Politica
“Mettere in piedi un marchingegno complicatissimo per scoraggiare, impedire, intimorire chi pratica il salvataggio in mare è contrario alle Convenzioni internazionali sottoscritte dall’Italia e agli obblighi di solidarietà previsti dalla nostra Costituzione. Mi auguro che la Corte costituzionale garantisca l’osservanza di quest’ultima e delle leggi che devono consentirne l’attuazione”: è l’auspicio formulato al Sir da Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale
“Si sta demolendo la Costituzione un pezzo dopo l’altro”: non usa mezzi termini Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale, nel commentare al Sir l’approvazione definitiva del Decreto sicurezza bis, diventato legge dopo il voto di fiducia ieri al Senato. 18 articoli centrati principalmente sul soccorso in mare e la gestione dell’ordine pubblico, in particolare durante le manifestazioni sportive. Nell’articolo 1 si stabilisce che il ministro dell’interno “può limitare o vietare l’ingresso il transito o la sosta di navi nel mare territoriale” per ragioni di ordine e sicurezza, in particolare se si è compiuto il reato di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. Il decreto prevede multe da un minimo di 150 mila euro a un massimo di un milione di euro per le Ong che violano il divieto di accesso nel mare territoriale fino all’arresto in flagranza del capitano della nave che non si ferma di fronte allo stop della Guardia di finanza. Le imbarcazioni possono essere sottoposte a sequestro immediato, e potranno essere vendute o distrutte. Secondo Flick “sono in gioco i diritti fondamentali della persona. Mettere in piedi un marchingegno complicatissimo per scoraggiare, impedire, intimorire chi pratica il salvataggio in mare è, a mio avviso, contrario alle Convenzioni internazionali sottoscritte dall’Italia e agli obblighi di solidarietà previsti dalla nostra Costituzione”. Il professore è anche preoccupato del rischio che “si venga a creare una cultura di riprovazione del dissenso da fermare con qualsiasi strumento e mezzo. Così come la presunta aggressione ai confini nazionali”.
Ora la legge deve essere firmata dal presidente della Repubblica Mattarella, che probabilmente esprimerà i suoi dubbi in una lettera, come avvenuto ad ottobre con il primo decreto sicurezza. Da costituzionalista, cosa la preoccupa?
Mi preoccupa che si stia demolendo la Costituzione un pezzo dopo l’altro. Perché il decreto sicurezza bis disattende clamorosamente il rapporto con l’articolo 10 della Costituzione.
Noi non possiamo prendere decisioni legislative che siano in contrasto con normative internazionali da noi accettate.
Le convenzioni internazionali dicono che i migranti hanno diritto di asilo nel caso di fuga da guerra e persecuzione. La nostra Costituzione prevede il diritto di asilo anche se nel Paese di provenienza non vedono rispettate le libertà democratiche. L’obbligo di salvataggio in mare è un principio fondamentale di solidarietà delle Convenzioni internazionali, del nostro sistema costituzionale e penale. Per di più la Costituzione è stata scritta in un periodo nel quale l’Italia era ancora un Paese di emigranti e sapeva bene cosa voleva dire dover fuggire a tutto ciò che impedisce l’esercizio delle proprie libertà, compreso il diritto ad una vita migliore. Il secondo problema è che si continua a considerare la migrazione soltanto un problema di sicurezza pubblica. Inoltre mi pare inconcepibile e incomprensibile limitarsi a ragionamenti tecnici e acrobazie giuridiche per evitare la crisi di governo, omettendo di discutere il contenuto del provvedimento. Mi sembra giusto che il Presidente della Repubblica prenda una decisione di moral suasion, come ha già fatto la prima volta; anche se devo amaramente constatare che, se si ripete il bis, il primo ammonimento non ha funzionato. Il Presidente della Repubblica non ha il potere di bloccare una legge ma può soltanto ammonire e chiedere che venga riesaminata. In questo caso
perché vengono meno principi del diritto e dell’etica internazionale, del modo di convivere e il principio del salvataggio in mare.
La legge è strutturata in modo tale da sembrar fatta su misura – sia nelle condotte, sia nelle sanzioni – per impedire e scoraggiare il salvataggio in mare. E non cambia nulla il fatto che queste ultime siano state etichettate come sanzioni amministrative e non penali. Ieri si era parlato di una marcia indietro (o di una rivalsa) da Carola (Rackete) ad Oriana (Fallaci). Oggi si conclude con una lode e un ringraziamento alla Vergine Maria che benedice la chiusura dei porti.
Ringraziare la Vergine Maria perché darebbe una mano a trasformare il Mediterraneo in un cimitero che prenda il posto della spianata di Auschwitz è qualcosa di sconcertante.
Ora solo la Corte costituzionale potrebbe fermare la legge.
Evito di fare previsioni. Rispetto al primo decreto sicurezza la Corte aveva un aggancio formale nel dichiarare inammissibile l’impugnazione delle Regioni, le quali ritenevano che il decreto invadesse e ricadesse negativamente sulle loro competenze legislative (perché le tematiche della sicurezza e delle migrazioni sono di competenza di leggi statali). È una visione forse un po’ burocratica, non in linea con quella diversa adottata dalla Corte costituzionale in altra materia, come quella del fine vita, con una ordinanza di un anno fa di cui adesso dovrà occuparsi il Parlamento. Era una motivazione che personalmente mi lascia perplesso ma che si può condividere. In questo caso, invece, non c’è un problema di competenza dello Stato o delle Regioni perché
sono in gioco i diritti fondamentali della persona.
Mettere in piedi un marchingegno complicatissimo per scoraggiare, impedire, intimorire chi pratica il salvataggio in mare è, a mio avviso, contrario alle Convenzioni internazionali e agli obblighi di solidarietà previsti dalla nostra Costituzione. Mi auguro che la Corte costituzionale garantisca l’osservanza di quest’ultima e delle leggi che devono consentirne l’attuazione. Mi stupisce perciò che ci si limiti a discutere non del salvataggio di persone ma del salvataggio di una maggioranza che non c’è per mandare avanti il governo.
Il decreto inasprisce anche le pene durante le manifestazioni pubbliche e l’oltraggio e la resistenza a pubblico ufficiale. C’è il rischio di una repressione del dissenso?
Qui è in gioco un altro tipo di problema ossia la sproporzione tra l’ipotesi di reato, la reazione e l’inasprimento delle pene e sanzioni rispetto alle manifestazioni del dissenso, quando queste ultime non degenerino. Ricordo un esempio recente, il giornalista manganellato più volte a Genova dalla polizia. Come l’idea di sopprimere la stampa di prossimità negando gli aiuti economici fondamentali per realizzare il diritto all’informazione (pilastro della democrazia). Mi preoccupa che si venga a creare una cultura di riprovazione del dissenso da fermare con qualsiasi strumento e mezzo, così come come la presunta aggressione ai confini nazionali . Ad esempio utilizzando la possibile morte del migrante per costringere le altre nazioni europee ad adempiere ai loro doveri di solidarietà.
Con sanzioni pesanti e confisca delle navi delle Ong che cercano un porto sicuro si sta criminalizzando ancora di più la solidarietà?
La difficoltà e l’ostacolo posto alla solidarietà, che porta come conseguenza la possibilità di una sanzione penale, è a mio avviso
inaccettabile sul piano costituzionale.
Esempi di cronaca recente su episodi di violenza allucinante capitati in Italia da parte di bravi giovani italiani (le vicende di Corinaldo e Bergamo) o americani (arrivati non in barcone ma in aereo) dimostrano che il pericolo non sta nei barconi o nei poveri. O non solo in quelli.
Trova che con il contributo di certe leggi e atteggiamenti politici la società si sia incattivita? Ora chi ha la pelle nera ha paura.
E’ una società nella quale, in un modo o nell’altro, ciascuno con il suo piccolo o grande sassolino ha contribuito a creare dei
muri di incomunicabilità invece di cercare dei ponti di comunicazione.
Oppure ha strumentalizzato le paure delle persone. Questo è contrario allo spirito della Costituzione di solidarietà, integrazione, condivisione, compartecipazione. E ad una esigenza generale, di fronte ad una globalizzazione con le sue logiche spietate del profitto, che rischia di trasformarci non più in adoratori del vitello d’oro, come gli ebrei che andavano nella terra promessa, ma dell’algoritmo d’oro.