Elezione a Strasburgo
Con 383 sì rispetto ai 374 necessari, e 327 contrari, la politica tedesca, esponente dei popolari, si assicura il ruolo di futuro presidente dell’Esecutivo: entrerà in carica dal 1° novembre. Un programma di lavoro ricco, ambizioso, forse un po’ utopistico, che convince i gruppi politici “europeisti” e lascia fuori dalla maggioranza sovranisti, verdi e sinistra
Non lascia spazio ad equivoci – in quanto ad europeismo – il programma di lavoro presentato martedì 16 luglio nell’emiciclo di Strasburgo da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione eletta in serata con un ridottissimo margine di voti. L’intervento in emiciclo puntava a raccogliere attorno a sé una solida maggioranza fra i banchi dell’Europarlamento, che infine le ha assegnato 383 sì rispetto ai 374 necessari (327 i contrari, 22 astenuti, una scheda nulla). Un programma dai forti accenti europeisti – non privo di qualche equivoco e di strategici “silenzi” – da realizzare nell’arco di cinque anni, a partire dal prossimo 1° novembre, quando succederà al lussemburghese Jean-Claude Juncker alla guida dell’esecutivo.
“Riscoprire l’unità”. “L’Europa va rafforzata e chi la vuole far fiorire mi avrà dalla sua parte, ma chi vuole indebolire questa Europa troverà in me una dura nemica”, ha dichiarato Von der Leyen, 60 anni, sposata, 7 figli, esponente di spicco dei cristiano democratici tedeschi, molto vicina ad Angela Merkel, già ministro della famiglia, del lavoro e della difesa. “Dobbiamo riscoprire la nostra unità e se siamo uniti dall’interno nessuno ci potrà dividere dall’esterno e allora potremo trasformare le sfide di domani in opportunità”. Donna decisa nel carattere, abile mediatrice, pragmatica (“dobbiamo avere un’economia forte perché se vogliamo spendere prima occorre guadagnare”), era stata indicata come candidata alla Commissione lo scorso 2 luglio dal Consiglio europeo. Da lì in poi ha costruito un elenco di materie su cui intervenire che in parte ricalca quello della Commissione Juncker, in parte guarda, con furbizia, ai temi che interessano la maggioranza europeista dell’Europarlamento (dal cui voto favorevole dipende il suo mandato), senza mai uscire dallo schema dei Trattati ed evitando particolari cambi di rotta, accelerazioni o profonde riforme istituzionali.
Padri e madri dell’Ue. Scontato, ma opportuno, il riferimento ai “padri fondatori e alle madri fondatrici”, e ai successi realizzati dall’Ue in 70 anni di integrazione: pace, libertà, diritti, sviluppo economico e sociale. Ai Popolari, sul cui sostegno non ha dubbi, offre il rispetto delle regole Ue vigenti, senza ulteriori slanci. Parla di sviluppo economico, di sostegno alle piccole e medie imprese, di equità fiscale (con la promessa di far pagare le tasse ai giganti del web). Tace invece su possibili aumenti del bilancio comunitario, che sarebbero necessari per assegnare risorse aggiuntive e capacità d’azione all’Ue: ma per questo dovrebbe “disturbare” troppi premier della famiglia Ppe, a partire dai paesi Visegrad.
Economia e pilastro sociale. Le maggiori “concessioni” sono rivolte a Socialisti e democratici e ai liberali del gruppo Renew Europe. Ai primi lascia intendere un alleggerimento del Patto di stabilità e del rigore finanziario, un forte impulso del “pilastro sociale” europeo, il salario minimo: “voglio garantire che in una economia sociale di mercato ogni persona che lavora a tempo pieno possa avere un salario minimo che garantisca una vita dignitosa”. Per i liberali sembrano confezionate ad hoc le insistenze sul rispetto dello stato di diritto (alcuni Paesi dell’Europa centro-orientale sembrano venir meno a questi principi fondanti), il rafforzamento dell’Unione economica e monetaria e del libero mercato interno. Piuttosto “distratta” la Von der Leyen su alcuni argomenti importanti a livello Ue: il futuro della politica agricola, la difesa comune, la politica energetica, la sfida digitale.
Green Europe e migrazioni. Ampio lo spettro dei temi trasversali, a partire dalla lotta al cambiamento climatico (rassicurazioni non sufficienti per ottenere il voto dei Verdi). “Presenterò un accordo verde per l’Europa nei primi cento giorni del mio mandato” perché “una delle sfide pressanti per l’Unione è mantenere il pianeta sano”. Nelle sue ambizioni “l’Europa deve diventare il primo continente climaticamente neutrale entro il 2050”. Quindi riduzione delle emissioni di Co2 del 50 o del 55% entro il 2030, e introduzione della carbon tax. Capitolo migrazioni: “il Mediterraneo è diventato una delle frontiere più letali al mondo. In mare c’è l’obbligo di salvare le vite”. Per questo “proporrò un nuovo patto per la migrazione e l’asilo, inclusa la riforma dell’accordo di Dublino”. Parla di accoglienza e di sostegno solidale ai Paesi più esposti agli arrivi; insiste (in un discorso apparso pretenzioso e a tratti “troppo perfetto”) sull’urgenza di “rafforzare l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, con un corpo di 10mila guardie entro il 2024”. “Dobbiamo inoltre ridurre la migrazione irregolare, lottare contro gli scafisti e la tratta, tutelare il diritto di asilo e migliorare la condizione dei profughi tramite corridoi umanitari in stretta cooperazione con le Nazioni Unite”.
Bambini, giovani, donne… Fra i temi “traversali” figurano le opportunità per i giovani (triplicare i fondi per Erasmus, assegnare maggiori risorse per la “Garanzia giovani”), l’impegno per sradicare la povertà infantile e assicurare l’uguaglianza di genere, a partire dalla Commissione: “assicurerò una piena parità di genere nel mio collegio dei commissari. Se gli Stati membri non proporranno abbastanza candidati donne come commissari non esiterò a chiedere nuovi nomi”. Von der Leyen insiste: “le donne rappresentano la metà della popolazione europea; vogliamo la nostra giusta parte”. E poi il Brexit: a suo avviso la scelta dei britannici è un errore politico, ma poi torna il suo pragmatismo: “sono disposta a garantire una ulteriore proroga al recesso nel caso in cui fosse necessario più tempo per motivi validi. In ogni caso il Regno Unito rimarrà nostro alleato, nostro partner e un Paese amico”.
E le riforme? Piuttosto sfuggente la Von der Leyen si rivela su un tema essenziale: la distanza tra Ue e cittadini, nodo politico che attraversa il continente e che alle ultime europee ha (in parte) premiato le forze populiste e nazionaliste. Promette di sostenere l’iniziativa legislativa del Parlamento (che attualmente è in capo alla Commissione), di rilanciare la procedura degli Spitzenkandidaten per la scelta del prossimo presidente dell’Esecutivo, la necessità di giungere al voto a maggioranza in Consiglio sui temi di politica estera. Infine via libera alla “Conferenza sul futuro dell’Europa” con avvio nel 2020 e della durata di due anni, per dare l’opportunità ai cittadini di “svolgere un ruolo guida e attivo nella costruzione” della “casa comune”.