Società
Un conto è discutere, dialogare e confrontarsi, anche in maniera animata, su chi non si vede di persona. Un altro, ed è del tutto differente, è parlare di qualcuno di concreto, un vicino, un amico, un conoscente, una persona in carne e ossa, con nome e cognome. È tutta un’altra realtà
Si fa presto a parlare di “Sea Watch 3”. È fin troppo facile, pur essendo un tema di grande attualità e altamente divisivo, insulti alla capitana compresi. Si fa presto a dire immigrati a casa, immigrati di qua, immigrati di là. Vadano in Olanda, in Belgio o in Francia, non a casa nostra. No, affermano altri, restino qui. Entrino nei nostri porti. Non possiamo non accoglierli. È un dovere di umanità.
Si fa presto, dicevo. Sì, perché un conto è discutere, dialogare e confrontarsi, anche in maniera animata, su chi non si vede di persona. Un altro, ed è del tutto differente, è parlare di qualcuno di concreto, un vicino, un amico, un conoscente, una persona in carne e ossa, con nome e cognome. È tutta un’altra realtà.
Perché dico questo, qualcuno si chiederà? Perché la notizia della morte in strada del 62enne Lino Santamaria avvenuta in centro a Cesena la sera di mercoledì della scorsa settimana non mi ha lasciato indifferente. Quando la morte ti arriva così vicino, per abbandono, per solitudine, per disperazione, ognuno di noi non può non interrogarsi. Io l’ho fatto. Lo ammetto: ci sono rimasto di sale. È successo qui, a due passi da me, da noi. Accanto a noi.
È verissimo anche che Santamaria era uno che non si lasciava avvicinare. Lui che veniva da Napoli e aveva un impiego statale, a un certo punto ha mollato tutto e si è affidato alla fortuna, al gioco. Poi sappiamo com’è andata a finire.
Noi, mi chiedo, che facciamo? Avremmo potuto fare qualcosa in più per lui? Questo male di vivere che in estate, come in occasione delle festività natalizie, cresce a dismisura e porta tanti a lasciarsi andare o a buttarsi sui binari per farla finita, non può lasciarci distaccati. È il vero malessere del nostro tempo nel quale invece pare, dico pare, che ognuno abbia tutto il desiderabile possibile. Non è così, allora, mi verrebbe da concludere.
La realtà non è come viene rappresentata. C’è qualcosa che sfugge, che mette dentro all’animo umano un’irrequietezza che se non trova pace rischia di sfociare in disperazione. Non bastano le vacanze. Non basta la morosa, neppure quella nuova che sembra ridonare rinnovata gioventù a troppi adulti/adolescenti. Non bastano le auto e le ville di lusso.
Non basta… “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna…” domanda e si risponde Simon Pietro nel Vangelo dell’apostolo Giovanni. Forse, in quest’estate torrida, nonostante tutto un luogo sicuro ci attende. Da scoprire, per vincere il male di vivere.
(*) direttore “Corriere Cesenate” (Cesena-Sarsina)