Intervista

Consiglio d’Europa: 70 anni di democrazia e diritti. Mons. Rudelli: “Trait d’union tra est e ovest”

L’Osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa, da poco nominato arcivescovo e nunzio apostolico, guida il Sir in visita all’organizzazione con sede a Strasburgo e che raccoglie 47 Stati membri di tutto il continente. Fondato nel 1949, il Consiglio promuove democrazia, stato di diritto e diritti umani che tutela attraverso la Corte

foto SIR/Marco Calvarese

“Il Consiglio d’Europa è la prima delle istituzioni europee nate dopo la seconda guerra mondiale con l’idea di favorire una unione più stretta tra i Paesi dell’Europa”. La Santa Sede dal 1970 ne fa parte con il suo Osservatore permanente. L’incarico è affidato dal 2014 a mons. Paolo Rudelli (qui sotto ritratto nella sua sede di Strasburgo – foto SIR/Marco Calvarese), appena nominato arcivescovo e nunzio apostolico. Nella sua attuale sede di Strasburgo, spiega al Sir il significato di questa presenza: l’obiettivo è “sostenere il processo di integrazione soprattutto per quanto riguarda i valori fondanti” che settant’anni fa, quando il Consiglio è nato, guardavano prioritariamente alla cultura e all’educazione.

Una parola importante. “Negli anni successivi il Consiglio si è più concentrato sulla tutela dei diritti umani e della democrazia e delle istituzioni democratiche in Europa” riferisce mons. Rudelli. “Anche lì la Santa Sede ha una parola importante da dire e che viene dalla visione cristiana dell’uomo, dal valore fondante della dignità della persona umana così come i Papi hanno declinato e concretizzato nell’insegnamento sociale della Chiesa, fino a Papa Francesco”, che ha visitato il Consiglio d’Europa nel 2014, “portando questo messaggio di apertura e di ritorno alle origini, al valore di ciò che tiene insieme la cultura e la civiltà dei popoli europei”. Ed era proprio questo l’auspicio di Papa Francesco, che lo stesso 26 novembre 2014 aveva scritto di suo pugno un piccolo biglietto che ora è appeso in uno dei corridoi del solenne edificio dove ha sede il Consiglio: “Di cuore auguro al Consiglio d’Europa di rispondere con creatività alla sua vocazione di unità per costruire una civiltà dell’incontro”.

I tre pilastri. Nato il 5 maggio del 1949 con la firma del Trattato di Londra da parte di 10 Paesi (Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia e Regno Unito), il Consiglio in questi 70 anni di vita ha allargato i suoi confini fino a comprendere gli attuali 47 membri (più 6 Paesi osservatori tra cui la Santa Sede, appunto). Attorno a tre pilastri – diritti umani, democrazia e stato di diritto – la sua struttura e il suo spettro di attività si sono notevolmente arricchiti.

Ambiti di lavoro. Nell’elenco degli ambiti di lavoro del Consiglio c’è il rafforzamento dei diritti umani, la lotta contro ogni forma di discriminazione e il razzismo, la tutela della libertà d’espressione, l’uguaglianza di genere, la protezione dei diritti dei bambini, la difesa della diversità culturale, l’educazione ai diritti umani e alla democrazia. Tante le battaglie vinte su questi fronti.

La più emblematica: l’abolizione della pena di morte.

È dal 1997 che non ci sono esecuzioni capitali nei 47 Stati membri (la Bielorussia è l’unico Paese europeo dove la si applica ancora e anche per questo motivo non è membro del Consiglio). Tutte le “battaglie” avvengono attraverso la redazione e l’adozione di Convenzioni, che i Paesi membri sono chiamati a ratificare e la cui applicazione è poi monitorata dagli organismi competenti.

Le istituzioni. Il motore di questa complessa macchina è il Comitato dei ministri, organo decisionale composto dai ministri degli affari esteri degli Stati membri che lo presiedono a turno. Ora è il momento della Francia. Il Consiglio ha un segretario generale che ha la responsabilità della gestione strategica dell’organizzazione. In carica dal 2009 c’è il norvegese Thorbjørn Jagland, ma a ottobre il testimone passerà a Marija Pejčinović Burić, attuale ministro degli affari esteri ed europei per la Croazia. Vice segretario generale è l’italiana Gabriella Battaini-Dragoni. A scegliere le persone per questi incarichi, per il ruolo di commissario per i diritti umani e i giudici della Corte internazionale dei diritti umani, è l’Assemblea parlamentare, composta da 324 membri nominati e facenti parte dei parlamenti degli Stati membri. Altro organismo chiave è proprio la Corte, organo giudiziario permanente che garantisce ad ogni cittadino europeo i diritti sanciti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il commissario per i diritti umani invece lavora in maniera indipendente per attirare l’attenzione sulle questioni relative alle violazioni dei diritti umani.

Identità continentale. Attualmente il Consiglio sta portando avanti una riflessione per ridefinire le proprie strutture e attività, per restare aderente ai propri principi in un contesto geopolitico mutato e per alleggerire meccanismi di funzionamento che nel tempo sono diventati troppo complessi, lenti e costosi. Le sfide di oggi, nelle parole dell’Osservatore mons. Rudelli, “sono da una parte il divario che ancora esiste tra i Paesi dell’est Europa e dell’ovest”, nel tentativo di trovare “la maniera di respirare con i due polmoni, come diceva Giovanni Paolo II”, per arrivare a “un’Europa che sia veramente integrante di tutte le componenti dell’identità europea”.

La voce della Chiesa. Altra grande sfida, sempre secondo Rudelli, “è il tema dei diritti umani e della dignità umana in un contesto che vede una sorta di parcellizzazione delle antropologie, cioè delle visioni dell’uomo, e l’emergere di nuove divisioni, per cui è più difficile oggi rispetto a 50 anni fa trovare un consenso sulle visioni fondanti della dignità umana”. “Siamo convinti che il contributo della dottrina sociale della Chiesa e del magistero del Papa possa essere d’aiuto anche in una società pluralista come è quella di oggi”, aggiunge mons. Rudelli, a cui, in questi anni è spettato il compito di esprimere “la voce della Chiesa in tutta la sua integralità e in particolare la visione cristiana della dignità della persona umana, così come deriva dal Vangelo e che è parte dell’identità della cultura e della civiltà europea così come noi la conosciamo”.