Verso il 26 maggio
In gioco non è tanto l’Europa ma “come” l’Italia starà in Europa. Per la Regione Piemonte è sfida Chiamparino-Cirio. Nei Comuni la vera democrazia diretta e partecipativa
Un ministro dell’Interno che brandisce il rosario e il crocifisso come strumenti di campagna elettorale mentre chiude i porti (e i cuori) e vuole per legge tra i delinquenti quelli che soccorrono i più poveri tra i poveri, i disperati in fuga da guerre, violenze e povertà.
Sarà questa l’immagine delle elezioni europee 2019 che resterà alla storia?
O saranno i siparietti grevi dei due vicepremier e capipartito, che in un gioco delle parti ben studiato si randellano su tutto, salvo poi assicurare che andranno avanti insieme altri quattro anni. E il giorno dopo ricominciare da capo. Come Sandra e Raimondo in Casa Vianello.
Che barba che noia, che noia che barba… Verrebbe da chiosare l’insostenibile teatrino con le parole di Sandra Mondaini.
Se non fosse che la situazione dell’Italia e dell’Europa è questione davvero seria, spunti per risate e divertenti ironie sarebbero infiniti. Come innumerevoli sono le provocazioni programmate per favorire scontri tra le opposte tifoserie per far emergere la forza muscolare di nuovi improbabili capitani. Scontri che dal virtuale, sui social, in alcuni casi diventano però violenze reali.
Un irresponsabile e pericoloso gioco delle parti che disorienta molti e alza cortine di fumo per nascondere ed evitare il confronto sui problemi reali – economia, sanità, sociale – che subito dopo il voto, immancabili, si ripresenteranno in tutta la loro crudezza.
Eppure è proprio oltre questa barriera fumogena che bisogna spingere le sguardo per votare con “scienza e coscienza”, valutando la realtà e gli attori in campo, non gli slogan e meno ancora le minacce.
Per l’Europa.
La scelta non è a favore o contro l’Europa. Perché nell’Europa siamo e resteremo. Quello che può cambiare è il “come” l’Italia starà “dentro” l’Europa. Se da Paese che lavora per cambiare regole troppo rigide e superate, ma anche per costruire un futuro di maggior integrazione e di maggiore benessere. Che ci consenta di restare liberi e anche orgogliosi della nostra specificità culturale, sociale, religiosa. O si collocherà tra i paesi e le forze “sovraniste” che l’Europa la vogliono disgregare. Fuori dall’Europa, l’Italia come gli altri singoli paesi europei, non ha alcuna probabilità di reggere il confronto con le grandi potenze mondiali, Cina, Russia e Usa in particolare. Insieme con gli altri paesi europei, la sfida si può affrontare. L’Europa non è una camicia di forza, è una protezione. Probabilmente l’unica di cui può godere l’Italia.
In gioco è anche il futuro prossimo del governo gialloverde. Un marcato cambio dei rapporti di forza tra i due partiti oggi alleati nell’esito del voto, potrebbe portare alla caduta dell’esecutivo e addirittura alla fine anticipata della legislatura con elezioni politiche in autunno.
Per la Regione.
È dalla snodo regionale che transita gran parte delle risorse che arrivano dall’Unione europea. Per capire cosa significhi, si guardi alla trasformazione vissuta in questi anni dalla città di Cuneo. I progetti che hanno permesso di trasformarla hanno attinto ai fondi europei. Per la stessa via è transita il fiume di risorse di cui hanno beneficiato l’agricoltura e la montagna, ma anche la scuola e la formazione professionale.
È tutt’altro che indifferente quindi chi sarà a governare il Piemonte nei prossimi cinque anni. La corsa alla presidenza della Regione formalmente è aperta a quattro candidati, ma le possibilità di vittoria sono circoscritte a due soltanto: tra Sergio Chiamparino sostenuto da una vasta area di centrosinistra e di moderati e Alberto Cirio, sostenuto da Forza Italia (cui appartiene) e Lega Nord con il corollario di altre liste più o meno di destra. All’interno dei due schieramenti c’è una nutrita schiera di esponenti cuneesi tra i quali non sarà difficile scegliere.
Per i Comuni.
Nei 179 Comuni che vanno alle urne, la scelta è forse più facile perché chi vota conosce o può conoscere direttamente i candidati e la loro biografia personale e politica. Ma è più forte il rischio di cadere nelle diatribe personalistiche o lasciarsi tentare da interessi particolari più che dal bene della comunità. Non sono pochi quelli che hanno tirato in ballo impropriamente tematiche nazionali, quella dei migranti su tutte, per incolpare sindaci uscenti o nuovi candidati di voler aprire le porte a orde di immigrati. Quando la materia, è ben noto, è regolata per l’appunto dal livello nazionale di governo tramite le Prefetture, con appositi protocolli e intese, e lascia poco o nulla alle scelte delle amministrazioni locali.
La conoscenza diretta delle persone e un’informazione attenta sui programmi e sulle proposte, può chiarire quale tipo di comunità il candidato sindaco e la sua lista si propone di costruire con la collaborazione di tutti i cittadini disponibili a dare il proprio contributo alla gestione della cosa pubblica. Come vuole la vera democrazia diretta e partecipativa, fatta di relazioni concrete e quotidiane, costruttive, capaci di superare diversità ideologiche e contrapposizione di piccoli e grandi interessi.
(*) direttore “La Guida” (Cuneo)