Elezioni europee
Domani i greci sceglieranno i 21 deputati che li rappresenteranno al Parlamento europeo. Alla vigilia del voto, che giunge dopo anni di sacrifici e tagli sociali voluti dalla Troika in cambio di prestiti, a parlare è mons. Sevastianos Rossolatos, arcivescovo di Atene e presidente della Conferenza episcopale greca: “la speranza dei greci è che l’Ue cambi rotta diventando più un’Europa dei popoli e non della finanza. Abbiamo dato tanto al Vecchio Continente in termini di valori e di cultura. Ora è tempo che l’Europa ricambi con giustizia e non con austerità”
“I Greci sono ancora per l’Europa. L’unica forza politica greca a favore dell’uscita dall’Ue è il Partito Comunista. Ma va detto anche che in questa campagna elettorale greca non si è parlato per nulla di Europa”.
Mons. Sevastianos Rossolatos, arcivescovo di Atene e presidente della Conferenza episcopale greca, mantiene una punta di speranza quando gli si chiede delle prossime elezioni europee in Grecia. Domenica 26 maggio i greci andranno al voto per eleggere i loro 21 rappresentanti all’Europarlamento. I sondaggi danno il partito di opposizione Nea Demokratia (vicino al Ppe, partito popolare europeo) in testa con il 35% che dovrebbe fruttare 9 deputati (+ 4 rispetto al voto del 2014), seguito da Syriza, il partito del premier Tsipras, con circa il 26% (7 deputati, +1 rispetto al 2014). I restanti seggi se li contenderanno gli estremisti di destra di Alba Dorata (al 7%), il Kinal (nato dal Pasok, centro sinistra), i comunisti e i centristi. Tutti rischiano di non superare la soglia di sbarramento del 3%. Nel 2014 andò a votare il 60% degli aventi diritto e le urne sancirono la vittoria di Alexis Tsipras. I greci tornano alle urne con alle spalle cinque anni di sacrifici, di tagli sociali, di austerità chiesti dalla Troika (Ue, Fondo Monetario e Banca Centrale europea) per garantire il salvataggio del Paese. Che non è ancora salvo.
Eccellenza, secondo Eurobarometro il 57% dei Greci ha una percezione favorevole dell’Europa, percentuale tra le più basse nell’Ue, ma in crescita. Solo il 21% sarebbe favorevole ad una uscita…
Credo che il popolo greco sia in qualche maniera realisticamente consapevole che fuori dall’Ue il Paese sarebbe ancora più debole e non parlo solo a livello economico e finanziario.
Anche in politica estera, per esempio. Sappiamo bene i problemi che abbiamo con la Turchia, con la Macedonia. Con quest’ultima è stato fatto un accordo, sostenuto dall’Europa, sul nome: non più Repubblica di Macedonia ma Macedonia del Nord. Accordo osteggiato sia dagli alleati di Tsipras che dall’opposizione, guidata da Nea Demokratia, e per questo approvato con una maggioranza risicata.
Di cosa si è parlato in questa campagna elettorale?
I candidati si sono concentrati solo sulla situazione interna, economica e finanziaria del Paese. Il voto di domenica per molti non è altro che un sondaggio in vista delle elezioni politiche nazionali previste in ottobre. Per essere ancora più chiari:
queste elezioni europee rischiano di diventare una sorta di referendum sul Governo Tsipras.
Intende dire che, in caso di sconfitta dei partiti di Governo, si andrebbe ad elezioni anticipate?
Nessuno adesso, nemmeno tra gli analisti più accreditati, si spinge a fare simili previsioni. Ma è chiaro che potrebbe essere una possibilità. Tsipras per ora evita di pronunciarsi. L’obiettivo è arrivare a votare in ottobre, alla fine naturale del mandato.
Recentemente il Governo ha emanato la riduzione dell’Iva per i generi alimentari di base dal 24 al 13%, reintrodotto il pagamento della Tredicesima delle pensioni e stabilito una proroga delle cartelle esattoriali. Forse con queste misure Tsipras cerca di recuperare parte del consenso perduto con le politiche di austerità volute dalla Troika in cambio dei prestiti?
Non credo che queste misure possano pesare sul voto. Dopo aver sofferto per quattro anni (dall’approvazione del terzo piano di salvataggio, in seguito al referendum del luglio 2015 in cui il 61% degli elettori votò contro, ndr.)
il popolo greco, oberato da tasse e tagli sociali, non si fida molto di questa tattica dei vari governi di dare aiuti prima delle elezioni. Queste misure non sposteranno molti voti.
Chi potrebbe influire sul voto invece potrebbe essere la Chiesa ortodossa i cui rapporti con il Governo sono piuttosto tesi soprattutto dopo la decisione di Tsipras di eliminare la tradizionale definizione dei religiosi (circa 9 mila tra preti e vescovi) come dipendenti dello Stato…
Non si è parlato molto di questa vicenda. I Governi, infatti, hanno un certo timore della Chiesa ortodossa che ha influenza nella società greca. Lo stesso governo Tsipras non intende tagliare le relazioni con la Chiesa ortodossa nella consapevolezza che è un elemento imprescindibile della storia del Paese.
Il tema delle migrazioni, molto presente nel dibattito europeo, come è stato affrontato in campagna elettorale?
Non in modo particolare. La paura, tuttavia, rimane soprattutto in vista dell’estate quando potrebbe riprendere il flusso migratorio ora attenuato. Se si dovesse verificare una crisi di rapporti con la Turchia il rischio di vedere un aumento di arrivi sarebbe reale e avrebbe risvolti drammatici. Negli ‘hot spot’, i centri di identificazione dei migranti, ci sono migliaia di migranti che devono essere integrati nella società greca che è già in affanno. E questo mentre l’Europa chiude le sue porte.
Molti analisti pensano che questo voto potrebbe sancire l’affermazione di formazioni sovraniste e nazionaliste. Potrebbe accadere lo stesso in Grecia con il partito di estrema destra Alba dorata?
Impressiona il fatto che Alba Dorata abbia circa il 7% dei voti. Una percentuale che fa paura anche alla luce dei problemi di ordine pubblico che i suoi membri provocano. Il clima è molto teso e questi estremisti incutono paura. Il Governo non mostra particolare decisione nel fronteggiare questi gruppi, che sono anche anarchici.
5 anni fa il 60% dei greci andò a votare. Una percentuale alta. Adesso vede un rischio astensionismo?
La delusione del popolo davanti alle politiche dei Governi incapaci di migliorare la condizione di vita delle famiglie, dei disoccupati, di aumentare i salari e le pensioni potrebbe indurre molti a disertare le urne.
I greci andranno al voto delusi.
Saranno urne piene di delusione. La speranza del popolo greco è che l’Ue cambi rotta diventando più un’Europa dei popoli e non della finanza. La Grecia ha bisogno di respiro e speranza. Abbiamo dato tanto al Vecchio Continente in termini di valori e di cultura. Ora è tempo che l’Europa ricambi con giustizia e non con austerità.