Indagini in corso
Come funziona l’affido in Italia? Ci sono due leggi che lo regolano, la 184 del 1983 e la 149 del 2001. Il giudice, ora in pensione, afferma: “Se le ipotesi trapelate dai giornali fossero vere, ci sarebbe in Italia, che con tutti i suoi problemi resta un Paese civile, un traffico di minori ordito da un’organizzazione criminale che comprende psicologi, operatori dei servizi, gli enti che erogherebbero i contributi, con la magistratura che sta a guardare!”
Dopo il gran polverone causato dall’inchiesta “Angeli e demoni” sugli affidi in Val d’Enza, in provincia di Reggio Emilia, vediamo come funziona l’affido in Italia. Esso è regolato dalla legge 184 del 1983 e da quella 149 del 2001. La prima stabilisce il diritto inequivocabile del minore di crescere in un ambiente in cui esprimersi liberamente e affermare le sue capacità. Se una famiglia versa in particolari condizioni, tali da nuocere alla salute psicofisica del minore, quest’ultimo viene collocato temporaneamente presso un altro nucleo familiare, idoneo a garantirgli sostegno economico, ma anche affettivo e morale. L’affidamento familiare è disposto dal servizio locale, previo consenso manifestato dai genitori o dal genitore esercente la potestà, ovvero dal tutore, sentito il minore che ha compiuto 12 anni e, se opportuno, anche di età inferiore. Il giudice tutelare del luogo ove si trova il minore rende esecutivo il provvedimento con decreto. Ove manchi l’assenso dei genitori esercenti la potestà o del tutore, provvede il tribunale per i minorenni. La legge 149 ha dato nuovo impulso all’istituto dell’affidamento, precisando che il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia. Nel provvedimento di affidamento familiare deve essere indicato il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza durante l’affidamento con l’obbligo di tenere costantemente informati il giudice tutelare o il tribunale per i minorenni. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, intervengono con misure di sostegno e di aiuto economico in favore della famiglia affidataria. Considerando anche quanto le leggi stabiliscono, a Pasquale Andria, presidente emerito del Tribunale per i minorenni di Salerno, chiediamo un parere su quanto accaduto in Val d’Enza.
Cosa pensa di questa vicenda?
In caso di allontanamento di un bambino dalla propria famiglia di origine e di affidamento a una famiglia terza ci sono un controllo del Tribunale dei minorenni e la possibilità per i genitori di costituirsi in giudizio e difendersi. In caso di povertà, c’è l’opportunità della nomina di un difensore di ufficio. Mi chiedo, allora, come sia stato possibile, nel caso della Val d’Enza, che siano stati fatti degli affidamenti senza che i genitori fossero convocati da un giudice. Per questo,
quella di Reggio Emilia mi sembra una vicenda incredibile, sono rimasto sconvolto.
Ora bisogna attendere i risultati delle indagini: ci sono delle persone finite agli arresti domiciliari, degli elementi ci sono stati, ma nessuno di noi ha letto gli atti in possesso del pubblico ministero competente. Certamente, ci sono situazioni urgentissime che richiedono da parte dei servizi un collocamento immediato del bambino fuori famiglia, ma nelle 24 ore successive il dossier arriva al pubblico ministero minorile e poi al giudice che agisce su impulso del pm. Alcuni operatori possono avere un entusiasmo della funzione che è fuorviante, ma fino a questo punto? Insomma, mi stupisco di questo business gestito dai servizi fuori di ogni controllo o con la complicità, dovremmo dire allora, della magistratura: tutto ciò mi lascia molto perplesso. C’è dell’altro.
Ci spieghi…
Questi affidamenti, a quanto è trapelato, sarebbero stati disposti nel contesto di una indagine di abuso sessuale e maltrattamento ai danni di minori da parte di un genitore. In questo caso, il giudice minorile interviene immediatamente all’inizio di tutto il procedimento. Com’è possibile che in caso di abuso in danno di minore non siano stati avvertiti i livelli giurisdizionali competenti, prima la procura della Repubblica ordinaria competente e poi la procura minorile?
Chi controlla su tutto l’iter dell’affidamento?
Il giudice tutelare o quello minorile, a seconda dei casi, se l’affido è consensuale o meno. Un caso è se ho di fronte una situazione familiare di fragilità soprattutto economica, per cui la famiglia non ce la fa a mantenere il figlio o i figli: in questa situazione bisognerebbe intervenire con dei sussidi economici, ma talvolta può essere utile procedere a un affidamento temporaneo etero familiare. Altro è se l’affidamento nasce come risposta alla situazione di bisogno del minore dentro un’indagine per abuso, cioè per un reato che ha come vittima il minore stesso: in questo caso, ribadisco, c’è il controllo del pm prima e del giudice poi. Se le ipotesi trapelate dai giornali fossero vere, ci sarebbe in Italia, che con tutti i suoi problemi resta un Paese civile, un traffico di minori ordito da un’organizzazione criminale che comprende psicologi, operatori dei servizi, gli enti che erogherebbero i contributi, con la magistratura che sta a guardare!
Secondo i giornali alle famiglie affidatarie sarebbero andati fino a 1.200 euro al mese: la cifra le sembra verosimile?
A dir la verità, sono stupito delle cifre trapelate dai giornali circa il sussidio al mese alle famiglie affidatarie. I sussidi dipendono dalle disponibilità che hanno i comuni. Nella mia esperienza, per far dare 400/500 euro al mese in caso di affidamento, dovevo ‘elemosinarli’. Ovviamente, io parlo del Sud. Non dimentichiamo, poi, che ci sono anche famiglie che rinunciano al sussidio.
Nella sua esperienza le è mai capitato di avere il dubbio che la famiglia affidataria volesse fare un business?
Questo lo escludo, mentre qualche volta ho avuto il sospetto che un provvedimento realizzato dai servizi sociali, senza passare prima attraverso la mediazione del giudice, preludesse al tentativo di precostituire una situazione di fatto in base alla quale il minore una volta trasferito nella famiglia affidataria potesse permanervi a lungo in modo da creare una situazione in cui poi il piccolo venisse adottati.
Uno dei pericoli dell’affidamento è la selezione delle famiglie affidatarie perché deve essere sicuro che non ci sia l’obiettivo recondito di adottare il minore,
ma solo una disponibilità temporanea per permettere alla famiglia di origine di rimettersi in sesto. In quei pochi casi che mi sono capitati ho revocato il provvedimento di affido. In 33 anni di giustizia minorile mi è successo due o tre volte. Al Sud comunque l’istituto dell’affidamento non è mai decollato, al contrario che al Nord.
In quali casi si dispone l’affidamento di un minore?
Possono esserci abusi attivi e passivi ai danni del minore,
nel caso di disinteresse dei genitori, un abbandono che non si sia trasformato ancora in una dichiarazione di adottabilità. L’affido si può stabilire quando i genitori sono inadeguati: per totale incapacità genitoriale trascurano i figli, lasciandoli in condizioni igienico-sanitarie negative e senza vaccinazioni. I casi possono essere tanti. I più gravi riguardano gli abusi sessuali.