in difficoltà e come baluardo di legalità. L’auspicio è che si realizzino passi concreti, e non tiepidi, per un riscatto più incisivo, la garanzia dei diritti dei cittadini, un ritorno alla normalità. Un esempio? L’avvio della facoltà di Scienza della nutrizione

Da simbolo di architettura all’avanguardia a immagine del degrado e della criminalità. Questo è stato il destino delle Vele di Scampia, quartiere napoletano associato dai media alla camorra e al malaffare. Qualche giorno fa, grazie al progetto Restart Scampia, che punta a riqualificare l’area, è stato avviato il cantiere per abbattere la più piccola delle quattro restate in piedi, la Vela verde: le prime tre sono state già demolite a partire dagli anni Novanta e altre, tranne una, lo saranno in futuro. A don Alessandro Gargiulo, parroco dal 2006 di Maria SS. del Buon Rimedio, la parrocchia delle Vele di Scampia, chiediamo come si vive oggi nel quartiere.

Don Alessandro, è un segno importante l’avvio del cantiere?

Le Vele sono un incubatore di male sociale, ma sono anche servite a creare consenso per le politiche e i politici.

L’abbattimento di una di esse è, certamente, un segno importante, ma a noi interessa soprattutto quello che c’è ancora da fare per un riscatto ancora più incisivo. Per ora ci sono passi tiepidi perché non hanno il segno e il valore di un cambiamento totale, quale potrebbe essere l’entrata in funzione della facoltà di Scienza della nutrizione, che stiamo aspettando da tempo. L’edificio, costruito sullo spazio di una Vela già abbattuta, è finito, ma ancora non è attiva la facoltà.

Lei è parroco a Scampia dal 2006: ha visto un miglioramento in questi anni?

Scampia negli ultimi anni ha vissuto un movimento di liberazione,

che non può essere attribuito a una stagione breve: è la fatica vissuta da alcune istituzioni e dalla Chiesa con l’attenzione straordinaria che il card. Crescenzio Sepe ha dato al territorio. Un grande sforzo hanno compiuto anche le forze dell’ordine, la polizia, ma, ribadisco, c’è ancora tanto da fare.

L’equazione Scampia-Vele uguale a camorra e “Gomorra” quanto è corretta?

È falsa l’idea che Scampia sia la camorra. Oggi abbiamo una grande difficoltà a raccontare il bene: si diventa, a volte, o retorici o patetici quando si cerca di farlo, eppure, questo è un quartiere che vive sull’onestà di tantissima gente, padri di famiglia orgogliosi dei figli, persone che lavorano, s’impegnano e si mettono insieme per fare cose che toccherebbero alle istituzioni. L’equazione con “Gomorra” è molto difficile da vivere: gli evidenti segni di sviluppo e miglioramento sono soffocati a livello mediatico da questa immagine che diventa una condanna:

su storie ed eventi accaduti è nato un filone narrativo, che io chiamo l’epica del male.

Quando facciamo i gemellaggi con altre realtà parrocchiali del nord, il primo sentimento provato dalle persone che vengono qui è lo stupore perché si accorgono di quanta umanità e bellezza c’è nella vita della nostra gente.

Quali sono i maggiori problemi?

Innanzitutto, quello della scarsa vivibilità, poi quello della gestione dei rifiuti, della sicurezza delle strade, della prepotenza di alcuni, che molto spesso mortifica la vita della gente perbene. Purtroppo, si è permesso ad alcuni sistemi economici paralleli, espressione della malavita, di crescere. Qui lo spaccio stato a cielo aperto era un drammatico segno di abbandono. Abbiamo anche il problema del reinserimento e recupero di ex detenuti di età avanzata che non hanno come riorganizzare la vita e sono più soggetti alla recidiva.

La disoccupazione nel quartiere è un problema generalizzato?

La disoccupazione è alta: gli ammortizzatori sociale hanno tamponato le difficoltà delle persone, ma non hanno innescato processi virtuosi, non abbiamo un’economia florida. Ci sono tanti padri di famiglia senza lavoro, madri che con la pensione di reversibilità sostengono i nuclei familiari dei figli e magari sono costrette anche ad andare a lavorare. Di fronte a tutte queste difficoltà, c’è un tentativo di riorganizzazione dal basso: sono le persone che cercano degli spiragli, ma le opportunità sono poche. Malgrado ciò,

sono molti i giovani che scelgono di rimanere

per costruire una comunità dal basso, con lo sviluppo di una identità comune.

Quali sono gli elementi positivi presenti a Scampia?

La prima realtà positiva a Scampia è rappresentata dalle famiglie, ammortizzatore sociale senza il quale anziani, giovani e bambini sarebbero in una situazione disperata, poi la scuola che lavora con impegno e consapevolezza, le comunità parrocchiali, che sono a Scampia dal primo momento, prima della municipalità, alcune associazioni.

Qual è il ruolo della Chiesa in un quartiere difficile come Scampia?

È quello di stare accanto alle persone nello spirito del Vangelo. Questo è quello che ci contraddistingue: non abbiamo risorse né poteri da supereroi, ma come Chiesa abbiamo scelto di vivere accanto alla gente in un posto dal quale molti sarebbero voluti andare via. Questo coraggio della Chiesa è stato sposato anche da tanti giovani che incominciano a sognare con gli occhi della fede una realtà diversa impregnata dallo stile del Vangelo. Oltre alla missione evangelizzatrice, abbiamo, poi, un ruolo di sostegno per chi, cattolico e non, è in difficoltà rispondendo a bisogni primari delle persone, come pagare le bollette. Nella nostra società, partire dalle periferie diventa un’opportunità per vedere meglio il mondo, anche se i dolori, le sofferenze, le solitudini si amplificano in un mondo un po’ marginalizzato: stare accanto è nostro compito, come pure essere presidio di legalità perché qui è una zona di confine e c’è la possibilità di evangelizzare il mondo di coloro che hanno scelto di stare fuori dalla comunità civile con le loro azioni.

Quante sono le parrocchie nel quartiere?

A Scampia ci sono quattro parrocchie. Quella di Maria SS. del Buon Rimedio a breve avrà una nuova casa: stiamo costruendo la nuova chiesa, a 50 metri dalla vecchia, con i fondi della Cei. L’8 ottobre scorso abbiamo già inaugurato l’oratorio parrocchiale. Nel prossimo anno dovrebbero finire i lavori della nuova chiesa. La vecchia è una struttura piccola, nata come “temporanea” nel 1978!

Un auspicio per Scampia…

Una presenza viva delle istituzioni, azioni costanti che garantiscano ai cittadini i diritti fondamentali,

tornare alla normalità.